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Nemmeno Renzi chiude gli Opg

Il capo del Pd e del governo rinvia di almeno un anno la chiusura dei manicomi criminali e prolunga la sofferenza di mille persone.

di Marina Zenobio

opg

E’ passata un po’ alla chetichella la firma del decreto legge 52/2014 che rinvia, per la terza volta, la chiusura dei sei OPG (Ospedali Psichiatri Giudiziari) presenti in Italia dove sono rinchiusi, in condizioni disumane, circa mille persone. Dovevano chiudere il primo aprile, ora se ne riparlerà tra un anno, un altro anno di profonda sofferenza per gli e le internate. La decisione è stata presa a fine marzo dal Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Matteo Renzi e dei ministri Lorenzin (Salute) e Orlando (Giustizia), giustificando la proroga come conseguenza “della complessità della procedura per la realizzazione delle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza”. Alle Regioni era stato dato il carico di costruire le REMS (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza sanitarie) in alternativa agli Opg ma neanche una di queste strutture ha visto la luce.

«Non poteva andare altrimenti – ha commentato a proposito della proroga il professor Giuseppe Dell’Acqua, erede di Franco Basaglia, già direttore del dipartimento di salute mentale di Trieste – perché nei due anni che hanno preceduto quest’ultima proroga le Regioni hanno solo accumulato ritardi e, comunque, è sbagliata all’origine l’idea di costruire queste nuove strutture (le Rems appunto) in sostituzione degli Opg. Strutture troppo costose e che risulteranno poco efficaci». Se ci affideremo solo a questa soluzione, secondo Dell’Acqua, ci vorranno anni prima di vederne una in funzione, i costi sarebbero troppo elevati per le casse regionali sempre più vuote e gli Opg rimarrebbero pieni.

L’alternativa a Opg e Rems? «Rafforzare i dipartimenti di salute mentale e lavorare di concerto per limitare gli invii negli Opg oggi e nelle Rems domani, tenendo conto delle sentenze della Corte costituzionale e delle necessità delle singole persone. Perché oggi è possibile prendersi cura di un malato anche fuori dal carcere». Dall’Acqua non ha usato mezzi termini nel dire che gli ospedali psichiatri giudiziari sono peggio delle carceri: «Basaglia diceva che che chi commette un reato ed è matto non può andare in carcere semplicemente perché non capirebbe il senso della pena. Invece facciamo peggio, lo mandiamo in un luogo dove potrà capire ancora meno, dove finirà per sfuggirli lo stesso senso della sua vita, perché negli Opg non c’è alcun spazio per il diritto». Se in carcere puoi chiedere di parlare con l’avvocato, nell’ospedale psichiatrico giudiziario no, non ti ascoltano, esiste solo la presunta pericolosità rappresentata dagli internati e la disumanità di chi dovrebbe averne cura. Gli Opg italiani si trovano, nell’ordine, a Castiglione delle Stiviere (Mantova), Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino (Firenze), Napoli, Aversa (Caserta) e a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina).

Troppo in fretta è stato rimosso lo shock provocato da quanto documentato nel 2011 dalla Commissione Marino sulle terrificanti condizioni di vita dei detenuti negli Opg (il 20 marzo 2011 Riccardo Iacona in Presa Diretta dedicò al caso una trasmissione). Da allora nulla è cambiato e nulla può cambiare, secondo Dall’Acqua, perché gli Opg non possono migliorare, possono essere più puliti, senza latrine sporche e letti arrugginiti, ma restano comunque dei luoghi insensati. Nel visitarli non è solo lo sporco o lo squallore a stringerti il cuore, è l’insensatezza e la consapevolezza che chi è rinchiuso lì dentro non sa neanche perché, non ricorda quando è entrato, non sa quando uscirà e, quando uscirà, perché.

C’è poi un’altra battaglia da portare avanti che è quella culturale: matti e criminali quindi pericolosissimi reietti da nascondere, rinchiudere piuttosto che curare. Gli Opg producono in tutte le società stigma e pregiudizi di cui è difficile liberarsi. Eppure, racconta Dall’Acqua riferendosi ad uno studio americano che ha analizzato 35 mila persone con disturbi psichici responsabili di aver commesso un reato, si è notato che se debitamente seguiti e curati la reiterazione del reato è scarsa o, comunque, determinata da fattori socio-ambientali, come la perdita della casa o del lavoro, e non in prima istanza da determinanti mentali.

In un comunicato della rete StopOPG, impegnata anche in un confronto con le istituzioni al fine di modificare le leggi e superare definitivamente gli OPG, si legge che i finanziamenti destinati alla chiusura degli Opg devono essere utilizzati subito per potenziare i servizi di salute mentale sui territori. Ciò vale non solo per gli internati ma per tutti i cittadini, per rendere a pieno titolo efficace la Legge 180. Da ultimo deve essere fissato un termine alla misura di sicurezza, per porre fine ai tanti “ergastoli bianchi”. «Sappiamo – scrive la rete StopOpg – che per abolire l’ Ospedale Psichiatrico Giudiziario e fermare nuovi internamenti bisogna cambiare il codice Rocco (la normativa sugli Opg risale infatti al 1930), quindi a maggior ragione è importante che intanto il decreto (in fase di conversione e modifiche) riporti l’attuale processo di superamento degli Opg “nella carreggiata” della Legge 180, che chiudendo i manicomi ha tracciato la strada per restituire diritti e cittadinanza».

1 COMMENTO

  1. egregio presidente spero prenda in considerazione il problema opg,e che una volta per tutte si trovi una soluzione per queste persone . vada a visitare un opg e si matta nei panni di chi ha un figlio un parenteeccc

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