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Ceta, ecco perché l’accordo non funziona. 5 novembre in piazza

Forenza (Gue: «La firma del Ceta è una pessima notizia ma si può ancora fermare». Le modifiche non convincono la società civile. Mobilitazione in tutta Italia il 5 novembre

di Giulio AF Buratti

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«La firma del Ceta oggi a Bruxelles – ha detto ieri sera Eleonora Forenza, eurodeputata de L’Altra Europa con Tsipras/GUE/NGL – è una pessima notizia per milioni di cittadine e cittadini in Europa e in Canada. Abbiamo più volte evidenziato le pericolose conseguenze del Ceta su occupazione, salute alimentare, principio di precauzione, agricolture di qualità, sovranità popolare, e non solo. Migliaia di attiviste e attivisti hanno manifestato la loro contrarietà al Ceta. E la presa di posizione del Parlamento della Vallonia ha dimostrato non solo che queste paure sono tutt’altro che infondate, ma che CETA, TTIP e TISA si possono fermare. La lotta continua, dunque».

A partire dalla giornata di mobilitazione del 5 novembre in tante città italiane promossa dalla rete #StopttipItalia. La Commissione Commercio Internazionale del Parlamento europeo e la Plenaria dell’Europarlamento si esprimeranno solo con un voto di ratifica (sì/no) senza risoluzione per evitare le insidie di un dibattito pubblico. «La discussione fa paura ai Signori del commercio.

Dopo l’eventuale ratifica del Ceta da parte del Parlamento europeo, il trattato entrerà in vigore con una applicazione provvisoria.  Nei prossimi due anni i Parlamenti nazionali saranno chiamati a discutere del CETA: dunque, possiamo ancora bloccarlo – continua l’eurodeputata – non basterà la nostra opposizione in Parlamento. Mi sento impegnata a rilanciare la mobilitazione e la controinformazione dentro e fuori le aule parlamentari. E’ davvero una sfida importantissima. Non ci arrendiamo!».

Il negoziato con la Vallonia, la regione francofona del Belgio che si è coraggiosamente opposta all’accordo, si è concluso con la scelta di accostare al testo consolidato una dichiarazione interpretativa e alcune prese di posizione messe nero su bianco da Commissione Europea e Consiglio Europeo. La Campagna Stop TTIP conferma le mobilitazioni del 5 novembre in diverse città italiane, lanciando uno #StopCETAday con l’intento di sollevare un dibattito all’altezza nel Parlamento italiano ed europeo. Sebbene le divisioni degli ultimi giorni siano state ricomposte e il summit UE-Canada confermato, restano gravi perplessità e preoccupazioni su un trattato commerciale che non protegge i cittadini e l’ambiente.

Secondo Stop TTIP Italia, il braccio di ferro del Parlamento della Vallonia con il Canada e l’Unione Europea ha permesso di portare a casa alcuni punti di avanzamento, seppur limitati: sarà la Corte Europea di Giustizia, ad esempio, su input del Belgio, a valutare la legalità del meccanismo ISDS/ICS, il tribunale sovranazionale per gli investimenti che permette alle aziende di denunciare gli Stati. Inoltre, basterà un voto contrario anche nel Parlamento regionale di uno Stato federale a far saltare l’applicazione provvisoria del CETA in caso certe modifiche non vengano apportate in modo sostanziale. Altri potenziali passi avanti riguardano la promessa di una completa esclusione dalla liberalizzazione per i servizi che gli Stati membri decidono di qualificare come “servizi pubblici” e per i cosiddetti “servizi di interesse generale”. A ciò si aggiunge un impegno a tutelare l’agricoltura, vietare le importazioni di OGM e carne agli ormoni, proteggere il principio di precauzione.

«Come purtroppo temevamo il colpo di coda è arrivato. In ogni caso, la coraggiosa posizione della Vallonia, lasciata isolata dai Governi europei e in primis da quello italiano, ha obbligato l’Unione Europea a fare alcune concessioni su temi che i movimenti della società civile denunciano da anni», sottolinea Monica Di Sisto, portavoce della Campagna Stop TTIP Italia. «Resta da capire come il testo del CETA, sdoganato nel settembre 2014 e che va in direzione del tutto opposta, possa essere vincolato a una dichiarazione interpretativa che mina alle fondamenta alcuni suoi organi chiave, come il comitato per la cooperazione regolatoria. Questo tavolo di esperti, aperto all’influenza delle grandi imprese, nasce con l’obiettivo specifico di eliminare barriere regolamentari che proteggono i servizi, il mercato del lavoro, l’ambiente e la sicurezza alimentare».

La Commissione, infine, si è impegnata a rivedere «il più presto possibile» il meccanismo di arbitrato, «allo scopo di garantire l’indipendenza e imparzialità dei giudici» e un «rigoroso processo di selezione» per quelli che andranno a comporre il tribunale e la corte d’appello. L’ICS, dichiara la Commissione, dovrà progredire verso «un sistema in cui i giudici sono assunti full time». Fino a quel momento, tuttavia, resterà in vigore il pericolosissimo salario “a cottimo”, che li invoglia a decidere in favore degli investitori privati, unici soggetti che possono adire la Corte e quindi garantire continuità di emolumenti.

«Queste modifiche, affidate da Bruxelles a una dichiarazione che non fissa tempi certi per l’entrata in vigore, non possono convincere la società civile», dichiara Elena Mazzoni, tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP. «Vogliamo che l’Italia inizi una approfondita discussione in Parlamento su questo accordo rischioso, che espone a forti rischi tutto il comparto della produzione agricola, cercando di mascherarlo con lo specchietto per le allodole delle 42 Indicazioni geografiche italiane parzialmente tutelate (su oltre 280 riconosciute dal Ministero) e non ha nessuna norma vincolante capace di tutelare i diritti del lavoro e le questioni legate allo sviluppo sostenibile, come la lotta al cambiamento climatico. Anche il Parlamento Europeo deve sollevare la testa e impedire l’applicazione provvisoria, una truffa per scavalcare le ratifiche nazionali. Come Campagna Stop TTIP crediamo sia comunque necessario un dibattito pubblico in cui sia coinvolto il Parlamento a cui chiediamo di non ratificare il trattato, per questo rilanciamo lo #StopCETAday il 5 novembre prossimo».

Il 5 novembre diverse città italiane tra cui Milano, Roma, Torino, Verona, Udine si mobiliteranno con presidi e iniziative per chiedere all’Italia dibattito pubblico e al Parlamento la non ratifica del CETA.

L’elenco delle iniziative in continuo aggiornamento è consultabile a questa pagina: http://bit.ly/2e7r271

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