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Sette anni in Tibet? No, ma due di Renzi…

Due anni di governo Renzi e il violento attacco al mondo del lavoro, ai diritti, ai beni comuni, all’ambiente e alla vita delle persone. Le slide di Giulio Marcon sbugiardano il governo e testimoniano la crisi

di Giampaolo Martinotti

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Il biennio renziano non passerà certo inosservato. L’inconsistenza del governo e la violenza delle politiche di austerità che continua ad implementare, unite alla vena mistificatoria di un premier “democraticamente non eletto”, hanno spinto il paese verso un baratro dal quale sarà difficile rialzarsi in fretta.

 

Una spirale negativa a tutti gli effetti, un vero e proprio disastro fatto di occupazione precaria e disoccupazione a tempo indeterminato, aziende che chiudono i battenti, territori e beni comuni alla mercé delle multinazionali, patrimonio pubblico svenduto al peggior offerente. Tagli indiscriminati alla sanità, all’educazione, ai servizi pubblici e agli enti locali, aumento della pressione fiscale e del debito pubblico. Diminuzione degli investimenti pubblici con persone abbandonate e banche salvate. Colate di cemento armato che, forse, vorrebbero ricoprire lo stato sociale smantellato e le tracce dei diritti calpestati.

 

Lavoratrici e lavoratori, precari, travolti dal Jobs Act, con i suoi 13 miliardi di sgravi alle imprese in cambio di una bolla occupazionale, l’abolizione dell’odiato articolo 18, manovalanze intercambiabili e licenziabili a piacimento, contratti privi di tutele reali, sindacati schiacciati e non stuprati, perché consenzienti; un fallimento che racchiude una sola nota positiva, quella di aver finalmente ridato un minimo di visibilità all’onestà e alla caparbietà delle minoranze sindacali combattive. Lo Sblocca Italia e il suo sistematico attacco all’ambiente e alla salute pubblica fatto di asfalto, cemento, concessioni ad personam, trivelle, inceneritori, autorizzazioni edilizie su aree vincolate, “semplificazioni” concorsuali che riducono i livelli di trasparenza, “misure urgenti” che trasformano la deroga in regola. Il patto di Stabilità e il Fiscal Compact, locuzioni moderne per descrivere l’impatto “lacrime e sangue” che si abbatte sui cittadini, sulle amministrazioni comunali e sulle comunità locali, dove regole evincoli di bilancio non garantiscono il rispetto dei diritti fondamentali, mentre da un’altra parte la tassa su yacht e imbarcazioni di lusso viene silenziosamente abolita. La Buona Scuola, che relega la scuola pubblica, come la sanità del resto, a mera occasione di profitto per il capitale privato, con professori in balia delle oligarchie dirigenziali e studenti che assistono allo sviluppo di una scuola pubblica classista, dinamica favorita da un ddl che viola l’articolo 33 della stessa Costituzione che il governo punta a riformare. L’Italicum,una legge elettorale che può trasformare la minoranza in maggioranza e che,con le sue innumerevoli perversioni, rappresenta l’ennesimo sfregio per una democrazia già a brandelli. E tanto, troppo altro ancora.

 

Non bastano il controllo mediatico, le mistificazioni o la demagogia, come i famigerati 80 euro, sterile specchietto per elettori travestiti da allodole, per offuscare la triste ma giovane eredità dei due anni di governo Renzi. Il clientelismo delle nomine “creative”, la pericolosa connivenza con la finanza speculativa, l’imposizione a vari livelli di autorità tecniche e poliziesche che usano il manganello per legittimare il proprio potere. L’impiego della “forza pubblica” per dirimere barbaramente le questioni relative al diritto all’abitare. La criminalizzazione dei movimenti di lotta, come il No Tav al nord o il No Mous al sud. La mercificazione della vita in ogni suo aspetto, basti pensare all’articlo 8 della legge delega sul lavoro autonomo approvata a fine gennaio. L’aggressione agli spazi sociali, di assistenza e di mutuo soccorso, che sempre più spesso suppliscono alle mancanze dello Stato fornendo, senza scopo di lucro, servizi indispensabili a famiglie, cittadini e ai migranti, vittime sacrificali dell’immobilismo del governo per quanto riguarda le condizioni scabrose dei vari centri di identificazione e di detenzione.

 

Ma i pesanti tagli alla spesa pubblica, ai danni dei cittadini e dei servizi pubblici, non hanno impedito al segretario PD di sperperare più di 700 milioni di euro in cacciabombardieri F35. Matteo Renzi, che si vanta pubblicamente di non aver mai letto Marx ma ama citareBorges mentre recita i versi di un altro, sembra avere una celata propensione per la guerra, e dopo le prossime avventure dei soldati italiani in Iraq presto il paese potrebbe ritrovarsi catapultato verso l’ennesima campagna militare in territorio libico.

 

Renzi ha il grande pregio di essere stato l’ultimo interprete di una metamorfosi politica perdurata per troppi anni, da Lamberto Dini a Massimo d’Alema, da Giuliano Amato al sostegno del governo Monti, passando naturalmente per l’onnipresente Romano Prodi. Le sciagurate politiche neoliberiste avallate e implementate dal Partito Democratico in questi due anni seguono la direzione indicata dal berlusconismo e dal centrosinistra, e le preziose slide di Marcon ci aiutano a capire rapidamente quali siano alcuni degli effetti odierni di un certo tipo di scelte. Verrebbe da chiedersi come sia stato possibile cacciarsi in un guaio di proporzioni tali o forse, prendendo in prestito il genio di Vauro, ci sarebbe davvero da brindare. Perché, in fondo, siamo a “due anni di Renzi in meno”.

 

 

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