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Cassazione: inaccettabile l’inerzia di chi doveva curare Cucchi

Caso Cucchi. Depositate le motivazioni della Cassazione che rinvia a giudizio i cinque medici del Pertini e bacchetta la corte d’appello per la mancata perizia

di Checchino Antonini

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Sì alla nuova perizia, fu «illogico» non farla a suo tempo, e assoluzioni annullate per i cinque tra medici e infermieri imputati per la morte di Stefano Cucchi. E’ quanto si legge nelle motivazioni della Cassazione, appena depositate. Motivazioni che Fabio Anselmo, legale dei Cucchi, considera «molto equilibrate: mentre bacchettano altri, si dà atto che le motivazioni dei nostri ricorsi non sono manifestamente infondate. Infatti, anche se abbiamo rinunciato, per sopravvenuti motivi, la Consulta non condanna la famiglia Cucchi al pagamento delle ammende previste per chi rinuncia».«Sono soddisfatta dalle motivazioni della Cassazione – dice anche Ilaria Cucchi – soprattutto apprezzo il passaggio in cui si dice in sostanza che la Corte di secondo grado non avrebbe dovuto lavarsene le mani, avrebbe dovuto, invece, disporre la nuova perizia».Anselmo si riferisce agli «elementi di dirompente novità», come li definisce la procura che, finalmente, hanno condotto all’apertura di un’indagine contro cinque carabinieri per le violentissime percosse e le strategie di depistaggio messo in atto la notte stessa dell’arresto. Tutto ciò grazie a due testimonianze e a un corposo fascicolo di intercettazioni compilato dalla polizia giudiziaria.

Dunque si profilano due processi distinti per la morte di Cucchi, avvenuta nell’ottobre del 2009. Uno con i carabinieri sul banco degli accusati, l’altro per i sanitari.

I medici dell’ospedale Pertini – tornando alle motivazioni – avevano una «posizione di garanzia» a tutela della salute di Stefano Cucchi e il loro primo dovere era diagnosticare «con precisione» la sua patologia anche in presenza di una «situazione complessa che non può giustificare l’inerzia del sanitario o il suo errore diagnostico», scrive la Cassazione nelle motivazioni in base alle quali sono state annullate le assoluzioni dei cinque camici bianchi che avrebbero dovuto curare Cucchi morto nel 2009 dopo una settimana di ricovero.

Nel processo bis ai cinque medici rinviati a giudizio dalla Cassazione con l’accusa di omicidio colposo nei confronti di Cucchi ricoverato nel reparto per detenuti, oltre alle cause della morte, dovrà essere accertata – sottolinea il verdetto – «la concreata organizzazione della struttura, con particolare riguardo ai ruoli, alle sfere di competenza e ai poteri-doveri dei medici coinvolti nella vicenda». «Senza dimenticare – prosegue la sentenza 9831 – che il medico che, all’interno di una struttura di tal genere, riveste funzioni apicali è titolare di un pregnante obbligo di garanzia ed è, pertanto, tenuto a garantire la correttezza delle diagnosi effettuate e delle terapie praticate ai pazienti».

Il processo si riaprirà per il primario Aldo Fierro, per Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo. Secondo il verdetto, gli stati patologici di Cucchi, preesistenti e concomitanti con il politraumatismo per il quale fu ricoverato, avrebbero dovuto imporre «maggiore attenzione ed approfondimento», con ricorso alla «diagnosi differenziale».

Inoltre, è di «manifesta illogicità» la decisione con la quale la Corte di assise di Appello di Roma «ha escluso di procedere ad un nuovo accertamento peritale» sostenendo che «non residuano aspetti delle condizioni fisiche di Cucchi che non siano stati già esplorati e valutati dagli esperti nominati». Così sottolinea la Cassazione rilevando che un nuovo accertamento «per l’imponente mole del materiale probatorio acquisito agli atti» si sarebbe potuto svolgere sugli atti stessi, «giovandosi anche dei contributi forniti dai diversi esperti» e non può essere impedito dalla solo «affermata» – dai giudici dell’ appello – «impossibilità di effettuare riscontri sulla salma di Cucchi». Sulle cause della morte di Cucchi, scrive la Cassazione condividendo le parole usate nella sua requisitoria dal Pg Nello Rossi, non può esserci «una sorta di ‘resa cognitiva’».

Ilaria Cucchi, Lucia Uva, Domenica Ferrulli, i legali Fabio Anselmo e Fabio Ambrosetti,  i familiari di altre persone morte dopo essere entrate in contatto con le forze dell’ordine parteciperanno, il prossimo 15 marzo, a un’audizione a Bruxelles, promossa da Eleonora Forenza, europarlamentare dell’Altra Europa e dall’Associazione contro gli abusi in divisa (Acad). 

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