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Selam Palace, l’accoglienza non c’è mai stata davvero

Roma, Selam Palace: città “invisibile”, frutto di accoglienza fallimentare. 800 rifugiati in condizioni di vita critiche dal 2006

Con 800 persone, quasi tutti titolari di protezione internazionale o di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, Selam Palace è la più grande occupazione della capitale. Dal 2006 ad oggi, le condizioni di vita sono ancora critiche e l’accesso ai servizi resta un problema. La denuncia nel rapporto di Cittadini del Mondo

ROMA – Sono quasi tutti titolari di protezione sussidiaria, molti di asilo politico, altri di protezione umanitaria, vivono in Italia ormai da diversi anni ma vivono ancora in un ghetto e sono ancora pochi quelli che riescono ad accedere senza difficoltà ai servizi. Sono gli abitanti della più grande occupazione abitativa romana di titolari di protezione internazionale a cui è dedicato il secondo rapporto dal titolo “Palazzo Selam: la città invisibile” dell’associazione Cittadini del Mondo che dal 2006 si occupa degli abitanti del palazzo. Ad oggi sono circa 800 le persone che soggiornano nella struttura, originariamente sede di una delle facoltà dell’Università Tor Vergata a sud di Roma, ma in passato si è arrivati anche a 1,2 mila presenze, soprattutto nel periodo di maggior afflusso dei transitanti, ovvero tra il 2013 e il 2014. A risiedere nel Palazzo Selam oggi sono esclusivamente eritrei, etiopi, somali e sudanesi, di cui il 74 per cento sono uomini, anche se non mancano intere famiglie, bambini compresi.

Sono passati ormai 12 anni da quando un gruppo di circa 300 rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Corno d’Africa ha occupato lo stabile. Da allora, le condizioni di vita sono ancora critiche. “Com’è facile immaginare – si legge nel rapporto -, un palazzo destinato ad accogliere un’università non è indicato ad essere l’abitazione di diverse centinaia di persone”. Secondo le stime di Cittadini del Mondo, attualmente vi è un wc o un bagno alla turca ogni 19 persone, e una doccia ogni 33, e le tubature non sono adatte a sopportare gli scarichi di quelle che sono diventate le cucine di centinaia di persone. “La maggior parte delle abitazioni sono costituite da un’unica stanza, spesso ricavata tramite separazioni di cartongesso all’interno di locali più ampi – continua il rapporto -; per questo, frequentemente le stanze sono prive di finestre. La mancanza di aerazione, così come il sovraffollamento, l’assenza di mezzi di riscaldamento e raffreddamento, rendono gli ambienti insalubri sia d’inverno che d’estate”. Non sono mancate anche emergenze, come un incendio che ad aprile 2016 ha interessato l’intero primo piano del Palazzo. “Posti come Selam Palace non dovrebbero esistere – ha detto il Commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, dopo la sua visita alla struttura nel luglio 2013 -. Idealmente, ogni paese europeo dovrebbe avere delle adeguate politiche di integrazione di lungo termine che aiutino i rifugiati e gli altri titolari di protezione internazionale a costruirsi una nuova vita nei loro nuovi paesi ospitanti. Il riconoscimento di uno status definitivo è solo una piccola parte delle politiche di integrazione”.

Ed è proprio la mancanza di una vera accoglienza dopo il riconoscimento di uno status ad emergere da questo secondo rapporto di Cittadini del Mondo. Nonostante siano passati diversi anni, infatti, l’accesso ai servizi rappresenta ancora un problema. Per questo, l’associazione è presente nella struttura sin dagli inizi. Ogni giovedì sera, dalle 19 alle 22, i volontari prestano assistenza sanitaria e orientano le persone ai servizi territoriali per facilitarne l’accesso. Sebbene oltre il 67 per cento di quanti hanno compilato la scheda d’accesso dell’associazione (esclusi i transitanti) abbia dichiarato di vivere in Italia da più di 5 anni, “oltre il 40 per cento ha chiesto informazioni sulla residenza e sull’iscrizione al Sistema sanitario regionale – spiega il rapporto -, informazioni che in assenza della mediazione di Cittadini del Mondo, non sarebbero riusciti a reperire sia per ostacoli linguistici che burocratici”. Oltre alla semplice richiesta di informazioni, precisa il rapporto,  “in alcuni casi si è reso necessario prevedere degli accompagnamenti da parte degli operatori presso gli uffici di riferimento. Questo quadro è il risultato di una politica di accoglienza fallimentare, che non fornisce gli strumenti affinché i titolari di protezione internazionale siano a conoscenza dei propri diritti, sommata alle difficoltà di accesso ai servizi territoriali determinata dall’assenza di mediatori culturali nella quasi totalità degli uffici pubblici e da una scarsa conoscenza da parte degli operatori delle procedure di accoglienza dei titolari di protezione”.

Tra le problematiche sanitarie riscontrate da Cittadini del mondo, particolare importanza hanno quelle che riguardano l’apparato muscolo-scheletrico (il 14 per cento), molto diffuse  (12 per cento) anche le malattie infettive e parassitarie. Infine le malattie gastroenterologiche (8,6 per cento). “I disturbi muscoloscheletrici sono un problema particolarmente invalidante per i lavoratori”, chiarisce il rapporto. “La maggior parte degli uomini che abita a Selam vive di lavori occasionali – si legge nel testo -. Un caso a parte è quello dei lavoratori della logistica: magazzinieri e trasportatori per conto di agenzie di trasporti, fabbriche, aeroporti, negozi e simili. Raccontano di condizioni di lavoro rigide, tensioni, di diritti spesso lesi. Tra questi giovani lavoratori sono estremamente comuni i disturbi muscolo-scheletrici, in particolare a carico della colonna vertebrale; ancor di più tra quelli che vivono a Palazzo Selam, i quali in alcuni casi dormono su materassi senza rete, letti rovinati, giacigli improvvisati”.

Accesso al lavoro che ancora oggi è “estremamente problematico”, nonostante l’associazione abbia messo a punto una Biblioteca Interculturale che cinque volte a settimana offre corsi di italiano gratuiti e altre iniziative. “I dati raccolti mostrano che il 76 per cento degli abitanti sono disoccupati o inoccupati – si legge nel rapporto -, mentre soltanto il 16 per cento svolge regolare attività lavorativa e la restante parte trova occupazione nel settore informale”. Secondo l’associazione, il Centro per l’Impiego di riferimento “non dispone di un servizio di mediazione culturale – si legge nel rapporto -, nonostante l’elevata percentuale di utenza straniera, rendendo quasi inaccessibile la compilazione del curriculum e la consultazione delle offerte di lavoro”. Sebbene l’intervento dell’associazione abbia avuto un impatto importante sull’accesso ai servizi, quindi, c’è ancora tanto da fare. “Oggi gli abitanti di Palazzo Selam sono costantemente informati e seguiti riguardo alle procedure di iscrizione anagrafica nel VII municipio equasi il 50 per cento ha un’iscrizione valida al Sistema sanitario della Regione Lazio”. Tuttavia, si legge nel rapporto, “continua a risultare allarmante che gli utenti che necessitano del supporto dell’Associazione siano per la quasi totalità titolari di protezione internazionale e che un’elevata percentuale di essi viva in Italia da lungo periodo. Ciò riflette la crisi di un sistema di accoglienza che non fornisce ai rifugiati gli strumenti necessari per orientarsi e integrarsi nel tessuto sociale italiano”.

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