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Uva, parla il teste chiave: «Sentivo Pino urlare, avevo paura»

Al processo di Varese per l’omicidio di Giuseppe Uva parla Alberto Biggioggero. Sei poliziotti e due carabinieri sul banco degli imputati. Digos identifica attivisti Acad

di Checchino Antonini

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“AGGIORNAMENTI PROCESSO UVA”, recita la pagina fb di Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa: “un’altra udienza è terminata, Alberto Biggioggero ha risposto per diverse ore alle domande del Pm e degli avvocati: non è stato facile calcolando che sono passati 6 anni e mezzo da quella notte. Durante l’udienza uno degli imputati in particolare rideva in continuazione, sono state scene disgustose. Come se non bastasse quando siamo usciti dal tribunale solerti funzionari della digos ci hanno identificato, ma ci siamo abituati”.

Alberto Biggioggero è l’amico di Giuseppe Uva, fermato con lui la notte in cui avvenne, secondo l’accusa, la sfilza di abusi, violenze e reati che avrebbero determinato la morte di Giuseppe Uva. Sei poliziotti e due carabinieri sul banco degli imputati per omicidio preterintenzionale e altri reati.

Nel processo in corso dopo sei anni di battaglie contro un pm che si ostinava a seguire una pista di malasanità contro le evidenze, sempre secondo l’accusa, della “malapolizia”, è toccato a lui, ieri, rievocare i fatti e, finalmente, iniziare a testimoniare come ha chiesto pubblicamente da anni.

E’ stata un’udienza drammatica, specialmente per Lucia, la sorella di Giuseppe, e per lo stesso Bigggioggero. Annota ancora il diario di Acad: “Dopo l’esame del Pm il testimone Biggiogero ha accusato uno stato febbrile e ha richiesto un’aspirina. La corte ha sospeso l’udienza e ha deciso di chiamare la guardia medica per valutare se Alberto sia in grado di continuare o meno l’udienza. Dopo la visita effettuata dalla Dottoressa Quagliarella (che ha ritenuto idonee le condizioni di salute di Alberto Biggiogero) riprende l’udienza con le domande al teste da parte degli avvocati di parte civile”.

E, poco prima, si segnalava che era stata “accolta la richiesta degli avvocati di parte civile di acquisire tutti gli atti rigurado le deposizioni precedenti di Biggiogero in maniera tale da essere il più trasparenti possibili e dimostrare l’attendibilitá del teste”.

«Ho sentito Giuseppe Uva urlare in caserma e ho chiamato il 118, avevo paura» – ha raccontato in aula Biggiogero a proposito di quella notte trascorsa nella caserma dei carabinieri. Biggiogero la notte del 14 giugno 2008 venne fermato dai carabinieri mentre insieme all’amico Giuseppe Uva spostava alcune transenne per chiudere una strada. Entrambi erano alticci (cosa per la quale non è previsto l’arresto) e furono portati in caserma. Nel corso della notte l’uomo, dopo aver sentito delle urla provenire dalla stanza dove si trovava Uva, chiamò il 118 dicendo: «Stanno massacrando un ragazzo». Un racconto che il testimone oggi ha confermato in aula, rispondendo per oltre sei ore alle domande del procuratore di Varese Daniela Borgonovo, che rappresenta la pubblica accusa, e dei legali delle parti civili, i familiari di Uva. «Quando ci hanno fermati un carabiniere ha detto a Giuseppe: ‘Uva proprio te cercavamo, questa te la facciamo pagarè», ha riferito Biggiogero. «Poi ci hanno portati in caserma a Varese – ha proseguito – e ci hanno messo in due stanze separate». Secondo i familiari, Giuseppe Uva avrebbe subito violenze da parte di carabinieri e poliziotti, che invece hanno sempre affermato di aver agito correttamente. L’audizione di Biggiogero, ascoltato solo alcuni anni dopo, al termine delle indagini (e trattato piuttosto bruscamente dal pm Abate, poi rimosso), proseguirà nella prossima udienza, il 12 dicembre.

 

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