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Il documento segreto che accusa Grillo

Ecco l’autocritica grillina che accusa i vertici del M5S di aver sbagliato comunicazione. Popoff ha scovato il documento che ha fatto arrabbiare Grillo e Casaleggio.

Pubblichiamo integralmente – refusi compresi – una copia del documento segreto che ha fatto infuriare l’ex comico e il guru del Movimento 5 Stelle. Si tratta di un’analisi del voto delle europee, nella quale i parlamentari grillini fanno autocritica, ripensando anche un diverso uso dei soldi non spesi. Il testo è uno studio sulla comunicazione politica.

Il documento segreto che accusa Grillo

Analisi del voto

1.Intro
Il MoVimento non è crollato, ma Renzi ha stra-vinto, con percentuali senza precedenti nella storia della Repubblica se di escludono i risultato elettorale della Dc del dopoguerra, ai tempi della legge truffa. A comporre questo risultato concorrono fattori esogeni ed endogeni. Per comodità di esposizione partiamo dai primi.

2. Fuori
MERCARTI FINANZIARI
Una spia sempre importante da tenere sott’occhio sono i mercati finanziari. Con la preannunciata avanzata del MoVimento 5 Stelle nei sondaggi, è scattata la fuga dai mercati e l’innalzamento dello spread. Oggi, i ben informati, parlano di speculazione. Banchieri e finanzieri, si dice, avessero in mano sondaggi ben più accurati e hanno agito speculando sui mercati. Non a caso, dopo il voto, i mercati hanno rimbalzato e lo spread è calato.

CANCELLERIE EUROPEE
Altri ben informati parlano del “terrore” dell’entrata dei cinque stelle nelle istituzioni europee. La pressione sarebbe stata esercitata dai leader europei nei confronti di Renzi.

COMUNICAZIONE
L’elemento che più salta agli occhi è la voluta polarizzazione emotiva dell’elettorato. Non “speranza vs paura” come spiegato da Renzi ma, in realtà, “serenità vs ansia”. I risultati in altri paesi europei (esclusa la Germania) ci dicono che è stato premiato il “nuovo”. In Italia il concetto di “nuovo” ha preso due diramazioni:

1) Nuovo-rassicurante

2) Nuovo-non rassicurante

1) Gli italiani in questa fase difficile hanno dimostrato di aver bisogno di affidarsi a un uomo forte (fattore che ciclicamente torna nella storia, da Mussolini a Berlusconi) e hanno bisogno di serenità. Renzi ha saputo trasmettere serenità costruttiva, mentre noi abbiamo trasmesso energia sì, ma ansiosa e fatta percepire dai media e dagli altri competitor come distruttiva. Renzi è stato capace di lasciare il segno con un messaggio di novità, grazie al suo linguaggio e ai suoi toni.
Renzi (volutamente) è apparso diverso dal suo stesso partito, un partito che non trascina, che non ha mai toccato le emozioni del Paese. E Renzi lo sapeva pure. Noi abbiamo cercato di sovrapporre l’immagine del premier a quella del suo partito (il messaggio del “burocrate”), lui ha sempre giocato a disallinearsi, a discostarsi dal suo partito.
Ciò ha permesso a Renzi di non subire le dirette conseguenze degli scandali giudiziari (vd Expo), la gente ha pensato: “Ok, il Pd fa schifo, ma Renzi è un’altra cosa e sta cambiando pure il suo partito”. Anche la scelta dei frontmen (meglio women) da dare in pasto alle tv e da mettere a capo della campagna elettorale è andata in questo stesso senso. Le cinque donne capolista sono state tutte elette e con moltissime preferenze. In particolare Bonafé, Moretti e Picienro sono state mandate ovunque con un copione semplice, lineare ed efficace con un aspetto fresco e giovane. Hanno venduto qualcosa di (apparentemente) concreto, parlando sempre al presente (“Faccio”, “Approvo”, etc).

2) Il punto sarà analizzato nel capitolo “Dentro”.

SONDAGGI DOPATI, CHIAMATA ALLE ARMI E MANOVRA A TENAGLIA
A lungo ha serpeggiato il sospetto che certi sondaggi (l’ultimo a nostra conoscenza risalente a giovedì 22 maggio ci dava testa a testa al 29 per cento) siano stati fatti girare ad arte. Il timore di un imposizione del 5 stelle avrebbe spinto anche gli elettori più pigri e recalcitranti a presentarsi al seggio per frenare l’avanzata. E in parte è vero.
I sondaggi non sono, però, dopati, semplicemente la metodologia utilizzata per la loro stesura non tiene conto di chi, infine, va a votare. I campioni presi in considerazione sono rappresentativi dell’universo di riferimento (popolazione italiana attiva), ma se la fascia giovane domenica è andata a mare è venuta meno la fetta più influente dell’elettorato a cinque stelle.
L’effetto della “chiamata alle armi” però c’è stato. pur di frenare l’avanzata a cinque stelle, gli apparati dei partiti hanno fatto ricorso a tutte le vecchie metodologie di raccolta del consenso. Chiamate telefoniche, porta a porta, organizzazione di gruppi che portassero gli anziani a votare. La vecchia macchina del consenso. Il risultato si è avuto. Ma non è tutto, c’è stato qualcos’altro che ha, infine, portato al risultato delle urne. I partiti hanno effettuato una sorta di manovra a tenaglia. Renzi da una parte, ma soprattutto, Berlusconi dall’altra.
Il leader di Fi, infatti, a più di dieci giorni dal voto non ha più chiesto di votare Forza Italia, ma di votare contro il M5S. A B. non mancano certo tecniche della comunicazione e per questo, da mattina a sera, in tutti gli spazi mediatici possibili ha affondato la sua campagna anti-Grillo: “Grillo l’assassino, Grillo il pericoloso sovversivo, 5 Stelle comunisti e/o fascisti”. E’ successo non solo grazie all’informazione di base (quotidiani, telegiornali, talk politici), ma soprattutto per mezzo della tv del dolore con i contenitori del pomeriggio e quelli della mattina dove non c’è la politica ma passano dei messaggi incredibilmente penetranti.

In conclusione si può sintetizzare che il voto del 25 maggio non è stato tanto pro-Renzi o pro-Pd, nonostante le percentuali bulgare, quanto contro il MoVimento 5 Stelle e lo spettro della “paura” rappresentata da Renzi. La chiamata alle armi contro la forza del male (riproduzione del modello anti berlusconiano) è riuscita tanto è vero che a “sinistra”, invece di esultare per un risultato mai ottenuto, hanno invece tirato un sospiro di sollievo (la Repubblica è salva) o inveito contro il grillino sconfitto.

3. Dentro
“E’ come se, a un certo punto, ci avessero mollato”. È questa la riflessione che più passa fra i parlamentari. E se ne è cominciata ad avere la percezione a circa due settimane dal voto. Non è peregrino notare come sia coinciso con il tour di Beppe nelle piazze che, all’inizio è stato percepito positivamente dai parlamentari ma che, a un certo punto, secondo le stesse valutazioni dei parlamentari ha finito per danneggiare e nuocere.

NON SIAMO DA GOVERNO
Ciò che i parlamentari hanno percepito è stato l’atteggiamento di sfiducia nei loro confronti. Seppur elogiati per il loro impegno, i parlamentari del M5S non sono ancora percepito come affidabili. Si ritengono poco concreti (la battaglia sul 138 l’hanno capita ben poche persone). Mancano di umiltà e a volte sono percepiti come saccenti.

L’EFFETTO PERVERSO DEL #VINCIAMONOI
Paradossale è poi stata la scelta del #vinciamonoi. Ci si è creduto così tanto da aver spinto gli altri partiti a crederci e quindi a reagire con la chiamata alle armi. Generalmente le elezioni europee non hanno avuto un’importanza primaria. Sostenendo che si trattasse di un voto politico, sono stati tutti spinti a dare il massimo.

Inoltre, una vittoria percepita come sicura potrebbe aver demotivato qualcuno dei nostri che non è andato a votare: “A che serve fare 200km di treno per andare alle urne? Tanto vinciamonoi…”, potrebbero aver pensato, ad esempio, molti giovani fuori sede.

PREFERENZE E CANDIDATI
Altri elementi critici riguardano il non-lavoro sulle preferenze. I candidati di altri partiti hanno agito coi metodi della vecchia politica raccogliendo consensi personali anche col porta a porta. I nostri candidati erano sconosciuti e non averli esposti mediaticamente ha fatto sì di creare un’onta di incertezza (quando non di sospetto) su di loro.

4. Possibili soluzioni
USCIRE FUORI
Nel senso più ampio del concetto. Organizzare stati generali tematici, entrare nelle università, nei luoghi di lavoro e lasciar perdere le agorà. Andare a presentare denunce e proposte direttamente ai destinatari. Aprirsi, prendersi le piazze mediatiche degli altri.

RAFFORZARE PARADIGMA DENUNCIA-PROPOSTA
Per far percepire l’affidabilità e il costruttivismo del gruppo, non si possono fare solo denunce senza essere affiancate da proposte e soluzioni. Se non si ha una soluzione a un problema non lo si può denunciare.

CREARE UN PROGETTO
Dovrebbero essere assunti concetti primari per il Paese (lavoro, politica energetica,…) e sviluppati in gruppi di lavoro inter-commissioni. Applicando una metodologia di lavoro, avvalendosi di esperti, alla fine del percorse di giunge a una soluzione per il problema scelto.

INVESTIRE SUL LAVORO PARLAMENTARE
Bisogna rafforzare quantitativamente e qualitativamente l’attività legislativa. Assumere consulenti preparati, i migliori esperti, rafforzare il reparto. Lo stesso vale per la comunicazione. Il gruppo parlamentare alla Camera non ha speso circa 1 milione e 700 mila euro del budget destinato per il primo anno. Sarebbe il caso di impegnarlo proficuamente.

ASSEMBLEE TEMATICHE IN STREAMING
I parlamentari devono tornare a confrontarsi sui temi pratici e concreti. E farlo in streaming, in modo da interessare quelle fette di popolazione destinatarie del lavoro Parlamentare o dell’attività di Governo.

DEFINIRE MEGLIO IL TARGET DA PUNTARE
Se si decide di voler raggiungere il 51 per cento allora bisogna adeguare il messaggio. Se si decide di puntare ad alcune fasce di popolazione, bisogna far ricorso a strumenti appropriati (tv in prima istanza) e declinare il messaggio.

SELEZIONARE INPUT
Abbiamo spesso dato un numero eccessivo di input, soffrendo la mancanza di coordinamento fra i vari “produttori di notizie” ovvero la comunicazione della Camera, la comunicazione del Senato, il blog di Beppe Grillo. Paghiamo il fatto che troppo spesso i compartimenti restano isolati l’uno dall’altro. Al netto dei temi di stretta attualità abbiamo messo troppa carne al fuoco tutta insieme. Poteva essere utile mettere in calendario la potenza da fuoco tema su tema, unendo le forze.

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