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Ecco le prove di come marcisce il lago Pertusillo

Tre volte più vasta della superficie del Comune di Milano. L’area dove si estrae il petrolio in Basilicata è enorme. Il rapporto della geologa Colella dalla Val d’Agri.

di Edoardo Bettella

La sorgente LaRossa 3, da cui fuoriesce particolato nero, maleodorante e, talvolta, fumante.
La sorgente LaRossa 3, da cui fuoriesce particolato nero, maleodorante e, talvolta, fumante.

Acqua grigia e bluastra che fuoriesce dal terreno. Ricca di metalli pesanti e di idrocarburi. L’erba che non cresce più. Intere aree agricole sterili. Le carpe che muoiono nel lago, le capre che muoiono brucando. E un lago che marcisce lentamente, la cui acqua disseta i campi della Basilicata e le bocche dei pugliesi. Vi ricordate il video, che Popoff vi ha mostrato, sullo stato della Val d’Agri, in Basilicata, nei pressi del lago Pertusillo? Albina Colella, docente ordinaria di geologia presso l’università della Basilicata, ha analizzato quelle acque. Vediamo i risultati.

 

«La produzione petrolifera ha molti benefici economici e consente all’Italia di provvedere in parte alla domanda di energia; tuttavia, importanti rischi ambientali sono connessi con questo tipo di produzione di energia in territori geologicamente fragili come la Val d’Agri, con particolare riferimento alle risorse idriche e al rischio sismico. Attualmente, una delle principali cause di preoccupazione in Basilicata è legata allo smaltimento delle acque di scarto petrolifero e al loro potenziale rilascio su suoli e in acque sotterranee e superficiali», è quanto si legge sulla relazione “Anomalous deep waters gurgling to the surface and impatting soils in the Val d’Agri oil field” (Fuoriuscite anomale di acque profonde in superficie e impatto sui suoli dei terreni petroliferi della Val d’Agri), presentata a Tirana lo scorso maggio dalla professoressa Colella. L’evento è la “Quarta conferenza internazionale degli ecosistemi”.

 

La Val D’agri è il più ricco giacimento di idrocarburi d’Italia, e anche uno dei più importanti serbatoi di acque sotterranee e superficiali destinate al consumo umano della Nazione. Attualmente, vi sono ventisei pozzi che producono, quotidianamente circa ottantaduemila barili di petrolio greggio (per Eni e Shell), e uno di reiniezione, dal quale, cioè, vengono scaricate le acque di scarto della lavorazione del petrolio, a migliaia di chilometri di profondità. L’area di concessione petrolifera è vasta 660 chilometri quadrati, quasi quattro volte la superficie del Comune di Milano, per intenderci. È proprio qui che si trova anche l’invaso del Pertusillo, lago artificiale che dà da bere alla Puglia e alla Basilicata.

 

La validità e l’attendibilità dello studio sono dimostrate dalle modalità con cui è stato effettuato. La professoressa Colella, infatti, non si è limitata ad analizzare i liquidi che fuoriescono dalle sorgenti denominate LaRossa 2 e LaRossa 3. Ha anche analizzato, per confronto, le acque di altre cinque sorgenti della Val D’Agri, una delle quali (la Tramutola) soggetta a fuoriuscite naturali di idrocarburi liquidi e gassosi. Ma procediamo con ordine.

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LaRossa 2 e LaRossa 3, sorgenti da cui fuoriescono i liquidi mostrati nel video, si trovano a poco più di due chilometri dal pozzo di reiniezione petrolifera Costa Molina 2. I campioni analizzati sono stati prelevati subito dopo la fuoriuscita dal terreno.

 

Molte testimonianze di abitanti e contadini del luogo sottolineano come, da anni, in alcune zone non cresca più l’erba. Non solo. Alcuni lamentano gravi difficoltà nella coltivazione di caratteristici prodotti lucani, come la pera campanella o la vite (da cui, tra l’altro, viene prodotto anche vino doc). Tra il 2011 e il 2012, sono morte migliaia di carpe nel lago Pertusillo. Le carpe sono pesci che cercano il cibo tra i sedimenti del fondale. All’alba, la brina brucia l’erba su cui si posa e in alcuni momenti della giornata sale un cattivo odore dal lago e dalla terra.

 

Non a caso, «le proprietà fisico-chimiche delle acque LaRossa2 e 3 sono risultate dovere da quelle delle altre cinque sorgenti analizzate», compresa la Tramutola, da cui idrocarburi escono naturalmente. Le acque LaRossa cambiano colore con il tempo, passando da crema a grigio scuro. Talvolta, mostrano bolle di gas e sono maleodoranti. Non fanno più crescere la vegetazione lungo il loro percorso e producono croste bianche saline sulle pietre. Hanno una temperatura di dieci gradi superiore a quella della media delle altre sorgenti della Val d’Agri (ventitrè gradi contro tredici).

 

Per quanto riguarda la presenza di metalli, le concentrazioni sono anomale, molto alte. «I metalli più abbondanti sono, in ordine decrescente: alluminio, ferro, bario, boro, stronzio, piombo, rame, zinco, manganese. In particolare, l’alluminio è è particolarmente abbondante, con valori fino a 15.700 microgrammi per litro, quando il valore medio delle altre sorgenti è di poco superiore ai nove microgrammi per litro».

 

Lo stesso discorso vale per gli idrocarburi totali. Dove questi fuoriescono normalmente insieme all’acqua (sorgente Tramutola), il valore è di cinquantasette microgrammi per litro. Nelle acque LaRossa 2 e 3, invece, il valore è dieci volte superiore. Anche la quantità di sodio è spaventosamente superiore alla media: trecentocinquantadue contro poco più di sei milligrammi per litro. «È noto che il sodio causa la degradazione dei suoli attraverso l’alterazione dell’argilla e della tessitura dei suoli: gli effetti più significativi sono la degradazione della qualità delle acque superficiali e sotterranee e la distruzione della vegetazione», scrive la professoressa Colella.

 

Va precisato anche che fenomeni come questo sono assolutamente anomali per le «Acque sotterranee con caratteri simili a quelle delle due polle LaRossa non sono mai state segnalate in Appennino meridionale. I risultati preliminari di questo studio indicano che una potenziale fonte di contaminazione di queste acque potrebbe essere rappresentata da perdite di acque di scarto petrolifero dal pozzo di reiniezione Costa Molina 2, dovute a cedimenti della integrità strutturale del pozzo e diffusione di tali acque nel sottosuolo e contaminazione delle acque sotterranee».

Casi simili si sono verificati anche negli Stati Uniti. Su più di 220.000 pozzi, dal 2007 al 2010, oltre settemila hanno avuto cedimenti strutturali e perdite. «I documenti disponibili hanno mostrato anche che frequentemente questi pozzi hanno operato violando le regole di sicurezza e in condizioni che hanno molto accresciuto il rischio di perdite di fluidi di contaminazione delle acque».

 

Dalle analisi effettuate, quindi, la professoressa Colella trae inequivocabili conclusioni: «La acque delle due polle LaRossa hanno diverse caratteristiche in comune con le acque di produzione petrolifera: sono torbide a causa dell’abbondanza di sostanze colloidali, talvolta sono maleodoranti e mostrano presenza di gas. Hanno temperatura di ventitré gradi. La salinità delle acque LaRossa è molto più alta di quella media delle principali sorgenti della Val d’Agri, con abbondanti cloruri, bicarbonati e sodio. Esse causano la degradazione del suolo lungo il loro percorso, impedendo la crescita della vegetazione e producendo croste saline sulle pietre (clasti). Il valori di idrocarburi totali superano di gran lunga sia quelli delle altre sorgenti analizzate sia quelli della sorgente di Tramutola, dove naturalmente petrolio e gas fuoriescono insieme all’acqua».

 

«I metalli più abbondanti nelle acque LaRossa rientrano tra quelli tipici delle acque di produzione petrolifera (ferro, bario, piombo, zinco, manganese), con l’eccezione dell’alluminio che, però, è usato nei fanghi di perforazione e nel processo di desolforazione del petrolio».

 

In conclusione, scrive la professoressa Colella, «in base ai dati qui riportati e allo stato attuale delle conoscenze l’ipotesi più probabile per l’origine delle due polle d’acqua LaRossa, apparse nel 2011 su suoi agricoli a circa 950 m di quota, potrebbe essere legata a perdite del pozzo di reiniezione Costa Molina 2, a causa di problemi di integrità del pozzo ed in particolare di cedimenti dell’impermeabilizzazione, con conseguente fuoriuscita delle acque di scarto, loro dispersione nel sottosuolo con contaminazione degli acquiferi, e risalita in superficie».

 

Ecco quello che accade in Val d’Agri. Ecco quanto si è disposti a sacrificare in nome dell’oro nero.

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