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G7, lacrimogeni e manganelli contro fuochi artificiali

G7, un corteo di centri sociali, sindacati di base e partiti dell’estrema sinistra contesta il vertice su lavoro e tecnologia. Grande assente: lo sciopero generale

da TorinoChecchino Antonini

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Cartoline dal controvertice G7 di Torino, TorinoResetG7. Un lungo corteo, forse duemila persone, s’è lasciato alle spalle, nel pomeriggio, i vialoni della periferia nord di Torino per raggiungere Venaria, più vicino possibile alla Reggia requisita per il vertice dei G7, i paesi più industrializzati del pianeta, dedicato a scienza, tecnologia e lavoro. L’afflusso dei manifestanti è iniziato alle 10 del mattino e un primo sfilamento aveva percorso le strade del quartiere Vallette. Ad aprire la strada verso la Reggia, le bandiere No Tav seguite da quelle quasi tutte rosse delle anime della sinistra sindacale, sociale e politica con l’assenza vistosa di Sinistra Italiana che ha scelto di occupare queste giornate con una tre giorni ai Murazzi con ospiti di grido come Appendino, Chiamparino, Camusso, Landini ecc…

Guastare la festa ai sette grandi è stato l’intento di ResetG7 – dalla street parade di giovedì sera per le vie della movida – fino a oggi pomeriggio, nella piazza Vittorio Veneto della cittadina dell’hinterland cresciuta attorno alla reggia sabauda, ora attrazione turistica per le famiglie. Incastrati tra le strade che si affacciano sulla piazza, mezzi e uomini delle polizie varie, hanno blindato la reggia staccandosi solo per il fulmineo “contatto” con la testa del corteo. Fuochi artificiali contro lacrimogeni. Un accenno di idranti. E il fuggi fuggi replicato un paio di volte prima di tornare tutti in città. Non prima di aver replicato la «decapitazione» in piazza dei fantocci raffiguranti Matteo Renzi e il ministro Giuliano Poletti. Eleonora Forenza, europarlamentare del Prc, è l’unica figura con un compito istituzionale a mescolarsi ai partecipanti. Nelle prossime ore e giorni i soggetti che hanno dato vita alle manifestazioni compileranno i bilanci politici delle iniziative.

Per ora i bilanci li fanno le agenzie di stampa: fermato uno dei manifestanti, i tre che hanno portato la ghigliottina a pochi passi dal cordone di polizia sono stati identificati. Otto i feriti tra le forze dell’ordine (un agente della Digos, percosso alla testa, ha una prognosi di 40 giorni per un trauma cranico, toracico e vertebrale. All’ospedale Cto di Torino sono finiti anche altri sei poliziotti e un carabinieri, con prognosi tra i 10 e i 20 giorni).

L’antifascista a intermittenza, l’onorevole Fiano, responsabile sicurezza Pd, ha voluto tuonare: «Nessuna violenza politica può essere tollerata, nessuna idea può passare dal ferimento di poliziotti, non abbiamo dubbi, ci auguriamo che nessun’altra forza politica anche a Torino ne abbia. Askatasuna, NoTav, anarchici e sinistra radicale hanno regalato a Torino ore di caos e scontri con la polizia- Una grande opportunità per Torino trasformata in vetrina per teppisti politici».  E, come a scaldarsi ai bordi del campo, in attesa di convocazione nel prossimo eventuale governo Salvini, o Salvini-Di Maio, detta un dispaccio anche Tonelli, leader del Sap, il secondo sindacato di Ps (sì, quello della celebre standing ovation ai quattro assassini di Federico Aldrovandi): «Serve un nuovo titolo di reato in cui sia previsto l’arresto obbligatorio in caso di danneggiamento grave, da inserire tra i reati contro l’ordine pubblico e non contro la proprietà; arresto obbligatorio strumentale al giudizio per direttissima anche nei casi di travisamento».

Anche come evento mondano, il G7 è stato piuttosto sottotono rispetto alla media dei grandi eventi della governance della globalizzazione liberista. Il governo non ha nemmeno portato gli ospiti a visitare il Politecnico, università d’eccellenza con il rapporto più alto d’Europa tra laureati e occupati. Sui giornali, tranne pochissime eccezioni, tutti i dettagli sul menu gluten free dei potenti e l’intero repertorio dell’allarmismo: scontri, tensione, disordini, paura, caos, guerriglia, città a ferro e fuoco ma declinato senza convinzione dai cronisti a la page.

In realtà i cortei non sono stati oceanici e gli “scontri” assolutamente simbolici da non meritarsi nemmeno una citazione sulle prime pagine dei grandi giornali. Il traffico scorrevole quasi sempre e, più che altro, colpiva l’indifferenza della città e dei sindacati confederali rispetto alla gravità di un vertice internazionale, su un tema come quello del lavoro, che trascorre senza nemmeno uno sciopero generale che gli dia il benvenuto. Le Rsu Fiom di una fabbrica dell’hinterland, la Stat, hanno indetto 8 ore di sciopero per ieri, 29 settembre, e Cobas e Usb hanno fatto lo stesso, a livello territoriale, per dare la possibilità di partecipare alle iniziative No G7. La stessa freddezza, ieri al cambio turno, ha accolto attivisti dei sindacati di base ai cancelli di Mirafiori.

 

Ieri, dopo un corteo studentesco al mattino, s’è snodato un altro corteo a Barriera di Milano, uno dei quartieri periferici più colpiti dalla crisi e più caratterizzati dalla nuova composizione del proletariato metropolitano, voluto da anarchici della Fai, comunisti di Rifondazione, Pci e Sinistra anticapitalista, sindacalisti della minoranza Cgil (Il sindacato è un’altra cosa) per dare un segnale, in un quartiere operaio, di una piattaforma possibile che unisca lavoratori e precari, giovani e anziani, migranti e indigeni, che preludesse ai prossimi scioperi contro le politiche che producono impoverimento, le stesse che hanno impulso dai vertici come quello contestato oggi. Al centro della città, intanto, le aree più legate ai centri sociali hanno messo in scena l’assalto alla zona rossa attorno a Piazza Carlina dove abitavano le delegazioni internazionali.

 

 

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