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Pomigliano: Marchionne dismette, delocalizza, deporta e se ne va

Che cosa sta per succedere alla Fca di Pomigliano al di là degli annunci di Marchionne. La partenza della Panda per la Polonia e altre dismissioni

di Sergio Bellavita

Cristo-lavoratore

Marchionne, AD di Fca, ha dichiarato l’intenzione di riportare nuovamente le produzioni della Panda in Polonia, nello stabilimento di Tichy. Esattamente da dove erano partite alla volta di Pomigliano giusto sette anni fa. Era il 2010 e il manager utilizzò la Panda per sferrare un attacco violento al modello sociale di questo paese, con l’ovazione di buona parte del mondo politico e sociale, e vinse. Con la promessa di investimenti mirabili e con l’arma del ricatto della chiusura dello stabilimento campano, riuscì ad ottenere un accordo sindacale ad hoc per imporre turni, orari, ritmi, salari su misura e la cancellazione delle libertà sindacali, in deroga al contratto nazionale,alla legge ed alla Costituzione.

Oggi, senza vergogna alcuna, annuncia l’operazione inversa. Pomigliano, secondo Marchionne, sarebbe destinato a produzioni di più alto valore aggiunto, i marchi premium di Fca. Quale prezzo saranno chiamati a pagare i lavoratori di Tichy per riavere la Panda non è al momento dato sapere. E’ certo quello che oggi i dipendenti e cassintegrati di Pomigliano, ma in realta di tutto il gruppo, si apprestano a pagare.
La delocalizzazione o la rilocazione della Panda in Polonia è parte del processo di dismissione di Fca dalla produzione in Italia delle auto dei segmenti A e B, cioè delle city car e delle utilitarie. La stessa Punto prodotta a Melfi è destinata nel breve periodo a finire la sua lunga storia. I circa 1200 lavoratori delle linee Punto sono sempre più spesso collocati in cassa integrazione e non c’è alcun nuovo modello in previsione. E’ in questo quadro che va letto quanto accaduto in queste settimane tra Pomigliano e Cassino. Grazie ad un indecente accordo sindacale, sottoscritto da fim-fiom-uilm-fismic e Associazione quadri, Marchionne è stato autorizzato a trasferire in maniera coatta circa 500 lavoratori da Pomigliano a Cassino, dove attualmente si producono la Giulia, la Giulietta e il suv Stelvio. Lavoratori spostati da uno stabilimento all’altro come merci, come macchine. Pratica che, in numeri più piccoli, è assai diffusa nell’insieme del gruppo. Un’altra forma di flessibilità concessa al modello produttivo di Marchionne per ridurre i costi e massimizzare i profitti, tutta giocata sulla pelle dei lavoratori. Lo scenario che si apre è preoccupante. Marchionne punta ad un accordo con Wolkswagen, anche in risposta all’acquisizione di Opel da parte di PSA, e  non ha alcuna intenzione di investire in quei segmenti. Inevitabilmente la questione della sovraccapacità produttiva di Fca Italia è destinata a riesplodere, considerato infine che si paventa un nuovo calo di vendite dopo la ripresa di questi ultimi anni.
Come USB denunciamo la gravità di un silenzio complice, da parte del mondo sindacale e politico, che consente a Marchionne di fare e disfare a suo piacimento. Serve la vertenza generale di tutto i lavoratori del gruppo Fca ed è in questa direzione che USB costruisce il suo intervento. Contrastando in primo luogo l’applicazione del CCSL e mettendo al centro la condizione di chi lavora. Fca deve dire cosa intende fare per i cassintegrati di Melfi, Pomigliano, Mirafiori. Deve rendere pubblico il suo piano industriale. Marchionne lascerà Fca nel 2018. Non possiamo permettere che chiuda altri stabilimenti e non possiamo permettere che resti in piedi il modello schiavistico e autoritario che lo stesso ha imposto a tutto il mondo del lavoro.

 

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