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Il no al grembiule di Gianni Rodari: «La scuola non è una caserma»

Grembiule. Salvini dice che lo ha indossato e non gli ha fatto male. Mezzo secolo prima il grande scrittore aveva spiegato perché non serve a nulla

di Gianni Rodari*

Ho seguito su un grande giornale una piccola polemica. Questa parola deriva dal greco “polemos” che voleva dire combattimento. Ma per fortuna le polemiche giornalistiche si fanno senza bombe atomiche, con la penna o con la macchina da scrivere.

Dunque, un noto professore di pedagogia (che sarebbe la scienza dell’educazione) si diceva contrario all’obbligo per gli scolari di indossare il grembiule, col collettino, col fiocchettino: la tradizionale uniforme dentro la quale i bambini dovrebbero sentirsi tutti uguali di fronte al maestro ma che contrasta con la personalità, lo spirito d’indipendenza, la libertà dei bambini. Due madri di famiglia gli rispondevano sottolineando i vantaggi del grembiulino: economia, praticità, igiene, impossibilità (per le bambine) di fare sfoggio di vanità.

Voglio entrare anch’io nel “combattimento”. Sono armatissimo, perché h chiesto l’opinione dei maestri che conosco. Uno mi ha detto: «Se non ci fosse il grembiulino, i bambini poveri avrebbero l’umiliazione di mostrare le loro toppe nei pantaloni ai bambini ricchi, vestiti come figurini». Questo ragionamento non mi convince. La povertà va abolita, non nascosta. Bambini con le toppe nei pantaloni non ce ne dovrebbero essere più, ecco tutto.

Un altro maestro mi ha detto: «Il grembiulino aiuta la disciplina. Che cosa ne diresti di un esercito senza divisa, un soldato col maglione rosso, un caporale col gilè a fiorellini?». Nemmeno questo ragionamento mi convince: la scuola non è una caserma. E sulla disciplina bisogna intendersi bene: secondo me una classe non è ben disciplinata quando ascolta immobile e impassibile le spiegazioni del maestro, pena un brutto voto in condotta, ma quando sta facendo una cosa interessante, così interessante che a nessuno viene in mente di guardare dalla finestra, o di tirare le trecce alle bambine, o di leggere un fumetto sotto il banco.

Un grembiule, o magari una bella tuta da lavoro, mi sembra indispensabile nel giardinaggio, se si usa la macchina per stampare (molte scuole la usano), se si fanno pitture grandi con grandi pennelli per non sporcarsi. Cioè, accetto il grembiule dov’è necessario. Come simbolo di uguaglianza, disciplina eccetera non lo capisco. Il fiocco, poi, dà proprio fastidio. In certe scuole lo fanno lungo lungo, largo largo. Prima si vede il fiocco, poi il bambino che c’è dentro. Ma forse quelle scuole lì fanno scrivere col fiocco invece che con la penna.

Senza offesa per nessuno, ho detto la mia. Se non siete d’accordo, non tiratemi le pietre: tiratemi i collettini bianchi che fanno meno male.

 

*pubblicato nel 1968 sul Corrierino dei piccoli cinquantuno anni prima di questa genialata pronunciata da un noto vicepremier leader di un noto partito razzista:

POL S0A QBXB SCUOLA: SALVINI, HO PORTATO GREMBIULE E NON MI HA FATTO MALE (ANSA) – PIANA DELLE ORME (LATINA), 5 MAG – «Dicono che voglio tornare al fascismo perché ho proposto di riportare i grembiuli per i bambini a scuola, ma io son nato dopo il Ventennio, avevo il grembiule e non mi ha fatto male. E anche un anno di servizio militare non mi ha fatto male». Lo ha detto Matteo Salvini a un comizio in località Piana delle Orme, in provincia di Latina. (ANSA). LAL 05-MAG-19 20:54 NNNN

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