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Homein fondo a sinistra«Non regaliamo la rabbia popolare a Salvini»

«Non regaliamo la rabbia popolare a Salvini»

Il suo nome risuona a sproposito a ogni crisi parlamentare. Intervista a Franco Turigliatto, di Sinistra Anticapitalista: la sinistra al tempo del governo giallo-rosa

Quello di Franco Turigliatto, già senatore del Prc e oggi dirigente di Sinistra Anticapitalista, è un nome che risuona ogni volta che una maggioranza è in bilico in Parlamento. Ma forse risuona a sproposito. Intanto perché non vengono mai ricordate le ragioni della sua opposizione al II governo Prodi, inoltre le ragioni della sua la caduta sono state assai più complesse. Ne parliamo col diretto interessato anche perché, ancora una volta potrebbe essere controcorrente, e dunque interessante, l’opinione sua e della sua organizzazione sulla fase politica e sul governo che potrebbe nascere da un’alleanza M5s-Pd.

E’ vero, il mio nome ritorna ogni volta che ci sono passaggi difficili in Parlamento, ogni volta che un uomo politico che si comporta in modo diverso dalle aspettative. Ovviamente c’è un aspetto materiale: che il quel Parlamento c’era una maggioranza molto ristretta e il mio voto era particolarmente importante, in realtà la caratteristica di quel Parlamento era la sua composizione formalmente molto di sinistra anche se poi nella sostanza Rifondazione fu assolutamente subalterna alle politiche social-liberiste di Prodi. E c’era una presenza che rappresentava una corrente politica, Sinistra Critica (la corrente organizzata del Prc che dopo l’espulsione di Turigliatto si separò da quel partito e da cui è nata, nel 2013 Sinistra Anticapitalista, ndr) che io personalmente interpretavo, a cui mi sforzavo di dare voce e corpo. E quello che continua a colpire i giornalisti “borghesi” è che sia stata possibile in Parlamento una presenza, modestamente rappresentata da un militante politico, una posizione radicalmente anticapitalista che non scende a compromessi su determinati punti di fondo che rappresentano gli interessi dei lavoratori: sicuramente la questione della guerra, dei diritti dei lavoratori. Lì il fatto che una posizione politica ha tenuto fermi questi punti, senza subordinarsi alle politiche mainstream, è una cosa che pone l’organizzazione fuori dal coro. Intorno al mio nome è rappresentata la preoccupazione di settori conservatori e della sinistra moderata che possa avere voce una posizione radicale.

La tua spiegazione mi convince e spiega anche un rimosso negli articoli che ti citano, come se l’idea di fondo fosse quella di rappresentarti più come infingardo, traditore, che non rispetta i patti, piuttosto che come intransigente radicale.

Hai ragione tu, una posizione come la nostra, di una sinistra che vuole tenere la barra sugli interessi della classe lavoratrice, deve essere banalizzata nella forma del dissidente, rompicoglioni, funzionale all’invenzione di un capro espiatorio. Allora fu una scelta di Veltroni quella di sciogliere le Camere, perché non sopportava quella situazione di incertezza e i condizionamenti che Rifondazione avrebbe potuto esercitare in qualche passaggio politico, era l’avvio della “vocazione maggioritaria”, l’idea di avere un governo che potesse procedere in maniera più decisa.

Credo sia importante ragionare su quello che sta accadendo di fronte all’ipotesi di questo governo “giallo-rosa”, come lo definisce Sinistra Anticapitalista. Sembra di poter leggere uno smarrimento della sinistra radicale, una voglia di delega, l’attesa messianica di elementi di discontinuità che, però, non sono nel Dna né del Pd, né del M5S.

E’ una situazione straordinariamente complessa perché ci troviamo in una situazione di transizione da vari punti di vista. In primo luogo non dobbiamo mai scordarci che siamo dentro la grande crisi prodotta dal cambiamento climatico. In questa estate gli incendi prima in Siberia, quindi quello terribilmente devastante dell’Amazzonia, lo scioglimento del ghiacciaio in Groenlandia, grandi capitali come Giacarta che vanno sotto l’acqua, indicano quali immensi problemi epocali abbiamo di fronte. Sul piano economico, a distanza di oltre dieci anni dalla grande crisi, tutti gli elementi che hanno caratterizzato quella crisi economica del capitalismo rimangono presenti, le contraddizioni si sommano e c’è grande preoccupazione nelle cerchie delle classi dirigenti della borghesia sulla possibilità di una ulteriore recessione generalizzata. Un secondo elemento è che le politiche di austerità hanno permesso di modificare, a vantaggio della classe dominante, i rapporti di forza, di permettere un trasferimento sempre più grande della ricchezza dal basso verso l’alto, ma questo non ha significato una stabilizzazione del sistema ma ha aperto contraddizioni più forti e, dentro una grande crisi sociale, una crescita delle posizioni di destra e di estrema destra, vedi le recenti regionali in Germania, che complica la gestione da parte delle classi dominanti in tutta Europa, incastrate tra rischio di recessione e crescita del disagio sociale e della miseria che loro stesse hanno prodotto. Inoltre bisogna tenere conto che drammatici eventi internazionali sia politici, sia economici, sia di guerra in tante parti del mondo possono condizionare in modo decisivo quanto avverrà in Italia.

Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo assistito al fatto che il discredito delle politiche di austerità, gestite a lungo da uomini del Pd, ha determinato due fenomeni – sul piano politico l’avanzata del M5S e l’affermarsi di una destra revanscista che utilizza le frustrazioni, la paura e la disperazione di larghi settori popolari per imporre un modello autoritario e violento contro le frange più deboli, i migranti – all’interno di una sconfitta profonda del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori, con una passività del movimento sindacale che ha rinunciato a difendere questioni e diritti essenziali, che non è riuscito a incidere sul terreno della precarietà, dei salari, e sulla frammentazione sociale, del salario.

Però la Lega è da tempo un partito con una solida cultura di governo e riferimenti precisi nelle stanze dei bottoni e dei salotti buoni.

Dietro Salvini ci sono padroni e padroncini, una piccola e media borghesia, in rapporto con la grande borghesia e con l’estabilishment economico e finanziario, che da tempo gestisce l’amministrazione del Nord, che punta a preservare profitti, privilegi e sfruttamento. Tutto questo lo fa entrare a volte in contraddizione con altri settori di borghesia liberale e liberista perché non sempre gli interessi dei vari strati delle classi dominanti collimano tra loro. E’ normale che le classi dominanti possano avere al loro interno differenziazioni, visioni, interessi e quindi espressioni politiche diverse.

Il governo giallo-verde era un governo di stretta convenienza tra M5S e Lega che ha potuto essere così per l’humus qualunquista ed anche reazionario di entrambe le forze e sulla base di questa frammentazione della società. Non possiamo che salutare positivamente la sua caduta per le terribili leggi sull’ordine pubblico, per l’ulteriore involuzione del senso comune, per aver sdoganato la disumanità, per la criminalizzazione di chi costruisce la solidarietà, per la volontà di sferrare un attacco violentissimo ai diritti delle donne con il Ddl Pillon, per il clima di individualizzazione che è il presupposto per sconfitte ancora più pesanti delle classi lavoratrici, per un’involuzione della società ma anche delle istituzioni. E’ un disegno, quello di Salvini insieme alla Meloni, profondamente reazionario, autoritario ed anche fascisteggiante, profondamento pericoloso per la democrazia. La sua sconfitta per ora è un elemento positivo ma sarebbe deleterio pensare che sia sconfitto definitivamente.

 Proprio mentre realizziamo questa intervista giunge la notizia che la Piattaforma Rousseau ha sdoganato, con il 79% dei consensi, l’accordo per un Conte-bis.

Quello che si sta formando tra Cinque stelle e Partito democratico è anche questo un matrimonio di convenienza che, nell’immediato, tiene lontano Salvini, ma estremamente debole che potrà subire contraddizioni e crisi. Sarà in grado di essere il governo del cambiamento e dell’alternativa? Evidentemente no. No per la per storia di entrambi, uno ha fatto le peggiori cose nell’ultimo anno insieme alla Lega, l’altro le ha fatte precedentemente, entrambe rappresentano posizioni politiche collegate a settori borghesi, per di più in stretto riferimento alle politiche generali dell’Unione europea, quindi all’austerità. Naturalmente noi distinguiamo un governo borghese di destra autoritario, reazionario e un governo borghese liberista, non sono esattamente la stessa cosa, però quello che diciamo con forza – e questo è l’elemento – la salvezza non verrà da questo governo perché nel migliore dei casi ritoccherà alcune cose, molto poco, ma se la stella polare sarà la gestione delle politiche europee, come è sicuro, non potrà che intervenire intervenire in senso negativo sulle condizioni di vita delle grandi masse.  In questo senso potrebbe favorire rapidamente la ricrescita e il rilancio di Salvini che costruirà l’opposizione sugli errori di questo governo. Sarebbe un vero suicidio politico e un disastro per le lavoratrici e i lavoratori se la sinistra di classe si subordinasse a questo fgverno nascente e lasciasse il monopolio della opposizione politica e sociale a Salvini.

Che cosa propone Sinistra Anticapitalista in una fase così complicata?

Lo smarrimento della sinistra dovrebbe finire e capire che l’emarginazione di Salvini in questa fase ci consente di avere un po’ più tempo per costruire una mobilitazione e un’opposizione sociale ma per questo bisogna avanzare le nostre rivendicazioni sul piano dei diritti sociali e democratici, senza nessuna delega, nessuna fiducia a questo governo, ma costruendo l’opposizione, che per sua natura non potrà accogliere quelle richieste. Serve una capacità di mobilitazione autonoma, capace di poter condizionare, eventualmente, o di limitare certe scelte, una mobilitazione da fare immediatamente sulla questione della finanziaria, per esempio. Per questo quello che tu hai chiamato smarrimento è effettivo, e il problema è la reale autonomia delle forze della sinistra e dei movimenti sociali per costruire la propria agenda su una specifica piattaforma. Un lavoro terribile perché non è solo un lavoro di orientamento politico, non è solo tornare a parlare nei luoghi di lavoro, ma il vero nodo è la riorganizzazione del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori: costruiamo la riorganizzazione intorno ai contenuti, su salario, orario, pensioni, ambiente, territori, diritti, abrogazione di Fornero e jobs act, reintroduzione dello statuto dei lavoratori e di un sistema proporzionale. Ma tutto questo non sarà dato ma può vivere solo dentro il programma di una mobilitazione sociale complessiva.

Per questo noi proponiamo ai movimenti sociali e alle forze politiche di incontrarci, di ritrovarci in un’assemblea, di scrivere una piattaforma comune, e trovare la capacità di non subire le politiche di questo governo che non saranno per nulla “amiche” ma nello stesso tempo impedire che l’opposizione sociale sia quella di Salvini anziché quella della sinistra di classe, per l’eguaglianza sociale. L’autunno dovrebbe vedere in campo l’unità d’azione di questa opposizione sociale e politica, dobbiamo utilizzare questo tempo per fare questo.

A ingarbugliare la situazione c’è un presunto exploit del consenso al M5S come si può evincere dalla performance della partecipazione al voto sulla piattaforma Rousseau.

I meccanismi del M5S non sono democratici complessivamente, noi dobbiamo tornare sui luoghi di lavoro, nelle assemblee di base dei militanti, nei circoli di partito, nelle fabbriche, con direzioni politiche ben elette e controllate dalle iscritte e dagli iscritti.

C’è la democrazia borghese che con il voto delega ogni tanto ai partiti il governo del paese, c’è la finta democrazia dei clic, entrambe delegano e sono scarsamente partecipative, noi proponiamo forme di attivizzazione, autogestione. Non chiediamo alle lavoratrici e ai lavoratori di rappresentarli e di darci una delega, ma di cambiare insieme questo mondo, questa è la grande differenza, è un’altra concezione, più avanzata, di democrazia, i partiti della sinistra autentica possono e debbono essere ben diversi dal M5s, monadi vaganti, una piccola borghesia che si crede unta dal signore e non si rende conto di essere sballottata da una parte e dall’altra da dinamiche sociali molto più forti. Certo, non dev’essere contenta la borghesia se alcune decine di migliaia di persone decidono sulla nascita di un governo, lei i governi li decide con meccanismi ancora più opachi. Ma questa crescita di Rousseau e soprattutto l’ascesa dei partiti di destra esprime la crisi direzione della borghesia che lei stessa s’è creata, spinta dalle contraddizioni del suo sistema economico con la scelta, ormai trent’anni fa, dell’austerità, la restaurazione di vecchie forme di sfruttamento.

 

 

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