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Se il Piano A è la crisi, il Piano B è l’anticapitalismo

Un Piano B per non aspettare la scintilla, accumulare soggettività e conflitto: sta prendendo corpo lo spazio politico di un’area eterogenea ma decisamente anticapitalista. Appunti dal meeting romano dell’8 maggio

di Checchino Antonini

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Sta prendendo corpo lo spazio politico di un’area, eterogenea certo, ma decisamente anticapitalista e distante anni luce dall’inseguimento del sogno infranto di un centrosinistra buono che sarebbe stato ucciso dal renzismo. Insomma, c’è vita a sinistra, anche in Italia dove il dibattito sulla ricomposizione sembrava aver partorito solo la cosiddetta Grande Sel, lo spazio riformista di Sinistra Italiana, quasi un Pd 2.0 e in sedicesimi che ambisce ad essere «la faccia pulita della socialdemocrazia», come dice Eleonora Forenza.

Con uno scarno appello lanciato al ritorno dal meeting di Madrid del febbraio scorso, i settori della sinistra non attratti nell’orbita della Grande Sel hanno riempito, domenica scorsa, l’auditorium di uno spazio occupato all’Esquilino per discutere con ospiti giunti dalle piazze della Grecia, della Francia, dello stato spagnolo. Si tratta delle stesse persone che, il giorno prima, avevano marciato con un proprio spezzone nel corteo Stop Ttip: c’era, ad esempio, l’eurodeputata del Gue/Altra Europa, Eleonora Forenza, alcuni dei soggetti attivi nei percorsi referendari contro le politiche del governo Renzi, militanti di Rifondazione comunista e di Sinistra anticapitalista, quei pezzi dell’Altra Europa più o meno delusi o critici con le scelte di Tsipras contro il referendum di luglio, oppure contro la linea impressa in Italia dalla maggioranza della Lista Tsipras (ad esempio l’area di Prima le persone), accomunati dall’idea che anche in Italia si possa «provare a costruire una mappa condivisa del conflitto nello spazio europeo», come ha spiegato, nell’introduzione, Cristina Quintavalla, militante storica delle lotte per la casa a Parma e capolista, alle regionali del 2014, di L’Altra Emilia Romagna. Oggi è attiva nella battaglia per l’audit cittadino sul debito.

La scia è quella, con una fortissima impronta femministra, tracciata dal meeting madrileno per il Plan B contro l’austerità, contro la guerra, i respingimenti e le politiche neoliberiste. Dalla capitale dello stato spagnolo è partito anche l’appello per una mobilitazione europea, il 28 maggio, anniversario della Comune di Parigi, la prima rivoluzione proletaria della storia repressa con la stessa ferocia con cui il neoliberismo massacra persone, popoli, costituzioni e diritti. Ma già domenica prossima, 15 maggio, quelli del PlanB saranno interni al Global Debout a supporto del movimento contro la riforma del lavoro El Khomri in Francia.

Spagna, Francia, Grecia sono i teatri della nuova rivolta che i promotori italiani del Plan B hanno voluto intercettare per costruire in modo aperto e partecipato il percorso di elaborazione italiana. Sul palco, infatti, si sono avvicendati Miguel Urban, eurodeputato di Podemos; Marina Albiol eurodeputata di Izquierda Unida (le due organizzazioni hanno appena annunciato un accordo per le prossime politiche del 26 giugo); Eleonora Forenza, Sotiris Martalis, dirigente greco del sindacato ADEDY e di Unità Popolare, confluenza per la scissione di sinistra di Syriza. Martalis ha testimoniato la resistenza dei lavoratori al progetto politico di Tsipras (il famoso Piano A, appunto) con scioperi generali e manifestazioni a Syntagma contro l’applicazione del III memorandum.

ilaria-fortunatoDalla Spagna è arrivato anche Yago Alvarez Barba, economista della Plataforma de la Auditoría Ciudadana de la Deuda, a rilanciare il discorso sul ruolo del debito nell’invenzione della crisi e la parola d’ordine di non pagarlo («Non dobbiamo, non paghiamo!») come leva unificante per i settori colpiti dalle politiche neoliberali. Dalla Francia sono venuti Philippe Poutou, operaio della Ford e candidato alle prossime presidenziali per l’Npa, e Ilaria Fortunato, giovane studentessa a Poitiers, entrambi attivissimi nelle Nuit Debout. «Un movimento senza precedenti – ha raccontato Poutou – che raccoglie la contrarietà del 75% della popolazione alle misure liberiste di un governo di “sinistra”. Nelle piazze si sperimenta l’urgenza della convergenza nonostante l’inerzia delle direzioni sindacali e la debolezza della sinistra rivoluzionaria». Nulla a che vedere, però, con la resa della Cgil in Italia: «Grazie all’iniziativa dei sindacati che hanno chiamato allo sciopero generale nella giornata del 9 marzo scorso, 300.000 manifestanti sono scesi in strada, seguiti da blocchi stradali, soppressione di voli, sciopero dei trasporti ferroviari. Altre giornate si sono susseguite: il 17, il 24, il 31 marzo, il 5 , il 9 e il 28 aprile. E non sono state solo le mobilitazioni e gli appelli dei sindacati a proliferare, ma anche le assemblee generali studentesche, le occupazioni, cortei di giovani contro il progetto El Khomri», ha spiegato Ilaria Fortunato scandendo l’impressionante sequenza delle date in cui s’è articolata la protesta che proprio in queste ore sta trovando un nuovo slancio in parallelo all’iter parlamentare della famigerata legge.

La lezione francese è che si deve passare dalla rivendicazione di qualche briciola alla messa in discussione del quadro generale: «Ci battiamo contro la legge El Kohmri, ma ambiamo a un mondo altro».

Nel dibattito sono intervenuti poi numerosi attivisti italiani, tra i quali Guido Viale e Laura Cima (Prima le persone), Paolo Maddalena (ex giudice costituzionale), Roberta Fantozzi (segreteria PRC), Dino Greco (Prc), Paolo Cacciari, Mimmo De Stradis (RSA Fiom FCA, uno degli incompatibili che Landini vorrebbe cacciare), Imma Barbarossa (l’Altra Puglia), Piergiovanni Alleva (giuslavorista e consigliere regionale dell’Altra Emilia Romagna), Vittorio Lovera di Attac, il collettivo di inchiesta e lotta dei Clash City Workers, Nando Simeone («O ci ricostruiamo nelle lotte o siamo destinati solo a fare i tifosi di altri movimenti», ha detto il dirigente di Sinistra Anticapitalista) e Antonello Zecca, Annamaria Rivera (attivista antirazzista e antispecista), militanti dell’Altra Liguria e dell’Altro Piemonte, di varie “anime” di Rifondazione.

Da Madrid era partita una Dichiarazione per la ribellione democratica in Europa evocando «atti di sobbedienza civile contro le regole economiche tossiche dell’Europa dell’austerità». L’indicazione era quella di creare «processi costituenti, tanto a livello nazionale quanto europeo», per elaborare «diversi piani B e costruire una transizione verso un nuovo quadro politico e istituzionale» contro la «debitocrazia» e «spazi di confluenza tra movimenti sociali, tecnici e gruppi politici».

Più che altrove, il contesto italiano è caratterizzato da una «passivizzazione sociale dentro cui hanno ampio margine di manovra le classi dominanti senza porsi nemmeno il problema del consenso», ha avvertito Eleonora Forenza esortando a «non aspettare la scintilla», «accumulare soggettività e conflitto, territorializzarsi, costruire rete». Sarà questa l’indicazione, probabilmente, del documento finale che sta viaggiando in rete in queste ore per essere condiviso da tutte le sensibilità del Plan B.

 

 

 

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