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Seicento in un mese: annegati dall’Ue

In un mese oltre 600 morti in mare,almeno 410 in acque internazionali tra Malta, Italia e Libia. “L’Ue ha deciso di lasciarli annegare» 

In vista del periodo di picco delle partenze, Medici senza frontiere e Sos Méditerranée chiedono ai governi europei di attivare un sistema dedicato di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. “Lasciare la responsabilità alla Guardia costiera libica porterà solo nuovi morti”. A fine luglio l’Aquarius torna in mare

BOLOGNA – Nell’ultimo mese, oltre 600 persone, tra cui neonati e bambini, sono annegate nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, di cui almeno 410 in acque internazionali tra Malta, Italia e Libia. Il dato rappresenta la metà dei morti in mare del 2018 (dati Ufficio migrazione delle Nazioni Unite, Oim). Il motivo? Non c’erano navi di soccorso delle organizzazioni non governative attive nelle operazioni di ricerca e soccorso a causa alla decisione del ministro degli Interni italiano di fermare le navi, negando loro l’attracco nei porti del Paese, a partire dalla Aquarius (gestita da Medici senza frontiere e Sos Méditerranée).
“Le decisioni politiche dell’Europa nelle ultime settimane hanno avuto conseguenze letali – ha detto Karline Kleijer, responsabile delle emergenze per Msf – È stata presa la decisione a sangue freddo di lasciare annegare uomini, donne e bambini nel Mediterraneo. È vergognoso e inaccettabile”. E ha aggiunto: “Invece di ostacolare deliberatamente un’assistenza medica e umanitaria salvavita a persone in pericolo, i governi europei devono attivare un sistema dedicato di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale”.

Si sta avvicinando il periodo di picco delle partenze e salvare vite deve essere la priorità più urgente”, sottolineano le due ong. “Trafficanti senza scrupoli, che non hanno considerazione per la vita umana, continuano a mettere in pericolo le persone usando barconi precari e inadatti alla traversata. Deve esserci un sistema adeguatamente equipaggiato e pienamente operativo per salvare vite umane nel Mediterraneo. Fino a quando questo sistema non sarà attivo, le navi di soccorso umanitarie hanno un ruolo vitale per fornire assistenza alle persone in mare e prevenire morti inutili. Le ong dovrebbero poter utilizzare i porti sicuri più vicini per le operazioni di soccorso, compresi sbarchi e rifornimenti”. Nelle scorse settimane, era stata Malta a negare alla Aquarius l’attracco nel porto di La Valletta per il rifornimento e il cambio equipaggio e la nave aveva dovuto ripiegare su Marsiglia, aggiungendo altri giorni di navigazione. Attualmente si trova ancora a Marsiglia e ritornerà in mare alla fine di luglio.

Le persone continuano a fuggire dalla Libia indipendentemente dalla presenza di navi di soccorso: “Violenza, povertà e conflitti continuano a spingere le persone a rischiare la propria vita e quella dei propri bambini”. Msf e Sos Méditerranée accusa i governi europei di “essere consapevoli dei livelli di violenza e sfruttamento subiti da rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia” e nonostante questo di “essere determinati a impedire alle persone di raggiungere l’Europa, a qualunque costo”. Inoltre, aggiungono: “Una componente chiave della strategia di chiudere il Mediterraneo è equipaggiare, formare e supportare la Guardia costiera libica per intercettare le persone in mare e riportarle in Libia, dal momento che navi non libiche non possono riportare le persone in Libia perché il Paese non è riconosciuto come porto sicuro. Le persone soccorse in acque internazionali nel Mediterraneo non devono essere riportate in Libia, devono essere condotte in un porto sicuro, come previsto dal diritto internazionale e marittimo”. Secondo le due ong, nel 2018 la Guardia costiera libica supportata dall’Ue ha intercettato circa 10 mila persone, portandole in centri di detenzione in Libia senza considerare le conseguenze per la vita e la salute delle stesse. Delegare alla Guardia costiera libica tutta la responsabilità della ricerca e soccorso nel Mediterraneo porterà soltanto nuove morti”.

“La decisione politica di chiudere i porti allo sbarco delle persone soccorse in mare e la totale confusione creata nel Mediterraneo centrale hanno aumentato la mortalità sulla rotta migratoria più letale del mondo – ha detto Sophie Beau, vicepresidente di Sos Méditerranée –. L’Europa ha la responsabilità di queste morti sulla propria coscienza. I governi europei devono reagire immediatamente e garantire che il diritto internazionale marittimo e umanitario, che prescrive l’obbligo del soccorso in mare, sia pienamente rispettato”. (lp)

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