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Primo marzo migrante e le violente cariche di Calais

Cortei migranti in tutta Europa. Nella “jungle” di Calais prosegue lo smantellamento dopo gli scontri di lunedì. Cariche della polizia al confine greco-macedone

di Giampaolo Martinotti

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Primo marzo migrante

Lanciato per la prima volta nel 2010, lo slogan “24h senza di noi” ha guidato ieri le importanti manifestazioni che si sono svolte in tante città italiane ed europee. L’appuntamento voleva essere “una grande mobilitazione di uomini e donne, associazioni e migranti, per un necessario cambiamento delle politiche migratorie e di accoglienza, nel rispetto del lavoro e dei diritti di tutte e tutti”. In Italia le città protagoniste di questa giornata di lotta e solidarietà sono state Milano, Napoli, Foggia, Bologna e Roma. Nella capitale erano in programma più appuntamenti, dal presidio mattutino a sostegno degli operatori sociali, che denunciano condizioni di lavoro spesso umilianti, al numeroso corteo promosso da Action e partito da Santa Croce in Gerusalemme per raggiungere il presidio antirazzista di piazza Vittorio, cuore pulsante di un quartiere simbolo della multiculturalità romana.

Le istanze principali chiedevano a gran voce una Europa senza confini e libera da ogni sfruttamento, con l’abrogazione del trattato di Dublino e il ripristino della libera circolazione delle persone tra stati membri, l’istituzione di corridoi umanitari sicuri, reddito di base e salario minimo e, sempre a livello europeo, un permesso di soggiorno slegato dal contratto di lavoro o dal reddito. E ancora, per quanto riguarda la situazione italiana in particolare, la cancellazione delle prassi amministrative discriminatorie, l’abolizione della legge Bossi-Fini e del reato di immigrazione clandestina, la chiusura e lo smantellamento dei CIE e del “sistema hotspot”, denunciando l’inefficacia dell’inchiesta Mafia Capitale fino a questo momento.

Cittadini europei e migranti ancora una volta in piazza fianco a fianco per denunciare le due facce sporche dell’Europa “fortezza” che, da una parte, implementa sciagurate politiche di austerità funzionali alla precarizzazione del lavoro e alla crescita della povertà e delle disuguaglianze e, dall’altra, innalza ogni tipo di barriera, chiudendo le frontiere e negando l’accoglienza a migliaia di esseri umani in fuga da conflitti e miseria, alimentando xenofobia e razzismo e contribuendo così al costante aumento delle innumerevoli morti alle quali assistiamo praticamente ogni giorno (da settembre 2015 sono annegati oltre 300 bambini sotto i 5 anni).

Demolizioni nella “giungla” di Calais

In questo tragico contesto, lunedì mattina le ruspe sono entrate in azione nella parte sud dell’accampamento di Calais, dove sopravvivono in condizioni drammatiche più di 3000 profughi. Le operazioni, interrotte durante la sera grazie alla resistenza degli abitanti che rifiutavano di essere dislocati verso non meglio specificati rifugi d’emergenza in diverse zone della Francia, sono proseguite nella giornata di ieri. Sempre lunedì il CRS, la polizia antisommossa, non aveva esitato nel caricare con manganelli e lacrimogeni per impedire la protesta, inondando il campo di gas lacrimogeni, arrestando e ferendo diverse persone. Alcuni incendi sono così divampati nella baraccopoli e durante la notte centinaia di persone si sono ritrovate totalmente disorientate e spaventate per la perdita dell’unico luogo di rifugio “offertogli” dall’Europa, una minuscola tenda o una baracca nell’inferno degli abusi di Calais.

Gli sgomberi e le demolizioni stanno continuando, mentre chi ha visto la propria “casa” andare in pezzi si è lentamente spostato in direzione dell’altra parte del campo, quella che per il momento è rimasta fuori dalla repressione delle prefettura. La decisione di distruggere la “giungla”, presa da un governo che non è intenzionato a fornire risposte solidali e alternative durature, è stata naturalmente accolta con grande entusiasmo dalla destra e dai fascisti del Front National. È chiaro come questo tipo di dinamiche securitarie, con il vergognoso e a tratti grottesco impiego della forza ai danni di persone inermi e disperate, fanno parte di un più ampio attacco diretto ormai da tempo a tutti coloro che si battono per la parità dei diritti e per una società libera dalle discriminazioni e dallo sfruttamento.

Violenze e respingimenti tra Grecia e Macedonia

Nel frattempo, continua l’odissea di migliaia di donne, uomini e bambini abbandonati nella “terra di nessuno” al confine greco-macedone. Due giorni fa a Idomeni, esasperati e stremati dalle condizioni inumane alle quali sono costretti, centinaia di rifugiati siriani e iracheni hanno sfondato un cancello nel tentativo di forzare i blocchi della polizia macedone venendo duramente respinti. Una pioggia di lacrimogeni e scene di panico, più di trenta feriti, tra cui molte donne e bambini, sono le immagini che testimoniano l’accoglienza e la solidarietà europea. In questo momento la situazione è esplosiva e le condizioni delle migliaia di migranti ammassati alla frontiera sono assolutamente critiche.

Oggi la Commissione europea dovrebbe stanziare 700 milioni di euro ma la proposta di aiuti dovrà essere prima vagliata dal Consiglio d’Europa. Intanto, lunedì prossimo i leader dell’Unione incontreranno a Bruxelles il premier turco Ahmet Davutoglu per convincere la Turchia ad arrestare i flussi migratori. Così, mentre la Grecia è sempre più sola, l’Europa affida il suo futuro nella mani di un regime che porta avanti una sanguinosa guerra al popolo curdo, uccide i civili e viola costantemente i diritti umani nella maniera più brutale.

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