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Elezioni Roma, sulla Tiburtina la sinistra è sociale

Civici, di sinistra e senza Fassina, nel IV municipio. Parla la candidata presidente: «Tutto nasce dall’esigenza di mettere a profitto le molteplici esperienze fatte in contrapposizione all’offerta politica esistente»

di Checchino Antonini

Spiega un flyer: «La nostra lista nasce dall’esigenza di mettere a profitto le molteplici esperienze fatte nel corso degli ultimi anni in contrapposizione all’offerta politica esistente. Chi ha governato ha deluso le aspettative di tanti cittadini del nostro territorio che da sempre vivono in condizioni di povertà sociale e culturale, ora aggravate dalla crisi economica». Firmato: Sinistra sociale della Tiburtina, senza alcun riferimento a partiti o liste di candidati sindaci in particolare a quella di Fassina. Ma allora era possibile costruire un percorso dal basso!

Provo a capirne di più con Sara Padroni, la candidata presidente, che mi incontra nel cuore del quartiere di Pietralata dove una volta c’erano la Casa del Popolo e la sezione del Pci in cui era iscritto anche Pietro Ingrao. La squadra di calcio si chiamava Alba Rossa e lo stadio era intitolato al 25 aprile. La borgata era di quelle sorte nell’agro romano per contenere pezzi di quel proletariato deportato dal centro storico dopo gli sventramenti degli anni 20 e 30 del noto “urbanista” Mussolini. E’ la location del film l’Onorevole Angelina con Anna Magani, di Ragazzi di vita, di memorie pasoliniane che spaziano dal Lanificio Luciani, gentrificato da tempo, e il quartiere di Ponte Mammolo, all’ombra – ormai – di un mostro di cemento e dolore come il carcere di Rebibbia.

Sara ha solo 29 anni, non ricorda nulla di tutto ciò ma lo ha imparato dalle sue compagne e dai suoi compagni di strada. Per capire la particolarità di questa storia si cominci a prendere un appunto: incontro Sara dentro un circolo Arci che ospita anche una sezione di Sel che ha sede a soli ottanta metri da un’altra sezione di Sel. Strano e rivelatore delle contraddizioni dell’intrapresa politica nata dallo sgretolamento del Prc in nome della disponibilità a governare col Pd, spesso senza se e senza ma. Come a Roma, appunto. Come, da sempre, in questo municipio balzato alle cronache nazionali lo scorso anno con le terribili immagini delle ruspe che spianavano la baraccopoli poverissima di transitanti. Per l’uscente presidente Sciascia, del Pd, fu una sorta di trofeo da esibire a chi pretende i trasformare la povetà in una questione di ordine pubblico. Nessuno ha ancora rimosso le macerie.

La Tiburtina corre verso est, fiancheggiando il fiume Aniene, e attraversa il quarto municipio di Roma: 180mila abitanti, dalla Stazione Tiburtina fino a quello che resta delle fabbriche della Tiburtina Valley. Una città nella metropoli che, se fosse un comune a sé stante, sarebbe nella top 20 delle più popolose, come Modena, ad esempio, più di Cagliari o Perugia. Non manca niente per chi voglia costruire conflitto sociale e nuova cittadinanza: il degrado degli insediamenti storici e la speculazione dei piani di zona, parchi naturali (spesso solo sulla carta) e bretelle autostradali, strade piene di buche, una metropolitana incompiuta, autobus fantasma, l’incubo dello Sdo, case occupate da nativi e migranti, alta velocità, ruderi romani, orti urbani, tenute agricole e treni per pendolari, fabbriche abbandonate e il nuovo Tecnopolo, caserme in via di dismissione e baracche di profughi poverissimi, centri commerciali e coworking mutualistici.

Sara non è mai stata iscritta ad alcun partito fino a pochi mesi fa ma già a scuola, all’istituto agrario, era attiva nel collettivo, in controtendenza rispetto ai suoi coetanei di periferia. Qualche mese, in autunno, fa ha scoperto un tessuto sociale diverso, «molto variegato ma decisamente antifascista» dopo l’irruzione sulla scena locale di CasaPound contro l’arrivo di pochi profughi, una cinquantina, in uno stabile di via del Frantoio. I fascisti del III millennio erano in prima fila con le sparute e sedicenti mamme di Tiburtino III a insultare i ragazzi spaventatissimi che dovevano alloggiare nella palazzina sequestrata a una delle coop di Mafia Capitale. Sara si avvicina al circolo di zona di Rifondazione, le sarebbe piaciuto che fosse aperto costantemente per funzionare da punto d’incontro. E’ nell’autunno scorso, mentre andava in scena la pantomima delle dimissioni di Marino, che Sara conosce lo sportello popolare sulla casa «che cerca di contrastare gli effetti di un decreto votato l’8 agosto dalla Giunta Zingaretti-Smeriglio sulla svendita del patrimonio immobiliare pubblico e che mette a rischio sfratto per morosità centinaia di famiglie in quartieri, già martoriati dalla crisi, che potrebbero cambiare faccia in poco tempo con l’espulsione dei più poveri proprio come avvenne negli anni 20 e 30 al centro di Roma». Perito agroambientale, pochi esami dalla laurea in Scienze forestali, Sara, mamma di un bimbo, entra in contatto con l’esperienza delle lotte per la Tenuta della Cervelletta, un casale storico con torre medievale dell’agro, da preservare rispetto all’avanzata della cementificazione. «La giunta del Pd ha sfrattato i comitati storici con l’assegnazione diretta della torre a un’associazione nata dal nulla che, di fatto, è un ristorante pizzeria. Chi lo gestisce ha smantellato i soffitti ottocenteschi e ha modificato la struttura con lavori abusivi, non sappiamo che fine abbiano fatto i libri della biblioteca popolare. Alla fine il Pd ha dovuto votare contro sé stesso revocando l’assegnazione ma il bene non è ancora fruibile», dice sara che lavora, assieme ad altri, su progetti di recupero degli spazi verdi spesso abbandonati a sè stessi dall’Ater, scontrandosi a volte con l’ostilità di chi pensava fossero dei prolungamenti per il propro cortile di casa. «Sono superfici pubbliche – racconta – non possono avere padroni».

Intanto anche nel quarto municipio inizia la discussione sulla candidatura di Fassina ma Sara e gli altri non si appassionano alle estenuanti trattative con Sel che vorrebbe prendersi tutto, o quasi. «E poi c’era una contraddizione insanabile con chi governa e sforna decreti e delibere come quelli che stanno mettendo a rischio le esperienze di autogestione e gli abitanti delle case popolari», insiste Sara. Una contraddizione molto sentita anche dentro Sel, spaccata in due anche qui. Così, l’ennesima forzatura da parte di Smeriglio per avere quasi tutte le candidature alla presidenza dei municipi, spacca definitivamente quel partito e contribuisce a legare le soggettività locali deluse da quel percorso e decise su una contrapposizione frontale al Pd «che qui ha bloccato i finanziamenti dei progetti del piano regolatore sociale. Questo ha portato alla perdita di due milioni di euro aggravando l’impoverimento dei nostri quartieri. L’immobile Pd non ha mai fatto i bandi e quei soldi, semplicemente, sono stati inghiottiti dalla trappola del patto di stabilità», spiega ancora Sara ricordando la rabbia di chi ha fatto progettazione sociale: chiuso lo sportello sociale, fine del soccorso scolastico per i minori a rischio, niente più centro diurno per malati di Alzheimer.

Viene fuori da qui, capovolgendo le modalità di rito, questa lista civica, originale, eterogenea (per il Campidoglio alcuni di loro voteranno Fassina, altri non ci pensano nemmeno) ed esplicitamente di sinistra, composta al 60% da donne e con un’età media decisamente più bassa di altre esperienze politiche viziate dalla presenza di soliti noti. Un laboratorio informale in corso da tempo grazie al collegamento tra lotte per l’ambiente, per il riuso della Caserma Ruffo, per la casa, per esigere le compensazioni dell’alta velocità, per la scuola, i beni comuni, gli spazi interculturali e i servizi sociali.

«Dopo il 5 giugno continueremo a lavorare – conclude Sara Padroni – per far crescere questa rete. Certo, se le elezioni andassero bene potrebbe avere un effetto dirompente rispetto alle dinamiche di quei pezzi della sinistra che sono ancora un punto di riferimento per alcuni di noi».

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