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Belgio, i “socialisti” sbracano, trovato accordo sul Ceta

Era solo fuffa l’opposizione del governo vallone al Ceta. Il premier francofono, il socialista Magnette, annuncia l’accordo col Canada

di Francesco Ruggeri

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I negoziatori belgi hanno raggiunto un accordo sul Ceta, l’accordo di liberalizzazione commerciale tra Ue e Canada che dovrebbe portare all’abbattimento di oltre il 97% tra dazi e dogane (stessa struttura e le stesse insidie del Ttip). Lo si apprende dai media belgi. Una copia del documento firmato da fiamminghi e valloni è stata inviata all’Unione europea. Il testo dell’accordo è stato trasmesso al presidente del Consiglio europeo, alla Commissione e al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper). Il Ceta, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada, «è molto importante per le imprese e l’attività economica – ha detto il premier belga Charles Michel -. Un accordo che pesa 12 miliardi di euro. Ora l’ultima parola torna ai parlamenti belgi». Questi, sempre secondo i media, si riuniranno venerdì o al più tardi sabato mattina. Il risultato raggiunto, ha commentato il presidente della Vallonia, Paul Magnette, «è importante per i valloni e per tutto il mondo». Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk si dice «felice» per l’intesa belga raggiunta sul Ceta, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada. «Contatterò il premier canadese Justin Trudeau solo quando tutte le procedure saranno completate», precisa Tusk sul suo profilo Twitter. La palla ora passa infatti ai parlamenti belgi, che dovrebbero riunirsi domani o al massimo sabato mattina.

Il Ceta consentirebbe alle oltre 40mila grandi imprese Usa che hanno consociate in Canada – tra cui Coca Cola, McDonald, Cargill, ConAgra foods – di ottenere, come accdrebbe col Ttip, la possibilità di citare gli stati in giudizio, con il meccanismo dell’Investment Court Systemo Ics. Nell’accordo «di resa la Vallonia ha strappato al governo belga alcune condizioni definite importanti dagli attivisti: la Vallonia chiede al governo belga di valutare l’impatto economico e ambientale dell’applicazione provvisoria del Ceta sul proprio territorio, dal voto in parlamento europeo fino al termine del processo di ratifica da parte di tutti e 27 gli stati dell’Ue. E chiede anche che il Belgio si rivolga alla Corte di giustizia europea per verificare se l’Ics sia compatibile o no con le normative dell’Unione. La Vallonia si riserva, in sede di ratifiche nazionali, di bloccare l’ultimo sì del governo di Bruxelles. Ma il documento non ha valore legale e non servirebbe a mitigare gli effetti previsti da uno studio dell’americana Tufts University: 600mila posti di lavoro in meno,  il pensionamento di regole a protezione della salute e della sicurezza alimentare in cambio di pochi vantaggi per pochi esportatori. Nel rapporto Butta quella pasta pubblicato dalla Campagna Stop Ttip Italia (www.stop-ttip-italia.net), si punta il dito contro il previsto ulteriore ingresso di grano e di pasta canadesi, che farebbero crollare 300mila aziende agricole italiane, soprattutto al Sud in cambio di granicarichi di tossine e di residui di diserbante vietatissimi in Europa come il glifosato, ingrediente cancerogeno chiave del diserbante Roundup del colosso agroalimentare Monsanto.

Cade dunque l’illusione che il Partito socialista belga potesse convertirsi sulla via di Corbyn ad una versione riveduta e corretta della socialdemocrazia di sinistra. Paul Magnette, semplicemente, ha usato la faccenda del trattato per negoziare senza rinnegare la sua linea liberista nel governo della regione francofona con l’invenzione dei “poli di competitività”, con l’università al servizio degli industriali o la vendita di armi all’Arabia Saudita. La “tarantella” sul Ceta sarebbe solo servita ai socialisti per rimanere la spina dorsale della maggioranza regionale e sperare di tornare al governo federale dopo le elezioni del 2019, nella solita versione di male minore.  La mobilitazione sociale resta l’unica arma concreta per invertire la marcia del neoliberismo. L’accordo, infatti, non presenta alcun punto di novità rispetto al vecchio testo, ma solo un ritardo nell’applicazione della norma sugli arbitrati privati, per questo i movimenti, come il collettivo “CETAttaché”, si stanno mobilitando sotto una pressione poliziesca imponente nella spianata del Berlaymont, a Bruxelles, sotto la sede della Commissione europea.

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«Dopo il no del Parlamento della Vallonia, arriva la notizia secondo cui le diverse assemblee elettive del Belgio avrebbero trovato un’intesa per la ratifica del Ceta. Nell’attesa di conoscerne i contenuti, non possiamo fare a meno di notare come in Belgio su questo trattato si sia sviluppato un dibattito parlamentare che da solo supera per tempi di discussione quelli di tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea». Così Fausto Durante, responsabile delle Politiche europee e internazionali della Cgil nazionale, in merito al Comprehensive Economic and Trade Agreement. «Nel merito – spiega Durante – ribadiamo la nostra contrarietà e opposizione al Ceta in quanto potrebbe comportare conseguenze negative per l’agricoltura italiana ed europea, la qualità dei cibi e la sicurezza alimentare, per il principio di precauzione e – sottolinea infine – per i diritti sociali e del lavoro, per gli appalti e i servizi pubblici». Per quanto riguarda il metodo, la Cgil denuncia che «il Parlamento italiano non ha trovato il tempo per una discussione approfondita sul trattato, e le parti sociali, sindacato compreso, non hanno mai avuto modo di far conoscere la propria posizione. Non capiamo perchè – prosegue Durante – le Camere, e quindi i cittadini italiani, non possano influire sul percorso decisionale del trattato come è avvenuto per i belgi. Siamo di fronte ad una seria lesione della democrazia – conclude – di cui Governo e Parlamento dovrebbero prendere coscienza per evitare ai cittadini italiani la sgradevole sensazione di appartenere alla serie B della partecipazione e della democrazia».

Commentando l’annuncio del raggiungimento di un compromesso sul CETA, Federica Ferrario, responsabile Progetti Speciali di Greenpeace Italia, dichiara: «È deludente constatare come il dibattito pubblico sul CETA venga soffocato nonostante ce ne sia un gran bisogno. Difficilmente le modifiche concordate nelle ultime ore potranno affrontare tutti i gravi problemi legati a questo accordo. Esamineremo il testo concordato dal Belgio, per verificare la reale portata e il peso legale in caso di approvazione da parte degli altri Paesi membri e del Canada. In Europa sono milioni i cittadini che protestano contro accordi come CETA e TTIP, l’Italia e l’Ue hanno dunque l’obbligo morale di fissare standard commerciali elevati, in grado di tutelare le persone e l’ambiente, conclude Ferrario».

Dice, infine, Alberto Zoratti, animatore della campagna StopTtipItalia, che «la Vallonia doveva pur trovare una via di uscita. Va detto che ha tentato, con tutte le sue forze, di tenere fermi alcuni principi cardine. Non cambierà molto, a differenza di ciò che dice Paul Magnette a cui vanno riconosciuti coraggio e coerenza, ma è stata un’ulteriore occasione per denunciare una politica commerciale insostenibile. Il 5 novembre, ribadiremo i nostri #StopTTIP #StopCETA».

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