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Primo maggio: scontri a Parigi, Melenchon si dissocia

Primo maggio 2018: 210mila nelle piazze di Francia. Scontri a Parigi. Melenchon accusa i casseurs: «bande di estrema destra»

di Checchino Antonini

La collera va in scena al corteo del primo maggio di Parigi. «I veri casseurs – dirà Philippe Poutou – sono il governo e i padroni. La vera violenza è quella degli ultra ricchi, dei capitalisti che si accaparrano le ricchezze e provocano la miseria di milioni di persone». Poutou, operaio della Ford di Blanchefort, vicino Bordeaux, è anche portavoce del Noveau parti anticapitaliste, per il quale è stato candidato alle presidenziali del 2017. Di tutt’altra pasta le condanne del Pcf e del leader di France Insoumise, Jean-Luc Melenchon nei confronti di chi ha agito gli scontri. L’ex socialista, sopravvalutato anche in Italia nell’estrema sinistra, parla su twitter di «insopportabile violenza, senza dubbio da parte di bande di estrema destra». E’ la vecchia storia del dito e della luna ma le analogie con quello che accade in Italia termina qui. Perché la conflittualità in Francia non ha paragoni con la solitudine delle lotte da noi.

Alla vigilia del corteo, il governo ha inviato nuovamente la polizia contro gli studenti che occupano le facoltà. A Rennes attaccato il corteo studentesco. A Parigi, ha utilizzato la presenza di gruppi autonomi in testa al corteo per attaccare lo spezzone giovanile e spezzare la manifestazione, costringendo così i sindacati a modificare il percorso. Gli studenti hanno dovuto aggirare le violenze poliziesche, scansando colpi di manganello o lanci massicci di lacrimogeni. «La violenza poliziesca era stata pianificata, anticipata dal comunicato della Prefettura e dal dispositivo applicato, senza parlare dei provocatori, poliziotti in borghese mischiati ai manifestanti – si legge sul sito dell’Npa – se non condividiamo la politica dei gruppi autonomi, comprendiamo però la rabbia crescente di una parte del mondo giovanile, costretto ad affrontare quotidianamente la violenza sociale e poliziesca. la responsabilità dello scontro attuale è tutta del governo, che è all’origine dell’aggressione al mondo del lavoro e ai giovani. La risposta del movimento deve essere anzitutto la protezione dei suoi cortei, in modo unitario tra le diverse organizzazioni, di rifiutare la violenza poliziesca e di continuare la mobilitazione, il 3 Maggio, il 5 Maggio, e nelle settimane che verranno, per fermare Macron».

«Questa è un’opportunità per dimostrare che siamo anche mobilitati fuori dalle nostre stazioni», aveva detto a Liberation un ferroviere mentre alla Bastiglia la manifestazione sindacale di Cgt, Solidaires, alcune federazione della FSU e Force Ouvriere stava per muoversi in direzione di Place d’Italie. Aggiungendo: «Ci sono voci di scontrii oggi». La prefettura aveva avvertito su Twitter della presenza di circa 1.200 persone “mascherate e incappucciate” alla testa del corteo. Poco dopo le 15:30 risuonano diverse esplosioni. Saltano le vetrine di McDonald’s, in boulevard de l’Hôpital. La folla smette di camminare mentre le fiamme escono dal fast food. Arrivano camion dei pompieri, che attraversano una processione immobile. Racconta il quotidiano francese: fumo, finestre rotte, ristorante saccheggiato. La scena ricorda la violenza vista a Parigi durante le mobilitazioni contro la riforma del codice del lavoro nel 2016, la famigerata loi travail, il jobs act che Hollande imporrà senza dibattito parlamentare, per decreto, scavando la fossa al suo governo e al suo partito.

Due anni dopo, Macron porta avanti un attacco frontale ai lavoratori pubblici, ai ferrovieri, agli universitari e ai migranti. Il ritornello è il solito: è l’Europa che ce lo chiede. E l’autoritarsimo si manifesta sia nella repressione di piazza sia nella volontà di imporre le “riforme” senza un vero dibattito parlamentare.

Meglio finestre rotte che un mondo macronizzato

Continuiamo a seguire il racconto dell’inviato di Liberation. Dalla finestra di un appartamento, una donna grida, «non andate avanti con i bambini, gettano gas lacrimogeni!». Dall’altra parte del ponte di Austerlitz, i passeggini fanno dietro front. L’aria è irrespirabile. Su un cartello si legge: «Plutôt des vitrines cassées qu’un monde macronisé», meglio finestre rotte che un mondo macronizzato. Viene attaccato un concessionario di automobili, più in alto sul viale. Alla testa del corteo, lo scontro tra CRS, la polizia anti sommossa e i manifestanti vestiti di nero: «Tout le monde déteste la police», «Paris, debout, soulève-toi». Per far arretrare il corteo vengono lanciate dozzine di granate lacrimogene dalla polizia. I manifestanti fino ad ora immobili tornano verso il ponte Austerlitz. Molti sono in lacrime, alcuni colpiti da proiettili, curano le loro ferite.

Deviato sul terrapieno di La Râpée dopo gli incidenti, la manifestazione si è in parte dispersa. Un camion della CGT cerca di raggruppare le proprie truppe per continuare la dimostrazione. Ancora lacrimogeni. La gente fugge verso le strade vicine. La dimostrazione si scompone in diverse piccole processioni che incrociano a volte. Alla fine, nessuno raggiungerà Place de l’Italie. Non è più una questione da casseurs. In prima serata, il quartier generale della polizia ha annunciato che 200 persone erano state arrestate e poste in custodia di polizia. Il ministro dell’Interno Gérard Collomb, autore di una feroce riforma del diritto d’asilo, condanna “con fermezza” la “violenza e il degrado”.

In altre città, decine di migliaia di persone hanno manifestato, più spesso al mattino, in un’atmosfera più tranquilla, al richiamo della CGT, raggiunta da Solidaire, NPA, France Insoumise, PCF e Lutte Ouvrière. Infine il bilancio: secondo la CGT più di 210.000 manifestanti di qualsiasi settore pubblico/privato hanno dimostrato in tutto il territorio.

Tensione anche a Istanbul e Teheran mentre a Roma il solito concertone

Tensione, nella giornata della Festa del Lavoro, si è vissuta anche ad Istanbul, dove le autorità turche hanno dispiegato 25 mila agenti, chiuse 4 stazioni della metropolitana così come le due linee di funicolare che portano nel cuore della città. In barba al divieto imposto di marciare verso Piazza Taksim – luogo simbolo del Primo Maggio – e nonostante i blocchi imposti dalla polizia, piccoli gruppi di rappresentanti sindacali sono riusciti a deporre ghirlande e fiori lì dove il Primo Maggio del 1977, 34 persone furono uccise. In tutta la città i manifestanti arrestati sono stati almeno 45. Anche a Teheran migliaia di iraniani non hanno avuto paura di sfidare il divieto di protesta imposto in occasione della giornata internazionale dei lavoratori. Di fronte ai cancelli del Parlamento, dove si è svolto un raduno fuorilegge, la polizia ha arrestato 6 persone. «Lunga vita ai lavoratori» e «Abbasso gli oppressori» sono alcune delle scritte comparse sui cartelli sorretti dai manifestanti. Ma non è stato solo un Primo maggio di scontri. Grande folla – calcolata in almeno 120.000 persone – ha marciato festosa per le vie di Mosca nonostante la pioggia. A Cuba si sono trovati per la prima volta fianco a fianco nel corteo dei lavoratori in Plaza de la Revolucion, il nuovo presidente Miguel Diaz-Canel e il suo predecessore Raul Castro. Cortei anche in Grecia, in Germania e in ben 70 città della Spagna. Anche a Seul i lavoratori sudcoreani hanno marciato per chiedere il salario minimo. E in Italia, a Roma, il concertone: un apostrofo rosa tra Sanremo e X Factor. Nota positiva: migliaia di persone hanno affollato la festa del Non lavoro al Forte Prenestino dedicata a chi non ha mai vinto, a chi non è mai vinto.

 

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