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Arnaldo, l’uomo della Diaz che ha vinto la tortura

E’ un Davide proletario contro il Golia bipartizan del G8. Arnaldo Cestaro, violentato alla Diaz che non ha mollato mai. E ora Strasburgo ha riconosciuto, grazie a lui, che a Genova fu tortura

da Treviso, Enrico Baldin

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Arnaldo Cestaro a Roma, il 12 aprile scorso, durante una manifestazioe contro il piano casa di Renzi e Lupi. Accanto a lui, Nicoletta Dosio, No Tav della Val Susa

Tortura alla Diaz. Cestaro ce l’ha fatta. Mica vero che Davide ha sconfitto Golia solo nella Bibbia. Anche nel vicentino – pur senza l’epicità della battaglia riportata nel racconto biblico – si è consumata la vittoria di Davide contro Golia. Anzi, più che di vittoria trattasi di una rivincita. In questo caso Davide non è un giudeo ma un umile pensionato, mentre al posto di Golia vi è lo Stato italiano. Il campo di battaglia invece è quello legale. La sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha sancito una svolta storica, attesa da oltre 13 anni. «Tortura» è la parola impressa a chiare lettere dalla sentenza che ha giudicato quanto avvenne a Genova il 21 luglio 2001 durante la notte della scuola “Armando Diaz”. In quella notte vi fu una delle più ingloriose pagine della Repubblica italiana, una “macelleria messicana” come la definì il vicequestore Fournier in un interrogatorio.

Ad esser presente Arnaldo Cestaro, all’epoca dei fatti 62enne, giunto in Liguria coi circoli di Rifondazione del vicentino. Aveva partecipato alla manifestazione del sabato, ma decise di ritornare con calma il giorno successivo. Decise di dormire in stazione ma consigliato da una signora si recò alla scuola Diaz: fu il giorno che gli cambiò la vita. «Sentii un trambusto, pensavo fossero i black block, perciò gli andai incontro per scacciarli» ricorda a Popoff il signor Arnaldo che oggi ha raccontato quella storia tante volte, come tante volte l’ha raccontata in tutti questi anni. Cestaro essendosi sistemato vicino al portone d’ingresso fu tra i primi a venire letteralmente riempito di botte: gambe, braccia, capo e torace, e il dolore delle ferite che si riverbera ancora oggi non solo nella mente ma anche nel fisico. E si ritrova – assieme agli altri novantadue sistemati alla Diaz – arrestato con una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale e una per associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e saccheggio. Entrambe sono state archiviate, ma chi conosce Cestaro sbalordì di fronte a simili accuse comminate ad un uomo tanto mite e pacifico.

Eppure quella notte drammatica fu tra quelle che gli fecero trovare una forza enorme dentro di sé. Seguito dal comitato “Verità e giustizia per Genova”, Cestaro non si ferma di fronte a nulla: adisce le vie legali, si reca alle sentenze e tiene i contatti coi giornalisti accomunati dallo stesso dramma, Lorenzo Guadagnucci e Mark Covell, quest’ultimo ridotto in coma per 14 ore con un pneumotorace. Fino al suo ricorso presentato alla Corte di Strasburgo e seguito dal legale Niccolò Paoletti. Cestaro in questi anni si è recato a Genova a quasi tutti gli anniversari, si è messo a disposizione per testimonianze ed ha partecipato ai dibattimenti processuali. Memorabile quella volta che ad un processo, si avvicinò al capo dell’anticrimine Francesco Gratteri (poi condannato in via definitiva a quattro anni) dicendogli «Dottor Gratteri, la volevo ringraziare» e agitandogli in faccia le lastre delle fratture aggiunse «devo ringraziarla per queste». E’pure stato interpretato da Renato Scarpa nel film Diaz – non pulite questo sangue in cui si riconosce: «Mi ha interpretato bene, solo che io le botte le ho prese sul serio».

Il “Davide” della nostra storia che ha sfidato “i filistei” è un 75enne che vive con la pensione di 500euro al mese e che viene da una famiglia di umili origini: nato nel 1939 è uno degli otto figli di due genitori semplici che gli trasmisero i valori di libertà e giustizia. Un “proletario” si sarebbe detto in altri tempi. Per tutta la vita ha lavorato come raccoglitore di rottami di ferro vecchio col suo furgoncino con cui girava mezza provincia. «Quello stesso furgoncino che ha sempre messo a disposizione per la festa del partito» ci dice un suo compagno di Rifondazione, partito a cui tutt’oggi è iscritto, e che contribuì a sostenere le sue spese legali. La vita di Cestaro è un mix tra il duro lavoro e l’impegno politico cui non si è mai sottratto, in particolare in organizzazioni della sinistra extraparlamentare. La sua casa si trova in centro al piccolo paese di Agugliaro. Non solo oggi per accogliere i giornalisti, ma tutto l’anno, reca in bella mostra all’esterno della sua abitazione molte immagini evocative della sua passione: la bandiera della pace, quella del partito, manifesti e striscioni contro la Valdastico sud, un manifesto contro il Dal Molin.

Cestaro è uno di quelli che non molla, un partigiano dei nostri tempi. Da queste parti è molto conosciuto come un militante instancabile e sempre presente col suo fazzolettone rosso legato al collo ad ogni manifestazione che si tiene nelle sue zone. L’ultima recentemente quando a Vicenza, con il fratello e la sorella, fu tra quelli che marciò contro il progetto di TAV che unisce Verona a Padova passando per il capoluogo berico. In queste zone il suo partito è molto impegnato nelle battaglie contro il consumo del territorio. Proprio nel suo paese di poco più di 1300 anime, passerà l’autostrada “Valdastico sud” su cui sta indagando la magistratura per lo sversamento di rifiuti tossici sotto il manto stradale. «Soldi dei vicentini buttati al vento e per pagare i corrotti» commenta Cestaro che a discapito della sua bassa scolarizzazione, si mostra molto preparato su tutte le vicende che lo coinvolgono come attivista e come residente della bassa vicentina. Cestaro snocciola dati e cifre sulla Valdastico sud, approfittando di questa giornata di improvvisa notorietà per dar voce alle sue battaglie di ogni giorno. Da appassionato quale è.

E da appassionato girava il paese e suonava ai campanelli delle case dei contadini per convincerli a non concedere i terreni per costruire il pezzo di autostrada. Ad Agugliaro lo conoscono tutti, un po’per quella casa “militante” in centro al paese, un po’ perché lui è uno che si ferma a parlare con chiunque senza sottrarsi al confronto.

Accoglie quanto accaduto con modestia, senza esaltazioni personali: «Sarò soddisfatto solo quando applicheranno la sentenza», sostiene serio in volto. «In questo Paese hanno sospeso la democrazia, hanno cancellato la Costituzione, hanno fatto prevalere la violenza sul diritto di manifestare». Parla con la forza di chi lotta il signor Arnaldo «Sbattono in galera ragazzi per la marijuana ma han lasciato libere persone che hanno commesso gravi violenze contro persone inermi». Come un ritornello ripete alle decine di giornalisti che son venuti a fargli visita da stamattina che questa non è una vittoria, ma solo un piccolo passo: «Bisogna lottare per la democrazia e per la giustizia in Italia». E sentendo la passione che gonfia le sue parole non è difficile capire che lui non sarà certo tra quelli che si tireranno indietro.

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