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Finlandia, il “malato d’Europa”

Dal 2008 il paese è stato duramente colpito dalla crisi finanziaria globale. Il tracollo della Nokia ha aggravato la situazione e oggi la Finlandia si trova in una spirale recessiva che si alimenta con l’austerità

di Giampaolo Martinotti

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Secondo la Banca di Finlandia la situazione è grave. Il paese nordico, che vanta uno dei migliori sistemi di welfare al mondo, da tre anni ormai è in balia di una prepotente recessione alla quale il governo di Juha Sipilä, eletto in aprile per il Partito di Centro (Suomen Keskusta), pensa di rispondere implementando ulteriormente le fallimentari politiche di austerità che hanno già duramente danneggiato il tessuto socio-economico europeo.

 

Non è la prima volta che la Finlandia si trova ad affrontare una situazione difficile. Nel 1991 la crisi del settore finanziario aveva colpito in maniera perentoria il paese con il tasso di disoccupazione che passava dal 3 al 18%, il debito pubblico schizzato dal 12 al 60% e un costo pubblico di “salvataggio” equvalente al 6% del Pil nazionale. In quel caso l’intervento dello Stato, che si trovava ad agire però all’interno di una contingenza economica e monetaria differente, fu risolutivo anche se non indolore. Allora una delle medicine più funzionali a curare quello che l’odierno ministro delle Finanze Alexander Stubb, segretario del Partito di Coalizione Nazionale (Kansallinen Kokoomus), definisce il “malato d’Europa” fu rappresentata dalla massiccia svalutazione della moneta finlandese, il markka. Mentre la sospensione repentina di alcune decisioni in linea con le politiche di austerità che ben conosciamo delineò l’avvio di un processo di ripresa che ebbe risultati positivi in tempi più rapidi del previsto.

 

Contro l'austerità a Helsinki
Contro l’austerità a Helsinki

Il premier Sipilä ha evidentemente a sua disposizione strumenti diversi per affrontare la crisi attuale, ma la sensazione è che il suo esecutivo sia orientato verso la strada sbagliata. Il crollo della Nokia in questi anni è stato pesantissimo, contribuendo alla perdita di migliaia di posti di lavoro e dell’1.5% del Pil al quale contribuiva. L’ultima fabbrica è stata chiusa nel 2012, prima dell’acquisizione di una parte consistente della storica società finlandese da parte della Microsoft, che oggi prevede il taglio di 1/3 dei dipendenti rimasti. Le sanzioni europee alla Russia, prima rotta commerciale per le esportazioni finlandesi, e il declino dell’industria cartaria completano il quadro economico nel quale il governo vorrebbe introdurre un pacchetto di misure d’austerità che andrebbero inevitabilmente a colpire in primis i lavoratori.

Ma l’ossessione della coalizione di centro-destra, formata dal Kesk, dal Kok e dai nazionalisti “Veri Finlandesi” (Perussuomalaiset), per le famigerate “riforme strutturali” non è una buona notizia per tutti i finlandesi, in particolare per le fasce più deboli della popolazione. Dopo la controversa riforma della sanità, che prevede il taglio dei contributi al sistema sanitario nazionale, sono state annunciate “misure indispensabili” per diminuire il costo del lavoro recuperando una certa competitività a livello internazionale: riduzione delle ferie, delle retribuzioni degli straordinari e dell’indennità di malattia, andando in seguito a “moderare” gli standard salariali. Per promuovere la crescita economica invece viene considerata importante la riduzione della spesa pubblica nell’ottica di rispettare il pareggio di bilancio. La previsione vuole un taglio graduale di 10 miliardi di euro, 4 dei quali entro il 2020. Nel frattempo la confindustria finlandese avverte i cittadini che per salvare lo stato sociale (peraltro nei prossimi anni i vari assegni sociali potrebbero essere sostituiti da un unico reddito di base) e creare più posti di lavoro ci sarà bisogno di unità e di sacrifici.

Manifestazione a Helsinki

La risposta dei lavoratori, e non solo, si è materializzata nel vasto sciopero di metà settembre che ha bloccato i voli nazionali, i porti, le cartiere ed i trasporti pubblici. Nel contempo, 30mila persone protestavano contro il governo e l’austerità per le strade di Helsinki al grido di “Nyt Saa Riittää!” (Adesso basta!), nella più grande manifestazione organizzata dal 1991. Le dichiarazioni del governo e la prospettiva di ritrovarsi con meno diritti e più disuguaglianze, sul modello dei Pigs che proprio la severa Finlandia ha contribuito a spingere verso il baratro dell’austerità, hanno rianimato una voglia di lottare che pareva ormai dimenticata.

Il clamoroso 17,7% dei Veri Finlandesi alla ultime elezioni, come la recente affermazione del Front National in Francia, è indicativo della crisi che la Finlandia sta attraversando. All’interno di un contesto economico recessivo l’espansione dell’estrema destra può essere collegata alla lenta erosione del welfare. Anche in un paese a forte protezione sociale il peggioramento dei servizi, e la diminuzione dei salari, hanno creato situazioni di emarginazione che con l’applicazione delle prossime misure d’austerità potrebbero aggravarsi facendo aumentare notevolmente anche l’euroscetticismo, mettendo l’instabile governo Sipilä in una posizione molto difficile. E a quel punto i contraccolpi per l’intera Eurozona potrebbero essere davvero imprevedibili.

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