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Grecia. Si profila un’ampia crisi sociale e politica

A pochi mesi dalle elezioni di settembre, il “trionfatore” Tsipras chiede aiuto agli sconfitti. La credibilità e la configurazione del governo si degradano ad un ritmo accelerato

da Atene, Antonis Ntavanellos

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Il “Consiglio dei Capi Politici” è stato convocato venerdi 4 marzo 2016 da Alexis Tsipras, capo di un governo greco determinato ad applicare tutte le esigenze “austericide” delle istituzioni internazionali (Troika) e del grande capitale greco. Ma esso potrebbe trovarsi ad affrontare una crisi interna dell’esecutivo a fine marzo 2016, in occasione della presentazione di un “pacchetto” di leggi: sulla sicurezza sociale, la legge sul lavoro, le imposte ecc.

Tale Consiglio riunisce i dirigenti dei partiti parlamentari. Si tiene sotto la presidenza di Prokopis Pavlopoulos, membro di Nuova Democrazia (ND). Il 18 febbraio 2015, quest’ultimo fu eletto Presidente della Repubblica Ellenica. Una sola voce, quella di Joanna Gaїtani – allora deputata di SYRIZA e membro di DEA – si è opposta alla sua nomina. Questa posizione è stata avvalorata dall’evoluzione della direzione di SYRIZA e del suo apparato governativo.

Il Consiglio dei capi politici è convocato di solito su temi particolarmente importanti. Ufficialmente l’agenda riguardava la crisi dei/lle rifugiati/e. In realtà tutti sanno che l’oggetto della discussione era l’organizzazione del consenso. Sono numerose le previsioni secondo cui si farà un allargamento della base parlamentare del governo SYRIZA-ANEL (Greci indipendenti), allargamento che potrebbe arrivare a prendere la forma di governo di Unità nazionale (con la partecipazione di ND), se si rafforza il pericolo di una perdita generale del controllo della situazione politica.

Qualche mese dopo le elezioni del 20 settembre 2015, Tsipras, allora “trionfatore”, si rivolge agli sconfitti per chiedere loro aiuto. Confessa così la sua difficoltà di gestire una crisi sociale e politica profonda.

La credibilità e la configurazione del governo si degradano ad un ritmo accelerato. Tsipras deve fare fronte ad un doppio problema: da una parte, si trova davanti alle difficoltà di applicazione del Memorandum 3 e dall’altra, si misura con la crisi delle/i rifugiate/i, tanto sul piano delle relazioni con la NATO, la Turchia e l’esercito, quanto all’incapacità di rispondervi in modo ancorché minimo. Tranne che con progetti di organizzazione di autentici campi, circondati e sorvegliati dall’esercito e da altre forze, campi lontani dai centri urbani… In effetti, il turismo farà la sua apparizione a maggio!

Senza le molteplici azioni di solidarietà della popolazione, che si sostituisce largamente ad istituzioni trasparenti, i/le rifugiati/e vivrebbero una situazione ancora più terribile. Questa solidarietà concreta ostacola l’uso della “crisi dei diritti dei rifugiati” da parte dei neonazisti di Alba dorata, la cui presenza si manifesta solo nel nord del paese, dove confluiscono la “questione macedone” (cioè una spinta nazionalista) e quella dei tanti rifugiati/e trattati/e dal governo come dei derelitti uomini, donne e bambini che si trascinano nel fango.

Il primo test che Tsipras doveva affrontare, dopo la mutazione di Syriza e la firma del vergognoso accordo del 13 luglio 2015 con i creditori e gli “euro-führer” (in analogia all’appellativo tedesco comune diWirtschaftsführer), era l’obbligo di applicare una contro riforma selvaggia del sistema di sicurezza sociale. Le idee principali di riforma, avanzate dal ministro del Lavoro Georgios Katrougalos, avrebbero come risultato la disintegrazione definitiva del sistema pubblico di sicurezza sociale e, a partire da quel momento, la promozione dell’entrata delle imprese private nel settore delle pensioni e delle cure sanitarie.

Queste “idee” hanno provocato grandi manifestazioni degli agricoltori e degli scienziati indipendenti (“professioni liberali”), che sarebbero evidentemente le prime vittime della contro-riforma. Il governo ha cercato, ansiosamente, di evitare le mobilitazioni operaie – dopo il successo dello sciopero generale del 4 febbraio 2016 – promettendo che le pensioni dei salariati non saranno toccate. Tutti sanno che questa promessa è falsa e bugiarda.

Per il momento, siamo in una situazione di “intervallo” delle mobilitazioni. Le direzioni costituite degli agricoltori e delle “professioni liberali” hanno infine fatto marcia indietro, dopo le promesse di Tsipras di organizzare un “dialogo”.

A questo proposito, la posizione del KKE (PC) ha svolto un ruolo importante: nei sindacati dei lavoratori, quest’ultimo votava in favore dello sciopero generale ma… più tardi lo rinviava. Dava al governo il tempo necessario per organizzare le sue manovre per preparare la scadenza di fine marzo. Il ruolo del KKE è stato peggiore per quanto riguarda gli agricoltori. Ha accettato di partecipare al “dialogo” con Tsipras, poi ha proposto di fermare le mobilitazioni promettendo di riprenderle … più tardi. Una volta di più é dimostrato che il nostro giudizio sul ruolo di ogni forza di sinistra deve essere fondato sulla verifica delle sue azioni e non sulle sue dichiarazioni.

Malgrado ciò, tutti sanno che l’”intervallo” di caduta delle lotte sarà breve. Il governo deve presentare la legge sulla Sicurezza sociale a fine marzo o inizio aprile 2016, al più tardi. E allora dovrà affrontare, di nuovo, una mobilitazione generale.

Il peggio per Tsipras è che i creditori, nell’intensificarsi della crisi, chiedono sempre di più. La Troika esige riduzioni generali delle pensioni (le qualifica “troppo generose”), mentre il FMI dichiara che la condizione per continuare la sua partecipazione al “programma di aiuti” greco necessita l’adozione di misure addizionali di “rigore” che equivalgono a 7,5-9 miliardi di euro, comprese diminuzioni del miserabile salario minimo! E’ molto difficile per il governo SYRIZA – malgrado tutte le contraddizioni tra la sua retorica e la sua politica reale – di farsi carico di una tale politica.

Oggi in Grecia siamo testimoni di una verità che la sinistra anticapitalista conosce bene o dovrebbe conoscere bene: un governo che batte in ritirata sulle questioni di economia, un governo che tende a destra in termini di orientamento di classe, è un governo che arretra su tutti i fronti.

La politica del governo Tsipras sulla crisi delle/i rifugiate/i è una politica che arretra di fronte al razzismo: i/le rifugiati/e continuano ad annegare nel mar Egeo. Quelli e quelle che hanno raggiunto il paese sono “ospitati” in condizioni miserabili, che peggiorano dopo la decisione dei paesi dei Balcani di chiudere le frontiere, di chiudere il “corridoio balcanico” verso la UE.

In queste condizioni Tsipras ha invitato la NATO a far assumere alla flotta militare il compito di “respingere” (push back) i/le rufugiati/e verso la Turchia, dove 3 milioni di essi sono ammassati. La presenza dell’esercito della NATO nell’Egeo complica la questione della crisi delle/i rifugiate/i, data la guerra in Siria. Infatti, c’è già una forza navale russa nel sud-est del Mediterraneo. Si aggiunge, così, il fattore importante dell’antagonismo tra Turchia e Grecia per il “dominio” di questa regione piena di isole ( e di risorse di gas e petrolio). Oggi l’antirazzismo è strettamente legato alla lotta anti-imperialista e contro la guerra.

Il governo Tsipras non può gestire realmente l’insieme di questi problemi. Così si apre di nuovo una crisi politica profonda. Una crisi che può portare ad un governo di unità nazionale o ad uno scenario incontrollabile di nuove elezioni obbligatorie.

Unità Popolare cerca di reagire in queste condizioni. UP è stata battuta alle elezioni del 20 settembre 2015 (non ha raggiunto il 3% per entrare in parlamento, con il suo 2,82%). Ma ha radunato un gran numero di militanti, raggruppati in organizzazioni locali in tutto il paese. Forze militanti che dispongono di esperienza nell’organizzazione delle lotte. E’ una realtà che nessuno può negare.

DEA (Sinistra operaia internazionalista) milita nelle fila di UP. In vista della Conferenza di fondazione di UP (probabilmente a maggio 2016), noi conduciamo apertamente una battaglia di idee per una politica della sinistra anticapitalista realmente radicale, ma anche per la costituzione e il funzionamento democratico di UP e il suo allargamento.

Attualmente Red Network (insieme a DEA) organizza dibattiti ovunque nel paese. Noi partecipiamo sostenendo la necessità di unire tutta la sinistra anticapitalista radicale intorno a UP: da ANTARSYA ai gruppi radicali che hanno lasciato SYRIZA, ma non si sono integrati in UP. Discutiamo un programma di transizione necessario per affrontare la UE e la necessità di tracciare, a partire dalle lotte presenti, una prospettiva socialista, di sinistra radicale (che va alla radice dei bisogni sociali della maggioranza popolare) di cui abbiamo bisogno oggi.

Ma siamo coscienti che non abbiamo il lusso del tempo: gli avvenimenti in Grecia vanno molto probabilmente di nuovo nella direzione di una grande crisi sociale e politica.

Pubblicato da A l’encontre, 11 marzo 2016

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