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Disabilità e “buona” scuola, stracciare la delega sul sostegno

Scuola, disabilità. 100 organizzazioni chiedono il ritiro della delega sul sostegno. Bocchino (Si): «E’ erosione dei diritti in nome di risparmi di bilancio»

di Francesco Ruggeri

«La Rete dei 65 movimenti per il sostegno è un esempio straordinario di come, in appena un mese, la società civile è stata capace di fornire una analisi che ha smascherato il disegno nascosto dietro alla legge delega sul sostegno, cioè una sostanziale erosione dei diritti in nome di risparmi di bilancio»: Fabrizio Bocchino, senatore di Sinistra Italiana ha aperto la conferenza stampa al Senato, un’ora prima del presidio che la Rete dei 65 movimenti per il sostegno ha indetto a Piazza Montecitorio, per palesare la propria richiesta. «Il ritiro completo della legge delega, che tutte le organizzazioni, 100 ad oggi, considerano non emendabile», ha detto Leonardo Alagna, sociologo e insegnante di sostegno, direttore dell’Osservatorio Diritti Scuola che coordina la Rete. «Rispetto alla legge 104 del 92 questo decreto rappresenta un passo indietro clamoroso, perché affida qualsiasi decisione in merito al piano di assistenza cui ha diritto un/a studente disabile a una commissione essenzialmente di tipo sanitario, dalla quale sono esclusi genitori, famiglie, e tutti i professionisti che hanno un contatto diretto con lo studente», spiega l’avvocato Maurizio Benincasa dell’associazione 20 novembre 1989, che rappresenta 500 famiglie con persone disabili. «Inoltre, subordinando il tipo di assistenza alla disponibilità delle risorse, rende di fatto quelli che nella legge 104 si configurano come diritti consustanziali al riconoscimento della condizione di disabilità grave o lieve, vale a dire il trasporto, l’assistenza alla comunicazione, l’assistenza igienico-sanitario e l’insegnante di sostegno, alla valutazione di una commissione che deve però rispettare vincoli di bilancio», prosegue Benincasa.

«Senza contare che la mancata assunzione in pianta stabile degli insegnanti di sostegno, che continuano a far parte dell’organico di fatto, cioè di posti creati dal MIUR in risposta al fabbisogno determinato di anno in anno, rende di fatto impraticabile la continuità didattica ed è alla base del problema generato dal forzato trasferimento al Nord degli insegnanti del Sud che hanno vinto il concorso, salvo poi non poter chiedere e ottenere il ritorno al Sud, dove risiedono le loro famiglie, proprio in ragione della disponibilità dei posti in deroga», chiarisce Alagna. Per questo il senatore Bocchino ha presentato una mozione che «chiede proprio l’assunzione degli insegnanti di sostegno precari, una misura che costerebbe 385 milioni di euro l’anno». Umberto Gialloreti, della Consulta cittadina permanente sui problemi delle persone handicappate, istituita nel 1981 dall’allora sindaco Petroselli, ha ricordato come «lo Stato italiano ha ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persone disabili, il cui motto è ‘Niente su di noi, senza di noì: questa riforma cancella le importanti conquiste che discendono da questa convenzione, e di fatto contraddice la stessa Costituzione italiana. Senza dimenticare che la disabilità aumenta in ragione delle barriere presenti: è abbattendo le barriere, non costruendo nuovi recinti, che si includono le persone disabili. E la scuola è il primo passo di questo percorso di inclusione». Ma anche gli altri decreti delegati sono contestati dalle organizzazioni che partecipano alla Rete: per Antonia Sani, del Comitato nazionale per la scuola della Repubblica, «la delega che riforma la scuola da 0 a 6 anni è confusa e di fatto continua a considerare il nido e la scuola dell’infanzia non come un diritto collettivo, che implica la gratuità, ma come un diritto subordinato alla disponibilità economica delle famiglie».

Ancora più dura Rossella De Paola, insegnante di scuola primaria e membro del Comitato nazionale LIP-Scuola, che ha stigmatizzato «la mancanza di interlocuzione del MIUR con chi nella scuola lavora», e ha sottolineato come «tutti i decreti delegati sono permeati dal deleterio modello INVALSI che crea insegnanti intesi come addestratori e somministratori di quiz e studenti standardizzati e omologati, in barba a decenni di ricerca pedagogica e di sperimentazione di modelli di apprendimento davvero aperti e inclusivi». «Senza contare poi che tutte le deleghe devono essere attuate ‘senza costi aggiuntivi per lo statò», ha proseguito, «e questo in un paese che è ancora ben lontano dall’investire quel 6 per cento del bilancio dello Stato nella scuola che ci allineerebbe ai paesi europei più avanzati». Tutte le organizzazioni della Rete dei 65 movimenti hanno «rifiutato di partecipare alle audizioni indette in fretta e furia del MIUR per cercare di legittimare a posteriori, con un verniciatura superficiale di dialogo democratico, un processo che ha escluso la società civile dalla formulazione dei decreti», ha sottolineato in chiusura Alagna. «Siamo disponibili a un incontro, ma solo per spiegare alla Ministra perché il decreto sul sostegno va ritirato e avviare un vero processo di consultazione».

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