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Germania, caccia al nazista. Caserma per caserma

Germania, ispezioni in tutte le caserme a caccia di nazisti fra soldati e poliziotti. Tutto nasce dall’arresto di un ufficiale che si fingeva profugo per preparare un attentato razzista

di Ercole Olmi

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Ispezioni in tutte le caserme sono state ordinate dai vertici militari tedeschi in seguito alla scoperta dell’esistenza di una presunta rete neonazista, al sequestro di cimeli del Terzo Reich in due caserme e soprattutto all’arresto nei giorni scorsi a Illkirch, vicino al confine francese, di un ufficiale, Franco A., accusato di aver ordito un piano per colpire, fra gli altri, l’ex presidente della repubblica Joachim Gauck e l’attuale ministro federale della Giustizia, Heiko Maas. Lo scrivono alcuni media, citando un portavoce del ministero della Difesa di Berlino.

«L’ispettore capo della Bundeswehr (l’esercito federale, ndr) ha ordinato questa ispezione di tuttgli immobili dell’esercito per verificare se vi si trovino reliquie della Wehrmacht (l’esercito ai tempi del nazismo, ndr) e di farle eventualmente sequestrare». La ministra delle Difesa, Ursula von der Leyen ha ordinato il massimo rigore nei confronti delle manifestazioni di simpatia per il nazismo nelle forze armate.

Le tendenze neo-nazi non rappresentano un caso isolato nelle forze armate teutoniche: tra il 2012 e il 2016 sono stati 18 i militari accusati e sospesi dal servizio ma ben 280 sarebbero sotto indagine. “ Che ci fossero problemi di sottocultura nazista nella polizia era stato chiaro, in Italia, quando la Germania ha deciso – proprio per dare un segnale –

di ritirare l’onorificenza proposta per Cristian Movio e Luca Scatà, i due poliziotti italiani che il 23 dicembre bloccarono e uccisero in un conflitto a fuoco a Sesto San Giovanni Anis Amri, l’attentatore che quattro giorni prima a Berlino si era lanciato con un tir sulla folla uccidendo 12 persone e ferendone 55. I saluti romani e le foto di Mussolini sui profili social dei due agenti italici sono stati considerati un’apologia imbarazzante per un paese che, a differenza dell’Italia, cerca di sradicare quella subcultura piuttosto che incoraggiarla.

Franco A. conduceva una «doppia vita»: in una, era sottotenente dell’esercito tedesco, nell’altra, un finto profugo siriano. 28 anni, di Offenbach, l’uomo è stato arrestato, per il sospetto di voler commettere un attentato, insieme a un complice, un ragazzo di 24. I due sarebbero stati spinti dall’odio xenofobo. L’arresto del sottotenente è avvenuto a Hammelburg, dove stava partecipando ad un corso, collegato alla sua professione ufficiale. Nella Bundeswehr, dovranno chiarire come sia possibile che un militare potesse essere stazionato in Francia, ad Illkirch nella brigata franco-tedesca, e riuscire regolarmente a sparire, per recitare il ruolo di richiedente asilo in Baviera. Difficile spiegare come sia potuto accadere che un uomo, che neppure parla arabo, sia stato ritenuto credibile, quando ha affermato di essere un profugo siriano ed aver ricevuto un riconoscimento ufficiale e tutti gli aiuti del caso. Il primo fermo di Franco A. è avvenuto a Vienna il 3 febbraio: in un bagno dell’aeroporto, il soldato aveva nascosto una pistola, la security se n’è accorta e gli ha teso una trappola. Così è stato colto sul fatto mentre la recuperava. Un’arma posseduta senza autorizzazione: e quindi la prima accusa che lo ha colpito è la detenzione illegale. Inoltre il ventottenne dovrà rispondere di frode, per essersi appunto spacciato come profugo. Nella casa del complice, invece, sono state trovate altre armi, e perfino dell’esplosivo. Nel corso delle perquisizioni di 16 appartamenti, avvenute tra Francia, Germania e Austria ieri – 90 gli agenti impegnati complessivamente nell’operazione – sono stati sequestrati anche laptop, telefonini e documenti. Proprio dallo scambio di messaggi fra i due arrestati, che erano in contatto per mail, è emerso il movente dell’attacco violento che avevano in programma: l’odio per gli stranieri. Nei loro scambi, nel mirino, stando alla Welt, c’erano richiedenti asilo arabi. La procura ha tuttavia chiarito che i due non avessero ancora definito un obiettivo concreto. Già in passato è trapelato il timore fra gli addetti alla sicurezza, in Germania, che fra i militari tedeschi potesse essersi infiltrato anche qualche aspirante attentatore. Una ipotesi che riguardava però più che altri i militanti di Isis: secondo alcuni scenari è possibile che dei terroristi utilizzino la formazione della Bunsedwehr, per poi operare in attentati, o direttamente sul campo, in Siria e in Iraq.

La ministra tedesca della Difesa, Ursula von der Leyen, ora è sotto pressione per aver criticato l’esercito dopo l’arresto di Franco A. ma ha ricevuto il sostegno di Angela Merkel, che le ha assicurato il suo «pieno appoggio». Il caso arriva dopo una serie di scandali emersi nei mesi scorsi: in alcune caserme le reclute sono state vittime di mobbing e maltrattamenti a sfondo sessuale. Anche alla luce di questi episodi, von der Leyen ha parlato di «problemi di atteggiamento» nella Bundeswehr, di «spirito di corpo mal interpretato» e di «scarse capacità di comando». Parole che le sono costate le critiche di quanti la accusano di attaccare in modo generalizzato l’intera Bundeswehr. Il ministro ha reagito annullando un previsto viaggio negli Usa e per visitare la caserma di Illkirch, nella quale nei giorni scorsi sono state scoperte delle svastiche scarabocchiate sui muri e su un fucile e dei «souvenir» della Wehrmacht alle pareti.

Situazione complessa quella tedesca dove il rigore antinazista delle istituzioni si scontra con decisioni della Corte federale tedesca che, lo scorso 17 gennaio, ha respinto la richiesta proveniente dai Länder di messa al bando del Npd, la principale formazione nazi.

Già alla vigilia Berlino e i governatori locali si aspettavano che il partito neonazista non sarebbe stato proibito, e così è stato. 16 anni fa ci fu un’identica richiesta, che venne anche in quel caso respinta con un pronunciamento della Corte di Karlsruhe nel 2003.

Secondo i giudici federali, che hanno deciso all’unanimità, il partito non può essere escluso dalla vita politica del paese perché non rappresenta una vera minaccia all’ordine democratico. «Npd – ha detto il presidente della Corte, Andreas Vosskuhle – persegue obiettivi anticostituzionali, ma non c’è al momento una prova concreta che suggerisca che ce la possa fare».

 

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