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Zanotelli: «Non è in crisi il pacifismo. E’ in crisi la politica»

«Fermare la produzione di armi, non finanziare le banche armate». Zanotelli, nel nuovo libro, rilancia le ragioni del pacifismo e denuncia la politica ostaggio delle lobby. L’intervista

di Enrico Baldin

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«Fermare la produzione e la diffusione di armi, smettere di finanziare le banche che investono in guerre». E’questo l’appello del mensile Mosaico di pace, diretto dal missionario comboniano Alex Zanotelli. Passano gli anni ma padre Alex, sentito da Popoff, conserva la solita grinta e passione. Il missionario comboniano è uno dei volti più noti del pacifismo italiano e vanta una laurea honoris causa in giurisprudenza oltre che molti anni in missione in svariati angoli del mondo più povero. Ora vive a Napoli nel difficile rione sanità, ed è stato uno dei principali esponenti di molte campagne, da quella per l’acqua bene comune a quelle sul disarmo. Abbiamo parlato con lui di alcuni degli argomenti riportati nel suo ultimo libro scritto con Paolo Bertezzolo Di nuovo in piedi costruttori di pace, che è una riflessione sul cammino del movimento nonviolento.

Zanotelli, pare di sentire le grancasse di una nuova guerra santa contro l’Islam. E’della stessa opinione?

Purtroppo sì. Questo clima si sta generando sin da dopo l’attacco alle torri gemelle. Ma dopo l’attentato di Charlie Hebdo il coro di voci è aumentato. La guerra tra occidente e Islam, però, è quello che gli jihadisti vogliono. Perché se ci sarà una recrudescenza dell’occidente nei confronti dei musulmani, gli jihadisti si sentiranno ancor più in diritto di rispondere con aggressività, e avranno la pretesa di rappresentare tutto l’Islam. Isis e Al Qaeda invece non rappresentano il mondo islamico.

Che ne pensa della guerra che sta sconvolgendo la Siria?

Si parlava di primavera araba, e invece gli USA sono entrati prepotentemente in guerra in funzione anti Assad. Ed è in questo modo che ha preso piede l’Isis. L’Isis è forte per colpa dell’occidente, in sostanza è stato creato e armato dall’occidente. Per la Siria è necessario smettere di inviare armi e giungere ad un piano di conciliazione nazionale.

Sulla liberazione di Greta e Vanessa si è fatto un gran discutere per l’ipotesi di un riscatto.

Effettivamente ci sono paesi che rifiutano di pagare riscatti in caso di rapimenti, tuttavia questa polemica mi è sembrata eccessiva. La liberazione delle due ragazze è passata in secondo piano, anzi si è vista una barbarie raccapricciante nei loro confronti.

A novembre, di ritorno dalla sua visita al Parlamento Europeo, Papa Francesco disse che non si deve chiudere le porte ad un dialogo, seppur quasi impossibile, con il sedicente stato islamico. Parole che dopo gli attentati di Parigi paiono impronunciabili. Le condivide?

Certo che le condivido. Dobbiamo uscire dal nemico che è fuori di noi, perché noi il nemico ce lo abbiamo dentro. Mi spiego: nel mondo si spendono 5 miliardi di euro al giorno in armi e armamenti, ed è logico che in qualche modo queste armi andranno usate. Gli Isis siamo noi a crearli e siamo noi ad armarli. E più li bombardiamo e più li rendiamo feroci. E più vengono uccise persone innocenti, più si ingrossano le file dell’Isis.

Guerra preventiva, guerra umanitaria, missione di pace, guerra del bene contro il male. L’impressione è che la prima vittima della guerra sia la comunicazione.

E’così. Basta vedere come si parla della guerra in Ucraina. Parlano di minaccia russa all’Ucraina, come se in Ucraina non ci fosse stato un colpo di stato, come se in ciò che è accaduto non ci fosse lo zampino della Nato. E’la Nato che ha minacciato la Russia. La Nato doveva esaurirsi già oltre vent’anni fa, lo disse pure Andreotti che non era certo un filosovietico. Il fatto è che la comunicazione è distorta perché è in mano a chi le guerre ha l’interesse di farle.

Padre Alex, ricordiamo tutti le marce del social forum ad inizio del nuovo millennio per dire no alle guerre. Sembra un’altra epoca. Secondo lei il pacifismo è in crisi?

Il problema vero è che è la politica ad essere in crisi. E’ pesantemente influenzata dalle lobby militari e delle armi. Il movimento nonviolento è molto attivo, ma non gode né dell’attenzione politica né di quella mediatica. E questo ci penalizza. In realtà ci sono delle mobilitazioni significative in Italia, basti pensare alla resistenza dei cittadini contro il MUOS a Niscemi. O alla campagna contro le banche armate che sta andando bene.

Si pensava che la seconda guerra mondiale coi suoi 50 milioni di morti potesse insegnare qualcosa. E invece dopo il ’45 nel mondo ci sono stati oltre un centinaio di conflitti. Secondo lei l’uomo è incorreggibile?

Bella domanda. E pensare che la seconda guerra mondiale doveva essere quella che poneva fine a tutti i conflitti. Tuttavia io penso che l’uomo non sia incorreggibile. Il Vangelo mi ha insegnato che ogni uomo può cambiare, che la pace può vincere. E a ragion di questo penso sempre al cammino di Mandela, che dopo tutti quegli anni di carcere, dopo tutti quei soprusi, ha ricercato e ha trovato la pace in Sudafrica. Il problema non è l’uomo, ma il complesso militare e la guerra fatta sistema, oltre che le disuguaglianze. E’la disuguaglianza uno dei fattori che determina un mondo con troppi conflitti. Basti pensare che le 92 persone più ricche al mondo detengono le ricchezze dei 3 miliardi di persone più povere. Eppure quelle armi, quelle guerre servono a difendere la ricchezza dei più ricchi e lo stile di vita di chi vuole usare la parte più povera del mondo per sfruttarla.

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