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Tsipras fa il riformista con chi ha rovinato la Grecia

Sciopero dei lavoratori pubblici e scontri in piazza. La base di Syriza vota No maTsipras vota l’accordo grazie a Nea democratia e Pasok

di Checchino Antonini

 

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«La Grecia ha affrontato un colpo di Stato a Bruxelles lo scorso weekend, che aveva lo scopo di rovesciare questo governo per dimostrare che non ci può essere un governo di sinistra in Europa. I parlamentari greci decidano se far parte o no di questo golpe». È l’appello lanciato dal portavoce di Syriza in Parlamento Nikos Filis mentre l’Aula si appresta a votare le prime riforme concordate con l’Eurozona. E’ passata la mezzanotte in Grecia e non si voterà prima di un’ora e mezza dopo un ultimo intervento del premier. Il corrispondente dell’Ansa da Atene parla della «rabbia degli estremisti» che ha visto scoppiare alle 21.10. Un cronista “normale”, “perbene” deve scrivere che «la violenza» è di chi protesta. Mai di chi tradisce il mandato elettorale e la democrazia, mai di chi affama, taglia, licenzia, tartassa. Salvo quando qualcuno sfiora il suo culo di giornalista superpagato e allora strepita per bocca del suo sindacato che ha avallato la scellerata idea dell’equo compenso.

Ma torniamo ad Atene: il cronista ha visto una bomba carta esplodere in piazza Syntagma e spezzare l’equilibrio di una manifestazione fino a quel momento pacifica. Gli anarchici e i black bloc tirano anche bombe molotov. Nella piazza simbolo della democrazia greca arrivano con i caschi, le maschere antigas, le maglie nere mentre il popolo dell’Oxi fatto di giovani, impiegati, mamme, zie, adolescenti, ma anche bambini, da due ore grida e distribuisce volantini perché non vuole che Alexis Tsipras ceda al «ricatto» della Germania e dell’Eurosummit.

Dopo la prima esplosione, volano i lacrimogeni della polizia e la piazza si svuota. Cordoni di poliziotti si schierano. È il culmine di una giornata fino a quel momento di controllata tensione. In cui il premier greco, il primo leader di un governo di estrema sinistra nella storia della Ue, «lotta per rispettare l’impegno preso all’alba di lunedì scorso a Bruxelles e lancia un vero e proprio aut aut ai ribelli di Syriza: votate il piano o me ne vado».

Tsipras deve far passare in Parlamento entro la mezzanotte di oggi una ‘lenzuolata’ con le prime riforme richieste: riforma dell’Iva, indipendenza dell’ufficio di statistica, ‘Fiscal Council’ ed eliminazione delle baby pensioni. E mentre a Bruxelles si continua a lavorare per il prestito ponte che potrebbe permettere di far riaprire le banche, Tsipras può contare sull’appoggio degli ex oppositori: Nea Demokratia e Pasok che hanno governato la Grecia per 40 anni e l’hanno ridotta in queste condizioni, più i centristi di To Potami.

E’ l’unità nazionale, formula famigerata per le classi subalterne di ogni latitudine. Ma il ‘no’ interno continua a crescere. E cresce dentro Syriza, il partito di Tsipras, straborda oltre i limiti già ampi della sua piattaforma di sinistra (il 40% del partito). La rivolta la guidano il mediatico ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, che martella in rete e in tv, il ministro dell’Energia Lafazanis che parla da tre giorni di «umiliazione», la presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou che annuncia ostruzionismo. Però il rapporto nella base si inverte nei gruppi parlamentari. La prova generale dei numeri arriva con il voto, per alzata di mano, nella riunione congiunta delle quattro commissioni competenti (finanze, affari sociali, pubblica amministrazione, produzuone e commercio): larga maggioranza per il sì.

Ma La maggioranza dei membri del Comitato Centrale di Syriza respinge l’accordo! D’altra parte lo stesso Tsipras ha dichiarato nella sua intervista alla televisione pubblica ieri che l’accordo era cattivo, che lui «non ci credeva», ma in fondo che non c’era altra soluzione. «Ha anche detto che non aveva intenzione di saltare fuori dalla barca», scrive Stathis Kouvelakis nel pomeriggio.

Lo sciopero dei lavoratori pubblici di Adedy «è il primo test sul fronte sociale. La partecipazione allo sciopero sembra piuttosto bassa, ma il vero picco è il concentramento di questa sera di fronte al Parlamento, quando la votazione avverrà». Un’ondata impressionante di dichiarazioni sono emesse da sezioni locali e regionali di Syriza che respingono l’accordo e chiamano la leadership a ritirarlo anche all’ultimo momento. «Queste dichiarazioni sono state votate da schiaccianti maggioranze e di solito quasi all’unanimità – spiega Kouvelakis – un testo che respinge l’accordo è già stato firmato da una maggioranza assoluta dei membri Comitato centrale. Nell’ultima riunione della segreteria politica del partito solo una piccola minoranza era a favore dell’accordo e per sostenere il governo. Euclid Tsakalotos che ha relazionato sull’accordo ha detto che non era politicamente sostenibile. Il segretario del partito, Tassos Koronakis, sostenuto da altri, ha chiesto al governo di dimettersi e la costituzione di un governo “di scopo” di transizione verso elezioni anticipate nel mese di novembre, in coincidenza delle elezioni in Spagna. La Piattaforma Sinistra in disaccordo con questa proposta ha spiegato che questo significherebbe che i parlamentari di Syriza condonerebbero per mesi un gabinetto tecnocratico per l’applicazione dell’austerità e ha chiesto al governo di ritirare immediatamente l’accordo». Panagiotis Lafazanis ha categoricamente respinto l’accordo, ha spiegato che il Grexit era l’unica soluzione e che il governo dovrebbe prepararlo. La Piattaforma di Sinistra terrà un incontro pubblico lunedi prossimo ad Atene per presentare la sua proposta alternativa ed ha chiesto il Grexit. Il settore sindacale del partito, controllato in modo schiacciante dalla Piattaforma di Sinistra, sta giocando un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle proteste contro l’accordo.

Così il governo continua a perdere pezzi: si dimette quella che era la vice ministro di Varoufakis, Nantia Valavani. Se nel partito Tsipras va sotto, in aula i numeri embrano ancora dargli ragione. E la Konstatopoulou fa partire l’ostruzionsimo. Tsipras avrebbe voluto far cominciare la plenaria nel primo pomeriggio, al più tardi per le 19. Prima insomma che si radunasse la manifestazione finale di una giornata punteggiata da cortei, dalla serrata delle farmacie e dallo sciopero dei dipendenti pubblici (quelli più colpiti, ma il nostro ineffabile cronista dell’Ansa li definisce «quelli che fino al 2010 arrivavano a prendere 2mila euro al mese per un posto da donna delle pulizie al ministero delle Finanze». Che scandalo guadagnare lavorando anziché servendo un padrone). Invece ritardo dopo ritardo si arriva alle 21 e la clessidra continua a svuotarsi, come la piazza sventrata dalla violenza degli “estremisti”. La polizia, riporta con un certo rammarico il noto cronista, ha l’ordine di non essere brutale. Tsipras ieri sera in televisione lo aveva detto ai greci: ho fatto il meglio possibile. Stasera lo ripete ai suoi deputati, nell’ultimo confronto. «Ho esaurito tutte le capacità negoziali». Se sapete fare di meglio, provateci voi: il messaggio è diretto anche a Varoufakis, che lo ha accusato di aver ceduto. Poi l’ultimo rilancio: «O stasera siamo uniti, o domani cade il governo di sinistra». Ma forse è già caduto grazie alla deriva governista e “realista” del premier greco.

Ecco la dichiarazione votata dalla maggioranza (109 su 201) di Syriza: Il 12 luglio, un colpo di stato ha avuto luogo a Bruxelles, che ha dimostrato che l’obiettivo dei leader europei era quello di infliggere una punizione esemplare a un popolo che aveva immaginato un altro percorso, diverso dal modello neoliberista di estrema austerità. Si tratta di un colpo di stato diretto contro qualsiasi nozione di democrazia e di sovranità popolare.

L’accordo siglato con le Istituzioni è stato il risultato di minacce di immediato strangolamento economico e rappresenta un nuovo Memorandum che impone condizioni odiose e umilianti di tutela che sono distruttive per il nostro paese e la nostra gente.

Siamo consapevoli delle pressioni asfissianti che sono state esercitate sulla parte greca, riteniamo tuttavia che il NO orgoglioso dei lavoratori e delle lavoratrici al referendum non consente al governo di arrendersi di fronte alle pressioni dei creditori.

Questo accordo non è compatibile con le idee ed i principi della sinistra, ma, sopra ogni altra cosa, non è compatibile con i bisogni della classe lavoratrice. Questa proposta non può essere accettata dai membri e dai dirigenti di Syriza.

Chiediamo che il Comitato centrale sia convocato immediatamente e chiediamo ai membri, ai dirigenti e ai parlamentari di Syriza di preservare l’unità del partito sulla base delle nostre decisioni congressuali e dei nostri impegni programmatici.

 

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