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Pedemontana, Zaia non ci mette la faccia. L’ha persa?

Il governatore diserta l’ennesimo taglio del nastro dell’autostrada inutile e che mette a rischio le falde di mezzo Veneto. La polizia blocca i comitati

da Treviso, Enrico Baldin

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Due anni dalla posa della prima pietra, tre anni ancora per terminare i lavori e già quattro tagli di nastro per Luca Zaia. Parliamo della Superstrada Pedemontana Veneta. Oggi per Zaia a Castelgomberto doveva esserci l’ennesimo taglio del nastro, stavolta al cantiere del tunnel di Sant’Urbano, opera rientrante nel tracciato definitivo. Ma Zaia è uno attento alla gestione del consenso: niente comitati tra i piedi, inaugurazioni a ripetizione a onor di telecamere e flash, e cittadini tenuti a debita distanza. Stavolta però all’ultimo ha deciso di non presentarsi, probabilmente per evitare altre contestazioni.

Anche in questa occasione però ci sono state proteste da parte dei comitati contrari alla superstrada e di singoli cittadini, molti dei quali espropriati ancora in attesa dell’indennizzo. I “No Pedemontana” volevano entrare nel cantiere, ma sono stati fermati da un cordone di forze dell’ordine mentre le autorità locali tenevano i loro discorsi di apertura dei cantieri. Alla fine manifestanti e forze dell’ordine si sono fronteggiati con momenti di tensione, senza però alcuno scontro. Una piccola delegazione dei “No Pedemontana” ha avuto il permesso di entrare in cantiere ed apporre cartelli e manifesti.

Non sono certo numerosi e radicati come i valsusini, ma anche i partecipanti al presidio di Castelgomberto pur scoraggiati da una pioggia battente, si son fatti sentire e hanno esposto le loro ragioni.

Ce l’hanno con Zaia ma ce l’hanno un po’con tutto quel sistema affaristico veneto che negli ultimi mesi ha fatto parlare di sé. «Zaia per anni ha dormito con Renato Chisso» ci dice uno dei manifestanti zuppo di pioggia. La Superstrada Pedemontana Veneta è stata voluta con forza proprio da Galan e da Chisso, quest’ultimo assessore regionale alle infrastrutture sia con Galan che con Zaia, fino al suo arresto avvenuto a giugno scorso. Assieme a lui, nella retata veneziana più larga degli ultimi tempi, finirono politici bipartisan profumatamente pagati a suon di mazzette: dall’ex sindaco PD di Venezia Orsoni all’ex governatore forzista Galan, dall’ex consigliere regionale PD Marchese all’europarlamentare di Forza Italia Lia Sartori. Imprenditori, membri della Guardia di Finanza, Magistrati alle Acque e politici avevano in mano il MOSE e con esso tutto il sistema delle grandi opere in Veneto che gestivano a loro piacimento, su richiesta di imprese private – quasi sempre le stesse quattro o cinque – che in quel sistema di potere politico hanno trovato garanzie.

IL CO.VE.PA. (Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa) ha individuato in questi mesi diverse assonanze tra la Pedemontana e le altre opere su cui le autorità inquirenti hanno condotto le loro indagini. E ha sempre puntato il dito sul sistema di finanziamento dell’opera, il project financing, una sorta di manna dal cielo per i costruttori. Galan, che dei project financing veneti ha sempre fatto vanto, a suo tempo diceva «Finché ci sono soldi pubblici si usano quelli, quando non ci sono si usano quelli dei privati». I privati da parte loro aderiscono volentieri dal momento che il guadagno è assicurato. L’accordo per la Pedemontana infatti prevede che i privati coprano quasi interamente i 2 miliardi e mezzo di costi per costruire l’opera. In cambio per 39 anni incasseranno i pedaggi di questa che è l’unica superstrada in Italia a pagamento. L’inghippo però sta nel fatto che se il volume di traffico fosse inferiore a quello previsto da accordo, il pubblico dovrebbe integrare di tasca sua al consorzio di imprese concessionario “SIS” la somma di 7,3 milioni di euro a scadenza semestrale. Insomma se la SIS fa utili coi pedaggi bene, sennò gli utili glieli danno i contribuenti. Ipotesi che non pare esser così remota, visto che da quando son state effettuate le stime sui volumi di traffico per la Pedemontana, anche in Veneto si è imbattuta la crisi economica che ha ridotto in modo ragguardevole il traffico veicolare. A dimostrare l’autenticità di questo rischio è ultimo dei flop della finanza di progetto, ovvero la nuova autostrada “Brebemi” che collegando Brescia a Milano doveva accogliere da previsioni 60mila veicoli al giorno. A pochi mesi dalla sua inaugurazione la media è di appena 18mila veicoli giornalieri, tanto che i bandi per aprire due stazioni di servizio sono andati completamente deserti.

Ma i rilievi fatti dai comitati contro la Pedemontana sono anche di carattere ambientale. «Oltre al vasto consumo di suolo in una Regione che non può più permettersi di consumare neppure un metro quadro di terreno, l’interferenza con le falde acquifere è pericolosa» riporta un volantino. In effetti dei 95km totali che collegano i comuni di Montecchio nel vicentino con Spresiano nel trevigiano, la Pedemontana – con gioia dei cavatori – ne metterà in trincea 70, scavando sopra ad una delle falde acquifere più grandi d’Europa da cui attingono gli acquedotti che riforniscono un milione di abitanti tra Vicenza e Padova. Una piccola infiltrazione potrebbe mandare in crisi l’approvvigionamento idrico di mezzo Veneto, stando a quanto denunciano i comitati con carte alla mano.

Inoltre l’Arpav confermando uno studio del CNR ha rilevato che mettere in trincea il tratto tra Montecchio e Trissino comporterebbe la dispersione di una sostanza pericolosa – il PFOA – frutto di anni di sversamenti di alcune attività produttive locali. Il rischio è che con l’inquinamento del sistema di falda gli abitanti di Montecchio rimarrebbero senz’acqua potabile. La cosa ha attirato solo ora l’attenzione di chi di dovere. Infatti solo ieri ha deciso di cautelarsi il commissario straordinario alla Pedemontana Silvano Vernizzi, “plenipotenziario” nominato nel 2009 dopo che la questione traffico veneta fu dichiarata “emergenza” al pari di terremoti e calamità naturali. Vernizzi infatti ha dichiarato che quel tratto non verrà più fatto in galleria ma in superficie, cosa che rischierebbe di complicare non poco l’iter procedurale che finora era andato avanti spedito e incurante del “mucchio” di ricorsi effettuati- e in parte vinti – dai cittadini. L’ipotesi di modifica del tracciato sarà da verificare, come sarà da verificare se questa possa portare ad una sospensione dei lavori. Ma se questa eventualità trovasse conferma ripagherebbe largamente i comitati di una mattina passata sotto la pioggia.

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