Al Macro di Roma una mappa letteraria e di vita per l’inventore di Corto Maltese
di Maurizio Zuccari
«Quando ho voglia di rilassarmi leggo un saggio di Engels, se desidero impegnarmi leggo Corto Maltese». Così raccontava la buonanima di Umberto Eco, a riprova di quanto fosse letterario l’approccio all’arte di Hugo Pratt (Rimini 1927 – Losanna 1995). Un mondo dove vita, tratto e viaggi si mescolano creando quei capolavori della narrativa a fumetti che possono a buon diritto essere annoverati tra i massimi esempi della nona arte. Basta sfogliare uno dei tanti racconti dell’inventore di Corto Maltese per capire quanto l’affermazione di Eco non fosse una fisima da professoroni. Storie di dotta e multiforme versatilità, mutuate dalle precoci letture instillate a Hugo Eugenio dal padre Rolando, milite nella Pai, la Polizia dell’Africa italiana e morto nel pieno della seconda guerra in un campo di concentramento francese. Anche per questo, forse, oltre che per innato spirito d’avventura, il figlio sentì il bisogno di compiere uno dei gesti più oscuri della sua esistenza. Arruolarsi giovanissimo in quel coacervo di macellai che fu la X Mas, nella repubblica di Salò agli sgoccioli. L’altro fu l’adesione alla massoneria, mai svelata neppure agli intimi.
Dal padre Rolando, Hugo figlio mutuò qualcosa che lui stesso narra magnificamente, in una delle pagine più toccanti della sua biografia. Un libro di Stevenson che fornisce al genitore, in procinto d’essere internato nel campo dove sarebbe morto, l’occasione per spingerlo a cercare la sua isola e il suo personale tesoro, qualesia. Un’isola del tesoro che Pratt scoverà dentro di sé, dando all’immaginazione e al sogno una veste grafica capace di fare tendenza influenzando generazioni di artisti, a partire dall’allievo Milo Manara. Da Stevenson a Kipling, da Rimbaud a Saint Exupéry, molto si macinava nella mente di Pratt e tralignava nei suoi racconti dove la realtà cammina gomito a gomito con la fantasia e l’irreale offre il destro al reale. Soprattutto nella fase esoterica e finale del maestro, alla ricerca della sua personale Mu.
Un saggio dei multiformi interessi culturali dell’inventore di Corto Maltese è esposto in Hugo Pratt, incontri e passaggi, ideata e curata dal Museo Hergé di Bruxelles con Patrizia Zanotti, al Macro di Roma dopo Bruxelles e Angoulême. In mostra le influenze letterarie che hanno accompagnato l’evoluzione grafica e narrativa del nostro. Un percorso d’immagini e parole in 120 pezzi tra opere originali, bozzetti, tavole, acquerelli, copertine dagli anni argentini agli ultimi disegni di Corto, la Pandora tra le sue tante donne, un veliero sperso nel verde del Pacifico, quasi alla deriva dell’esistenza. Né manca il trentesimo albo di Corto – Sotto il sole di mezzanotte, Rizzoli-Lizard – nella nuova stagione inaugurata lo scorso ottobre dal segno di Rubén Pellejero. Autore del tutto simile, nel tratto e nello spirito, al maestro Pratt, suo erede nel segno grafico e nelle nuove avventure a cui la stagione espositiva inaugurata dalla mostra approdata a Roma, a cura di Cong Sa in collaborazione con Comicon e Arf! Festival, offre il destro per il lancio.
Orpelli da marketing a parte, la mostra al via alla Pelanda è una mappa ideale per un viaggio nella trama d’incontri immaginari e reali che hanno influenzato il padre della letteratura disegnata. E l’occasione per rileggere la vita e l’opera del “maltese” come un grande romanzo, un inno alla vita pur camminando con la morte a braccetto nei suoi racconti. Ché nella capacità affabulatoria del suo tratto è anche il suo limite. Mostrare la bellezza della guerra e la fascinazione dell’eroe, neanche tanto “anti”. Estetizzare follie e brutture come e meglio d’un film di Kurosawa. Annacquare, nei suoi immaginifici acquerelli, il puzzo di piscio e marcio che ogni eroismo e umana avventura semina dietro a sé.
Hugo Pratt, incontri e passaggi, Macro la Pelanda, Roma, fino al 24/5, catalogo Rizzoli Lizard. Info www.museomacro.org.
«Quando ho voglia di rilassarmi leggo un saggio di Engels, se invece desidero impegnarmi leggo Corto Maltese»: ho cercato per curiosità dove e quando Umberto Eco avrebbe detto o scritto questa famosissima frase riportata ovunque, e la mia ricerca è arrivata ad un libro di Giovanni Marchese del 2006 che la riferisce nell’introduzione a pagina 5 del saggio “Leggere Hugo Pratt: l’autore di Corto Maltese tra fumetto e letteratura” e nella nota collegata alla famosa citazione si trova che questa venne riferita dallo stesso Hugo Pratt in “Avevo un appuntamento”, Roma, Socrates Edizioni, 1994 …. dunque solo la sua buona fede ci può far pensare che sia autentica … Il tutto è affascinante, ironico, dissacratorio. Potremmo scrivere storie bellissime sulla vita delle frasi famose … Secondo me questa non è da prendere troppo sul serio … per via di Engels naturalmente, che non sacrificherei ad onore di nessuno!( so che mi attiro l’ira funesta di Checchino che non scherza con Corto Maltese, ma tant’è!)
guarda, è vero ciò che crediamo tale, ergo questa frase è profondamente vera, avendo oltretutto il vantaggio di essere assolutamente verosimile. Oltretutto Eco era un accanito lettore di Pratt, sono convinto che a scartabellare tra i suoi scritti salta fuori una curatela. Quanto a Engels, visto che lo tiri in ballo a disdoro di Che, è assolutamente vero che Pratt liquidò la fase francese di Pif, che lo salvò dalla miseria dopo la chiusura di Sgt Kirk, così: «Bisognava rispolverare Marx ed Engels, autori che dovetti frequentare e che mi annoiarono immediatamente. Visitai anche Marcuse e qualche altro e ritornai ai classici dell’avventura. Venni subito accusato di infantilismo, di edonismo e di fascismo». Più chiaro di così. Abbracci, M.
Diciamo che questa frase è comoda. Ho cercato anche fra ciò che scrive Eco e che possiamo trovare in internet, ma la frase non c’è, ci sono altre cose scritte su Hugo Pratt che dimostrano ciò che tu ribadisci, la differenza è che Pratt a leggere Engels si “annoiava”, mentre se la frase la dice giusta Eco leggendo Engels si “rilassava”, e ce ne passa … Le due letture non dovrebbero andare a discapito l’una dell’altra e Pratt non doveva riferire una frase su se stesso denigrando un immenso autore, basti pensare che “La situazione della classe operaia in Inghilterra” fu scritta da un Engels a 24 anni, certo si parlava degli orrori delle prime fasi dell’industrializzazione, della disgregazione contadina, di proletarizzazione, di inurbamento, dell’atteggiamento della borghesia verso il proletariato, del processo di cosificazione dell’essere umano, dell’egoismo, dell’avidità, della trasformazione della lingua a causa dello spirito mercantile. Pensa che solo nel 1844 il governo inglese decise finalmente di costringere tutte le società ferroviarie che monopolizzavano i trasporti a rendere accessibili i viaggi anche agli operai e perciò propose che si istituisse su ogni linea ferroviaria un treno quotidiano di terza classe, ma il vescovo di Londra suggerì che da tale obbligo fosse esclusa la domenica, proprio l’unico giorno in cui in generale gli operai occupati potevano viaggiare, cosicché di domenica il viaggio fosse consentito soltanto ai ricchi e non ai poveri … Ti sei annoiato o rilassato a leggere ciò che scriveva il giovane Engels? Io no!