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Francia, i sindacati paralizzano il paese

In atto il blocco della produzione nei diversi settori industriali. I sindacati pronti a paralizzare la Francia. È in arrivo l’ottavo sciopero generale e nazionale

di Giampaolo Martinotti

 

Dopo due mesi e mezzo di mobilitazione nazionale contro la loi El Khomri i sindacati più combattivi (CGT, FO, Solidaires, FSU) hanno deciso di mettere in pratica una strategia di blocco della produzione che non fa sconti al governo. Da diversi giorni infatti i caministi stanno incrociando le braccia, sei delle otto raffinerie presenti sul territorio francese sono bloccate, i depositi di carburante, vari porti e aeroporti sono sbarrati al pari di alcune delle più importanti arterie autostradali. Nel frattempo, continua lo sciopero dei ferrovieri e dei trasporti pubblici, che dal 2 giugno potrebbe divenire illimitato. La Francia dunque rischia seriamente la paralisi, se non quantomeno una certa penuria del carburante più amato dalle multinazionali. In questo senso, numerose prefetture avrebbero già adottato misure restrittive temporanee, mentre la violenta risposta del governo non si è fatta attendere dopo le affermazioni del ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve: «i servizi pubblici devono funzionare». E giù botte, da Rouen a Lorient la CRS non ha risparmiato violente cariche e il proverbiale lancio di gas lacrimogeni all’indirizzo di lavoratori che esercitano il loro diritto di sciopero.

In questo contesto molto teso, il riequilibro dei rapporti di forza all’interno della lotta contro la precarizzazione del lavoro dipende in particolar modo dalla capacità di tenuta del fronte d’opposizione e, in parte, dalle prossime reazioni del governo socialista. Mentre il premier Manuel Valls dichiarava nei giorni scorsi che «bloccare i punti nervalgici dell’economia nazionale è inammissibile», promettendo senza mezzi termini di rafforzare la presenza della polizia alle manifestazioni, per alcuni analisti questa strategia del blocco della produzione nei diversi settori industriali deriva dalla consapevolezza delle organizzazioni sindacali di non avere i mezzi per mantenere in vita un certo livello di scontro sul medio-lungo termine. Questo tipo di analisi però, basate sull’oscillazione della partecipazione popolare alle varie iniziative, non tengono conto di alcuni fattori sicuramente importanti.

La maggior parte dei francesi infatti, e la stragrande maggioranza degli studenti e delle classi popolari, rifiutano categoricamente questa riforma del lavoro in senso neoliberista, ed è evidente come l’incessante susseguirsi di manifestazioni e scioperi possano far registrare un calo fisiologico all’interno della protesta nel suo complesso. Alla luce degli altissimi livelli raggiunti dallo scontro, il punto chiave in questo momento è l’estensione dello sciopero ad altri settori economici grazie alla solidarietà di tutte le forze in campo. In questo senso, i militanti della sinistra anticapitalista, gli studenti e gli attivisti della Nuit debout stanno rafforzando la loro presenza al fianco dei lavoratori che oggi, bloccando la Francia, spingono la paura dalla parte di un governo liberticida. Nel frattempo, sono già in programma altre due grandi giornate di azione: l’ottavo sciopero generale previsto per la giornata di giovedì 26 maggio e la grande manifestazione nazionale del 14 giugno a Parigi.

Il Parti socialiste, dopo aver strumentalizzato lo stato di emergenza per implementare le fallimentari politiche di austerità, messo in atto una brutale repressione fatta di abusi di polizia e violenze inaudite e aver imposto con l’utilizzo dell’articolo 49.3 la riforma del diritto del lavoro senza voto parlamentare, si trova ormai completamente delegittimato. Mentre il premier Valls spedisce i picchiatori della CRS e della BAC in giro per tutto il paese a caccia di streghe, il presidente François Hollande e il Medef, la confindustria francese, fanno appello alla “responsabilità” dei leader sindacali affinché intervengano per calmare la protesta. Forse l’esecutivo francese è talmente destabilizzato da credere di avere a che fare con Maurizio Landini e Susanna Camusso. Perché è bene ricordarlo, quello che i sindacati transalpini hanno fatto negli ultimi due mesi e mezzo, la Cgil non ha voluto farlo in dieci anni. La connivenza degli apparati dirigenti del sindacato nostrano con le più sciagurate classi dirigenti rappresenta un elemento di importanza fondamentale nelle dinamiche di declino del conflitto sociale e della perdita di diritti nel nostro belpaese.

Ma dalla Francia, al contrario, oggi ci arriva un esempio di coraggio che deve essere sostenuto con tutti i mezzi a disposizione. Per i francesi, che non hanno ancora voglia di piegare la schiena e di abbassare la testa, è strettamente necessario restare uniti nella convinzione che la convergenza delle lotte possa rappresentare l’arma vincente per arrivare al ritiro del Jobs Act e far cadere così nella più profonda crisi politica un governo liberalsocialista assolutamente da dimenticare.

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