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Venezia, è ufficiale: il Mose fa acqua, non serve a nulla

Paratoie bloccate dopo la farsa dell’inaugurazione. Lo ammette il commissario straordinario. E i costi del Mose continuano a lievitare

di Enrico Baldin

paratoia

VENEZIA – Il sistema Mose fa acqua da tutte le parti: così si potrebbe riassumere l’ultimo collaudo datato maggio e il cui esito è trapelato solo ora dalle colonne del quotidiano veneziano “La Nuova”. Due delle paratoie che costituiscono il complesso e macchinoso sistema di dighe mobili non si sono alzate, rimanendo bloccate da detriti e sedimenti che si erano accumulati negli ultimi due anni. Solo l’intervento dei sommozzatori avrebbe posto momentaneo rimedio al meccanismo che, per bocca del commissario del Consorzio Venezia Nuova, deve essere rivisto. Dopo il collaudo di maggio inizialmente sarebbe stato nascosto il malfunzionamento delle due paratie (sono 79 in totale), solo ieri è giunta l’ammissione da parte del commissario straordinario nominato due anni fa dopo che l’inchiesta sul più ingente caso di corruzione mai avvenuto in Italia portò all’arresto di 32 persone, parte delle quali alle dipendenze dirette del Consorzio Venezia Nuova cui è stato affidato l’incarico di costruzione del Mose.

Una stima piuttosto prudente confermerebbe la necessità di un sistema di manutenzione permanente dedito anche alla pulizia dell’impianto e dei fondali, che costerebbe almeno 80 milioni di euro l’anno. Una cifra stratosferica per le casse degli enti pubblici che, al termine dell’incarico affidato al consorzio avranno sulle loro spalle i costi di gestione e manutenzione del Mose.

Questo però non è il primo “incidente” accaduto nei cantieri del Mose. In particolare il 2015 è stato scandito da diversi fatti che hanno messo in dubbio ancora una volta la credibilità del progetto: a febbraio in concomitanza con maltempo e raffiche di vento vi fu l’allagamento di una galleria in cui sono locate le apparecchiature che costituiscono le cerniere azionanti le paratoie mobili; ad agosto lo scoppio di uno dei giganteschi cassoni in cemento (alto come un palazzo di dieci piani) che fanno da base per il sistema ha provocato danni per oltre 10 milioni di euro; infine la rottura di una porta in acciaio nella conca di Malamocco.

Inconvenienti avvenuti ben dopo l’inaugurazione ufficiale in pompa magna nel 2013 davanti al Presidente della Regione Zaia, all’ex sindaco Orsoni e al presidente del Consorzio Venezia Nuova Mazzacurati, poi finito “al fresco” con lo stesso Orsoni nell’ambito della sopracitata inchiesta su fondi neri, false fatturazioni e corruzione che ha visto impegnata anche la Direzione investigativa antimafia. Il Mose, la cui costruzione è iniziata nel 2003 e dovrebbe terminarsi nel 2018, ha visto elevarsi il suo costo col passare degli anni: dai 3200 miliardi di lire inizialmente paventati, ora il costo dell’opera non ancora terminata ha superato i 5 miliardi e mezzo di Euro. In tutto questo vanno evidenziati alcuni “capitoli di bilancio” opportunamente descritti dai Commissari del consorzio in un documento che gli stessi inviarono all’autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone: 53 milioni di “utile ingiustificato”, 40 milioni distribuiti in fondi neri atti a pagare tangenti finite a politici ed a uomini dello Stato; e poi ancora soldi gettati al vento per lavori mal compiuti e sprechi che si combinano con criticità tecniche, come la nave attrezzata al trasporto di materiali costata 50 milioni, inutilizzabile e già in riparazione. E poi controlli mai fatti, mancanza di gare d’appalto, trasparenza inesistente. Il Mose è una tavola imbandita dove molti avvoltoi hanno trovato un posto in cui accomodarsi.

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