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PaP, Boscaino e Musacchio: «Fermiamo la conta!»

PaP, una lettera aperta di Marina Boscaino e Roberto Musacchio per riaprire la discussione

Questa è una lettera che scriviamo a coloro con cui abbiamo condiviso questi mesi di esperienza di Potere al popolo! Veniamo da un passaggio difficile per tutte e tutti, a partire da noi che scriviamo queste righe e che siamo tra coloro che hanno cercato di evitare la logica degli statuti contrapposti, per poi rinunciare a partecipare a quella che ci sembrava una conta senza il rispetto di regole democratiche.

Ma il senso di questa “lettera” non sta nel tornare ad alimentare polemiche e neanche a ribadire le nostre ragioni.

Quello su cui ci proponiamo di riflettere – con noi stessi e con chi ne possa avere voglia – è il senso di questa esperienza, ciò che è stato per noi e cosa pensiamo possa venirne per il futuro. Pap, certo, nasce da un video fatto dalle compagne e dai compagni dell’ex Opg; ma non pensiamo di far loro torto se diciamo che la sua nascita sta anche nella voglia di resistenza di chi scrive queste righe; e di tante/i altre/i – persone e soggetti – che continuano a perseverare da anni – impegnandosi insieme e ciascuna/o nel proprio campo – sperando possa finalmente realizzarsi qualcosa che torni a schiudere una prospettiva in un Paese in cui da troppo tempo è difficile sentirsi a proprio agio.

Quando è nato Pap eravamo reduci da un referendum costituzionale vinto, di cui non eravamo stati in grado di tesaurizzare il risultato; cominciava a sbiadirsi il ricordo di lotte contro Jobs Act e Buona Scuola; ma le lotte erano tutte davanti ai nostri occhi: sanità, diritto all’abitare, ambiente. E poi l’Europa. Tutte parcellizzate, in un mosaico composito, ma mosso da una unica forza: l’esigibilità dei diritti sociali. Connettere le lotte sembrava difficile. Il Brancaccio era fallito, per lasciar posto ad una lista che, senza voler essere liquidatori, risultava francamente mortificante, condizionata come era dalla presenza di molti che incarnano le responsabilità del disastro del centrosinistra italiano, che ha spalancato le porte all’attuale dominio di Lega e Cinquestelle.

Il fallimento del Brancaccio arrivava per altro dopo tanti tentativi di rimettere insieme a tavolino pezzi sparsi di sinistre. Non tutti uguali e non tutti ugualmente fallimentari, ma sicuramente – tutti, e allo stesso modo – privi della capacità di invertire la tendenza. Non ci siamo rassegnati: noi che vi scriviamo e molti altri. Soggetti singoli e sparsi, soggetti collettivi; ma anche quei partiti che hanno rifiutato di condividere – con chi portava le responsabilità di politiche sciagurate – la semplice ragioneria da operazione elettorale. Movimenti di resistenza, appunto.

L’ex Opg ha avuto l’innegabile merito di avere catalizzato, attraverso il video e attraverso una ventata di energia spontanea e dirompente, questo bisogno di non arrendersi che passava nel nostro parlarci, in incontri che si andavano facendo, nel cercare di r-esistere: la resistenza – lo abbiamo imparato nella nostra vita – è la condizione dell’esistenza. Pap ha avuto il pregio di non essere solo un “no”, ma anche la voglia di tornare a dire “sì”.

Un entusiasmo catalizzatore, che ha ridato uno slancio: socializzazione della politica e politicizzazione del sociale. E infatti si è riuscite/i – tutte/i insieme –  ad andare oltre il risultato elettorale, per provare a proseguire in quella idea che sta nel Manifesto che lanciava il progetto.

Quale? Quella di mettere insieme chi soffre e chi lotta; di ripartire dalle persone in carne ed ossa; di tornare a vitalizzare la lotta di classe. Una necessità e un’aspirazione comuni, che hanno permesso di tenere insieme soggetti e persone con culture e idee politiche diverse. Cosa possibile, soprattutto se il dibattito politico o ideologico non lo fai in astratto, ma a partire da chi appunto soffre e lotta; se di Europa  parli a partire dall’essere comunque con le/ i  migranti e contro le frontiere.

A noi pare che questo spunto originario si sia ad un certo punto disperso in una logica – invece –vecchia, di “avanguardia” politicista ed anche un po’ nuovista. Lo abbiamo detto in coordinamento nazionale, lo abbiamo scritto. Non è però, ora, la polemica quella che ci interessa; ma il riflettere con chi ha voglia di farlo liberamente e scambiandosi pensieri su come tenere vivo in noi il bello di questa esperienza, mantenere la relazione e la tensione, continuare a pensare che il futuro di Pap e della r-esistenza sia nelle mani di tutte e tutti.

Ci sono momenti in cui non sai cosa accadrà; sai solo che puoi fare quello che pensi di dover fare perché accada ciò che può, nella direzione migliore, quella che tu auspichi. Sai che non puoi decidere per le altre e gli altri; ma puoi fare ciò che pensi giusto, perché è un modo di rispettare. Ma anche di domandare.

E noi una domanda, una richiesta la continuiamo a fare: si fermi la conta e la divisione, vorremmo dire si azzerino queste brutte giornate, si ripristini la discussione e la scelta condivisa sullo Statuto e su tutto il percorso.

Noi non crediamo che la politica, come neanche la vita, sia fatta di macerie da rimuovere; perché, se pensi così, rischi di tenerti le macerie e rimuovere la comprensione di ciò che è accaduto e di ciò che hai fatto.

E allora – e per questo – abbiamo preso parola e ora ci predisponiamo ad ascoltare. Grazie.

1 COMMENTO

  1. Quante volte si è detto ognuno si assume le proprie responsabilità, come se ciò rendesse poi più saggi. No, siamo sempre fermi al palo, noi. Salvini oggi e il carrozzone fascista possono proseguire tranquillamente. “I comunisti hanno altrio a cui pensare .

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