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L’acqua della Puglia rende schizofrenico Emiliano

Acqua Puglia. Lo “strano” caso del governatore Emiliano. Giurava di rispettare il risultato referendario del 2011 e ora lavora per costituire una multiutility ma intanto fa l’Anti Renzi con il prossimo referendum

di Checchino Antonini

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A vederlo da lontano sembra l’alfiere della Costituzione, così impegnato per il No al referendum sulla Renzi/Boschi. A vederlo da vicino, come può fare il Comitato Referendario Pugliese “2 SI per l’Acqua Bene Comune”, non sembra avere la stessa fissazione per il rispetto del risultato referendario del 2011 quando, con una maggioranza mai registrata in Italia, 27 milioni di italiani votarono per la ripubblicizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici. Emiliano Michele, successore di Vendola alla guida di tutte le Puglie, sembra calpestare le stesse orme del suo illustre predecessore in materia di acqua. Vendola, infatti, in dieci anni di governatorato non ha mai mantenuto la promessa della ripubblicizzazione dell’acqua. Tant’è che Riccardo Petrella, dopo pochi mesi da assessore alla prima primavera pugliese, se ne andò sbattendo la porta perché, a suo dire, Vendola non aveva “gana” di ripubblicizzare l’acquedotto. Così fu anche dopo la vittoria referendaria e, anche al tempo di Emiliano, il futuro di Acquedotto Pugliese «è più che mai opaco – dicono i movimenti per l’acqua pubblica – con presagi di privatizzazione dello stesso. Avevamo già espresso, lo scorso agosto, la nostra contrarietà alla nascita della nuova Agenzia regionale unica per l’affidamento della gestione dei rifiuti (condividendo le preoccupazioni della Rete Rifiuti Zero) perché contrari alla centralizzazione del potere decisionale su inceneritori e discariche e alla trasformazione del nostro Acquedotto in multiutility. A questo abbiamo aggiunto la proposta di percorsi concreti che avrebbero potuto indirizzare la Regione Puglia in una direzione diametralmente opposta, rispettosa del volere popolare».

Ma un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 27 Ottobre scorso rivela il progetto della Regione Puglia, in accordo con il Governo Renzi, di trasformare Aqp SpA in una vera e propria holding che diverrebbe l’unico gestore del Sud, inglobando tutti gli altri acquedotti. Con l’ampliamento dell’oggetto sociale dell’acquedotto a gas, energia e smaltimento dei rifiuti e all’energia, Aqp diventerebbe una multiutility come ACEA (Roma), HERA (Bologna e Reggio Emilia) e IREN (Genova e Torino), con capitale anche privato e quotate in borsa. Già alla fine della primavera era trapelata la notizia di “un incarico di consulenza strategica volta all’espansione delle attività di AQP” e “alla verifica della forma societaria più idonea” alla società Bain&Company a fronte di un compenso di 130.000 euro. L’acquedotto più grande d’Europa, costruito con soldi pubblici, con un utile in costante crescita «fa gola a molti – ricordano i movimenti – e lascia a “secco” (e non solo in senso metaforico) molti altri. In primis i cittadini pugliesi che vedono le loro tariffe costantemente aumentare (del 22,4% nel periodo 2007-2012 e ancora del 19% dal 2012 al 2015), che devono sostenere interessi di mora ed eventuali spese di recupero credito in caso di ritardo nel pagamento, o che si vedonostaccare la fornitura già a partire dal secondo insoluto!».

«Inaccettabile spregiudicatezza», scrivono i comitati denunciando anche la violazione del Diritto Umano all’Acqua potabile avvenuto con la sospensione del servizio idrico, proprio in questi giorni, in alcune case popolari di Lecce e Provincia, senza alcun riguardo neanche per le esigenze di bambini, anziani e disabili.

Inutile la mozione approvata lo scorso 3 agosto dal Consiglio Regionale Pugliese su proposta dei 5 Stelle per l’istituzione di un tavolo tecnico paritario fra Regione e Comitato pugliese “Acqua Bene Comune” volto alla ripubblicizzazione di Aqp SpA. «Quindi, il percorso di privatizzazione che la Regione sta imboccando, non è solo in contrasto con l’esito di un referendum popolare, ma anche con l’indirizzo indicato dal Consiglio Regionale democraticamente eletto. A questo punto, ci chiediamo se il Presidente Michele Emiliano che ha sposato la causa del referendum del 17 Aprile scorso contro le trivellazioni in mare, o che oggi si dichiara giustamente contro la riforma costituzionale in quanto, fra le altre cose, esautora le Regioni del proprio potere decisionale rispetto a politiche ambientali, energetiche e sulla gestione dei beni comuni, sia lo stesso Presidente che calpesta il Referendum sull’acqua pubblica, in piena linea con il Governo Renzi. Come può il Presidente Emiliano chiedere poteri decisionali per la Regione esprimendosi giustamente per il NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE e contemporaneamente ignorare la volontà dei cittadini pugliesi espressa nel referendum del 2011?».

Bisogna ricordare, per completare il ritratto da Dr. Jeckill e Mr. Hide della politica pugliese, che Emiliano all’indomani del referendum del 2011 aveva ribadito il pieno sostegno del Comune di Bari alla battaglia dei comitati referendari tanto da esporre, alcuni mesi dopo, all’ingresso di Palazzo di Città di Bari lo striscione “Obbedienza Civile – il Mio Voto va rispettato”.

Più in generale, già cinque anni fa, era chiaro che la vittoria sull’acqua non era che l’inizio di una lotta più difficile. Il referendum ha ottenuto due risultati decisivi: bloccare l’obbligo di privatizzazione (oggi avremmo solo aziende private di gestione dell’acqua) e si è creata una grande sensibilità pubblica sul nodo della gestione dell’acqua come rivela la discussione che si è aperta in questi mesi sulla legge Madia sui servizi pubblici e l’atteggiamento difensivo del governo a poche settimane dal Referendum Costituzionale.

«Non potendo ribaltare quel risultato in modo radicale (ci ha provato Berlusconi, subito bloccato dalla Corte Costituzionale), i governi che si sono succeduti (Monti, Letta, Renzi), hanno utilizzato un basso profilo, intervenendo con provvedimenti gravissimi, ma poco appariscenti e nascosti nelle leggi OMNIBUS (sblocca italia, milleproroghe, ecc….), favorendo le gestioni private e miste e rendendo complicato, se non impossibile l’avvio dei processi di ripubblicizzazione del servizio idrico, hanno creato l’AEEGSI, agenzia che ha deciso le nuove tariffe reintroducendo sotto mentite spoglie la “remunerazione del capitale investito” abrogata dal referendum», ricorda il Forum dei movimenti per l’Acqua.

Con la stretta finanziaria ai Comuni hanno incentivato i processi di acquisizione delle aziende pubbliche attraverso le aziende miste quotate in Borsa, le Multiutility, hanno avviato percorsi di privatizzazione progressiva delle stesse come avvenuto con HERA ed IREN. Sono stati bloccati processi di ripubblicizzazione come a Reggio Emilia, a Piacenza ed a Rimini. Il governo Renzi ci riprova coi decreti Madia, e con lo stravolgimento in parlamento della legge di iniziativa popolare sull’acqua proposta dall’iniziativa dei Movimenti dell’acqua.

Il NO al Referendum Costituzionale del Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua è quindi un NO sul merito della Riforma, ma anche un NO politico rispetto alla cessione di sovranità dalla politica al sistema economico-finanziario che vuole guadagnare (con poca fatica investendo su un settore monopolistico e senza concorrenza) sulle privatizzazioni e sulla distruzione dei diritti dei cittadini.

«Se il Plebiscito sulla sua persona chiesto da Renzi al Referendum, si trasformerà nel suo contrario, con una sua sconfitta, si riapriranno tutte le possibilità, e di nuovo i cittadini avranno la possibilità di giocare la partita, uno spazio per ricostruire spazi di democrazia e partecipazione, per riaffermare la necessità di uno sviluppo basato sulla ripresa degli investimenti sociali e di gestione del territorio fra cui la tutela delle risorse idriche».

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