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L’Europa all’Italia: quella legge è tortura. Non la votate

Legge sulla tortura inaccettabile così come la sta per votare il Parlamento. Lo dice il Consiglio d’Europa. E dalla Cedu altre condanne all’Italia per la mattanza della Diaz

di Checchino Antonini

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Diaz, ancora una condanna dalla Corte europea dei diritti umani. Una replica del caso Cestaro ma stavolta i ricorrenti erano 42 e per loro la Corte ha riconosciuto risarcimenti che vanno dai 45mila ai 59mila euro.

Le leggi italiane sono inadeguate a punire e quindi prevenire gli atti di tortura commessi dalle forze dell’ordine. L’ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato ancora una volta l’Italia per gli atti di tortura perpetrati dalle forze dell’ ordine nella notte tra il 20 e 21 luglio 2001 nella scuola Diaz, ai margini del G8 di Genova, ai danni di diverse persone. La Corte ha anche condannato l’Italia per non aver punito in modo adeguato i responsabili di quanto accaduto a Genova.

La condanna emessa dalla Corte di Strasburgo ricalca, in sostanza, quella che i giudici avevano pronunciato due anni fa sul caso Cestaro, in cui domandavano all’Italia di introdurre il reato di tortura nell’ ordinamento nazionale. E segue di un giorno la lettera inviata alle autorità italiane dal commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ce, in cui sono espresse preoccupazioni per il testo ora all’esame del Parlamento italiano. A presentare ricorso contro l’Italia per le torture subite alla Diaz, nonché per la mancata identificazione e quindi condanna, dei responsabili e l’assenza di un reato di tortura nella legislazione italiana, sono state 42 persone di varie nazionalità che all’epoca dei fatti avevano tra i 20 e i 64 anni. Il ricorso è stato inviato alla Corte di Strasburgo all’ inizio del 2013 e comunicato al governo affinché potesse difendersi il 10 novembre 2015, 4 mesi dopo che la Corte di Strasburgo aveva condannato per la prima volta l’Italia, nel caso Cestaro, esattamente per gli stessi motivi. La sentenza di stabilisce che i ricorrenti sono stati torturati, i responsabili non sono stati puniti come avrebbero dovuto e l’Italia non ha una legge che criminalizzi adeguatamente e quindi prevenga la tortura. La Corte, che ha radiato dal ruolo 13 dei ricorrenti mentre ha riconosciuto agli altri 29 indennizzi che variano tra i 45 e 55 mila euro per danni morali. Davanti ai giudici di Strasburgo sono ancora pendenti diversi ricorsi, sempre incentrati sul reato di tortura, relativi ai fatti del G8 di Genova, in particolare a quanto accaduto nella caserma di Bolzaneto. Si tratta in particolare dei ricorrenti che non aderito al patteggiamento raggiunto con alcune delle vittime del Bolzaneto dal governo italiano lo scorso aprile sulle cause intentate presso la Corte.

«Come da sempre sosteniamo nel 2001 a Genova c’è stata una sospensione della democrazia. Ancora una volta torniamo di conseguenza a chiedere che sia istituita una commissione di inchiesta parlamentare che guardi a chi ha legittimato quello che avvenne in quei giorni», commenta Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, a seguito della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, a distanza di due anni dal caso Cestaro vs Italia, torna a condannare l’Italia per le violenze e le torture avvenute all’interno della scuola Diaz durante il G8.

La Corte – a differenza del caso Cestaro – non si è limitata a constatare le torture, ma ha condannato il nostro Paese per la violazione di numerosi altri articoli della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. In particolare nella sentenza si riconosce la violazione dell’Art. 3 per la tortura e i trattamenti inumani e degrandanti, e per l’impossibilità di identificazione gli autori delle violenze; dell’Art. 13 per la mancanza di un effettivo accertamento delle responsabilità; dell’Art. 5, relativamente alla mancanza di informazioni sui motivi dell’arresto; degli Art. 9, 10 e 11 per la violazione della libertà di espressione e di riunione; dell’art. 14, in combinato disposto con gli articoli 3, 9, 10, 11 per essere stati, i ricorrenti, vittime di violenza a causa delle loro opinioni politiche.

«Ancora una volta l’Italia fa una figuraccia a livello internazionale e, per quanto riguarda la tortura, subisce una pesante condanna per la sua inadempienza verso impegni assunti oltre 28 anni fa e per la conseguente incapacità di punire i responsabili di questo crimine – continua Gonnella – il Parlamento non può più aspettare. Si approvi da subito una legge che sia presentabile, applicabile e rispettosa delle Convenzioni internazionali. Fin da subito si inseriscano i codici identificativi per le forze dell’ordine. Si può fare anche senza una legge».

Ma la legge (già largamente insoddisfacente per le organizzazione per i diritti umani) in discussione alla Camera è stata stravolta al punto che il suo primo firmatario non se la sente più di associare il proprio nome a un simile pasticcio che, a detta del pm del processo Diaz, Enrico Zucca, servirà a consentire più che a reprimere la tortura. Zucca, sostituto procuratore generale a Genova e, a suo tempo, pm proprio per il processo Diaz spiega che «s’è voluto configurare un reato comune che non si attaglia alla definizione contenuta nella “Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti”. Per farlo sono state usate argomentazioni maliziose e sottili per rendere quasi impossibile l’incriminazione e l’accertamento di casi di tortura. Il legislatore, forse, avrebbe dovuto leggere la storia recente e vedere quei casi in cui è già stata riconosciuta la tortura».L’ex pm della Diaz si riferisce proprio alle sentenze di Cassazione che hanno denunciato la mancanza di una voce specifica nel codice penale proprio sulla base di quella Convenzione europea che, a sua volta, è una fonte normativa. Ancora una volta, la legge guarda con sospetto le vittime».

Anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, in una lettera inviata a presidenti di Camera e Senato, ai presidenti della commissioni giustizia dei due rami del parlamento e al presidente della commissione straordinaria per i diritti umani del Senato, sottolinea alcune preoccupazioni riguardanti il disegno di legge sulla tortura che il prossimo 29 giugno sarà in discussione a Montecitorio.In particolare – secondo Nils Muižnieks – alcuni aspetti del testo sembrano essere in contrasto con la giurisprudenza della Corte EDU, le raccomandazioni del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) e con la Convenzione delle Nazioni Unite sulla tortura (UNCAT). Ad esempio, perché si configuri la tortura, è necessario che si verifichino più condotte di violenze, minacce o crudeltà; la tortura può anche configurarsi quando il comportamento in questione comporta un un trattamento inumano “e” degradante (il virgolettato è aggiunto). Inoltre, la tortura psicologica è limitata ai casi in cui il trauma psicologico sia verificabile”.  “Notando che il progetto attuale sembra divergere dalla definizione di tortura di cui all’articolo 1 dell’UNCAT anche per altri aspetti – spiega Muižnieks -, vorrei trasmettervi la mia preoccupazione per le gravi discrepanze che gravi discordanze con tale definizione nella legislazione nazionale possano comportare casi in cui la tortura o pene o trattamenti inumani o degradanti restino non sanzionati, creando così quindi potenziali scappatoie per l’impunità”.

Le stesse criticità che avevano già messo in risalto soggetti come Amnesty o Antigone all’indomani dell’approvazione del Senato quando denunciarono un testo impresentabile e lontano dalla Convenzioni delle Nazioni Unite”.

 

 

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