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I post razzisti del poliziotto che piace a De Luca

Napoli, il poliziotto che vorrebbe annegare i naufraghi con una pietra al collo e insegnare alla figlioletta a scrivere Dux con le lettere magnetiche

«Chi come me ha il culo su una VOLANTE; sa benissimo cosa si prova quando ti giunge una chiamata radio di una certa importanza e urgenza. Parte la sirena, la mente si oscura, ti isoli da tutto molte volte anche dal collega/fratello vicino a te. Parte l’inseguimento, più sale il contagiri del motore e più l’adrenalina sale, il cuore pompa sempre di più; davanti a te non esiste più nulla, persino la paura svanisce in un attimo. Le uniche parole che si riescono a scandire tra entrambi i componenti della VOLANTE sono solo “vai, vai colle, vai che li prendiamo a ste merde”; poi in un attimo può accadere che tutto si arresta, quell’attimo come è accaduto al mio fratello di giubba Pasquale che nel svolgere il proprio dovere è volato via; lasciando una moglie e due figli. Continuate a chiedere d’integrarli a ste merde di zingari». Era il 27 aprile quando veniva pubblicato questo post da parte di un poliziotto, uno di quelli che, nemmeno due mesi dopo, si farà refertare per i fatti di Napoli a Piazza Bellini la sera del 14 giugno quando avvennero quelli che l’Ansa avrebbe definito, ricalcando una velina, «momenti di forte tensione durante un servizio di controllo del territorio da parte di operatori della Polizia».

Secondo la Questura nell’identificare alcune persone gli agenti «sono stati insultati, accerchiati e minacciati da numerose persone». Dopo aver letto il post di quell’eroe in divisa risuonano le parole simili adoperate sui social da uno dei condannati del processo Cucchi e suonano quasi comiche le spiegazioni del questore Alessandro Giuliano: «Gli operatori delle Volanti hanno gestito la situazione con equilibrio, a fronte di un inaccettabile comportamento aggressivo e minaccioso di decine di persone. Verranno svolte indagini per individuare i responsabili di queste condotte». Di diverso parere il centro sociale Mezzocannone occupato che ha denunciato la provocazione contro tre attivisti «bloccati ingiustificatamente» postando un video che documenta gli abusi perpetrati dalle forze dell’ordine. «I video pubblicati da chi questa sera era in piazza Bellini mostrano chiaramente ciò che è successo, un’azione di forza e di abuso di potere contro tre persone. Tre attivisti, ma poteva succedere a qualsiasi cittadino, sono stati fermati dagli agenti per un controllo, tra di essi uno non aveva con sé i documenti. Tre attivisti sono stati portati con la forza al commissariato di polizia di via Bernardo Tanucci senza alcuna valida motivazione». «Smentiamo categoricamente gli insulti, le minacce, l’accerchiamento e le aggressioni di cui parla il comunicato della questura», hanno detto gli attivisti di Insurgencia sottolineando che «ad aver provocato la tensione, ad aver aggredito e generato la reazione della piazza composta da ragazzi comuni sono stati gli agenti con spintoni, violenze fisiche ed intimidazioni. Otto volanti della polizia, una macchina dei carabinieri, una camionetta dell’esercito hanno trasformato piazza Bellini in uno scenario di guerra, mettendo in pericolo la stessa cittadinanza, così come si evince da tutti i video pubblicati. Atti gravissimi che hanno portato alcuni cittadini finanche a gettarsi contro una volante pur di ostacolare i soprusi messi in atto ed i conseguenti fermi». «Una mobilitazione di forze dell’ordine di certo eccessiva per dei controlli sulla movida, la cui ratio dovrebbe essere la tutela e la sicurezza delle persone. Questa sera invece abbiamo assistito a tutt’altra scena, nessuno tra gli agenti presenti ha tutelato la piazza, ma ha invece generato una reazione causata da un incomprensibile accanimento. Lo diciamo con chiarezza: mentre in tutto il mondo si sollevano proteste contro gli abusi in divisa, nella nostra città si respira un clima sempre più preoccupante. Non permetteremo – conclude la nota – una militarizzazione delle nostre strade né che si ripetano ancora fenomeni di repressione e di abusi a cui abbiamo assistito stasera». Dopo aver visionato il profilo del nostro eroe non si fatica a immaginare la quantità di adrenalina messa in campo dall’ennesimo rambo casareccio convinto di essere in guerra contro chi ha stili di vita non consoni, convinto di dover fare il lavoro sporco a nome e per conto dei cittadini per bene.

Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa postando gli screenshot dei post dell’eroe crede che «se queste sono le modalità con cui, chi dovrebbe garantire, la sicurezza si esprime in pubblico allora c’è evidentemente un problema. Oggi per altro è la giornata mondiale dei rifugiati ed è inammissibile e intollerabile che, al di là del fanatismo ideologico, un esponente delle forze dell’ordine auguri la morte violenta a chi salva persone nel mediterraneo, come si legge da uno di questi post». Da una rapida ricognizione degli screenshot di questo eroico servitore dello stato scaturisce, insomma, il suo mondo di valori, gli stessi probabilmente di statisti come Salvini e Tonelli, personaggio, ora parlamentare leghista, che conosciamo per le sue parole di fuoco contro le vittime di police brutality e i loro parenti. Ne sanno qualcosa i genitori di Federico Aldrovandi. Tonelli era segretario del Sap, sindacato di poliziotti fondato alla presenza di Giorgio Almirante, quando il congresso nazionale di quella sigla tributò una standing ovation a quattro poliziotti condannati in via definitiva per l’omicidio di un diciottenne inerme e che non stava commettendo alcun reato. Quando Tonelli, una specie di suo guru, pare, esultò sui social perché la comandante della Sea Watch era stata indagata, sommessamente e con un italiano approssimativo, l’eroe adrenalinico si permise di far notare che per lui, anzi, X lui, «non andrebbe nemmeno indagata. Semplicemente legata con una pietra al piede e calata a mare. In Italia chi porta immigrati “munnezza”, questo è la fine che devono fare compresi tutti i componenti delle navi/barconi».

Come Tonelli e Salvini, anche il nostro eroe ha un’altissima considerazione di sé e si nutre di luoghi comuni e fake news per cui in Italia la polizia avrebbe le mani legate. Il 16 marzo, sempre via social, chiede di avere «la possibilità di ammanettare chiunque giri per strada senza giustificato motivo». Dai post si evince che gli piacerebbe fare come in certe repubbliche delle banane sudamericane dove i suoi colleghi hanno la possibilità di fare il bello e il cattivo tempo, diamine una «bella manganellata nei denti» o proprio una pallottola, non si dovrebbe negare a nessuno secondo questo eroe stipendiato con soldi sottratti al welfare, come larghi settori di opinione pubblica statunitense sembra aver compreso. Poi, sempre sul noto social, l’eroe si rallegra che le mascherine appena arrivate in dotazione «meno male che non sono rosse», rosse non le avrebbe nemmeno ritirate, l’eroe. Una sindrome da toro, probabilmente, o un anticomunismo da quattro soldi, per i maligni. Naturalmente ce n’è anche per i giornalisti che si azzardano a far parlare le vittime mentre l’eroe nel tempo libero dal gravoso servizio si dedica a insegnare alla figlia a comporre la parolina Dux con le letterine magnetiche. In altri paesi un agente del genere verrebbe posto sotto una qualche forma di procedimento disciplinare, l’Italia non brilla per iniziative del genere.

«Com’è possibile – ha chiesto in un’interrogazione Paola Nugnes, senatrice di Rifondazione iscritta al gruppo Misto il giorno successivo – che dei controlli sugli assembramenti della movida si siano tradotti in uno stato di assedio con la presenza di 8 volanti della Polizia, una macchina dei Carabinieri e una camionetta dell’Esercito? Le persone portate in Questura sono forse pericolosi latitanti o terroristi ricercati? La Polizia deve tutelare la cittadinanza, non generare caos e tensione come invece si evince dai numerosi video pubblicati sui social. Ciò che è accaduto ieri sera a Napoli è un duro colpo alla democrazia e alla libertà di ognuno di noi. Esigo risposte e chiarimenti immediati».

Più tardi si scoprirà che l’inquietante e spropositato raid della polizia ha avuto come antefatto la manifestazione organizzata la notte del 13 giugno in piazza San Domenico Maggiore dal «Centro sociale Insurgencia» e dal collettivo «Mensa Occupata», che occupa alcuni locali dell’ Università Federico II in via Mezzocannone. Durante la manifestazione – organizzata per commemorare un attivista dei Centri sociali morto suicida nel 2015 – sono stati accesi fumogeni e torce. Con loro si è schierato il presidente della II Municipalità Domenico Chirico, di «Dema», il movimento del sindaco De Magistris, che ha nella propria Giunta gli esponenti di «Insurgencia».  La Questura di Napoli il giorno dopo ha diffuso un comunicato con la sua versione. Un equipaggio dell’Ufficio Prevenzione Generale – scrive la Polizia – è stato insultato da un uomo, che li ha ripetuti al successivo passaggio della volante. Gli agenti hanno tentato di identificarlo, ma l’uomo si è rifiutato di dichiarare le generalità e ha continuato ad offendere gli agenti e ad urlare per attirare l’attenzione dei presenti. L’ uomo, Pietro Spaccaforno, 39 anni, uno dei dirigenti di Insurgencia e dirigente di una squadra di calcio composta da migranti sarebbe stato aiutato da Fabiano Langella, 27 anni, e Diego Marmora, 40 anni, che si sono uniti agli insulti ai poliziotti, scrive ancora la polizia. Sul posto sono giunte pattuglie di rinforzo, che «sono state insultate, accerchiate e minacciate anche da numerose persone presenti». «Un funzionario di polizia e altri 11 operatori – aggiunge la Questura Napoli hanno riportato contusioni e traumi con prognosi da 3 a 17 giorni mentre cinque volanti sono state danneggiate». I tre sono stati arrestati per minaccia, lesioni, resistenza e danneggiamento aggravato e denunciati per oltraggio a Pubblico Ufficiale e rifiuto di fornire le proprie generalità.  

Il 15 giugno, dopo che è slittata la decisione sulla convalida per i tre arrestati detenuti a Poggioreale, è partito da piazza Bellini, centro storico di Napoli, un corteo di centinaia di appartenenti al centro sociale Insurgencia, diretto alla Questura. «Un vergognoso corteo» dirà Salvini imitato da analoghe prese di posizione di esponenti fascistoidi e di sindacati di polizia, Siulp compreso, l’ex sindacato unitario, ex voce della “democratizzazione” della ps. E nel percorso, ha annotato diligentemente il cronista dell’Ansa, «i manifestanti hanno esploso 6 petardi». Giunti davanti alla Questura, i manifestanti si sono riuniti in presidio, chiedendo la «liberazione dei detenuti». Tra i manifestanti Eleonora de Majo, assessore alla Cultura del Comune di Napoli ed esponente dello stesso centro sociale a cui appartengono i tre attivisti, che dice: «Non potevo non esserci, stiamo parlando di tre miei fratelli». Quanto accaduto ieri sera in piazza, secondo l’assessore, «non ha nulla a che vedere con la movida». «Credo – sottolinea – che De Luca abbia aperto con l’emergenza Covid a comportamenti autoritari, quel periodo di emergenza è stato usato come attacco alle libertà personali perché lo stato eccezionale non c’è più eppure le ordinanze anti movida ci sono ancora». In corteo anche il presidente della Terza Municipalità, Ivo Poggiani, e un assessore della stessa Municipalità, Egidio Giordano. «Non ci sono video che testimonino il contrario di quanto stiamo raccontando – evidenzia de Majo – Prefetto e questore ci vedono cose diverse in quei video, ma nessuna violenza né aggressioni ai poliziotti». Davide Dioguardi è uno degli attivisti che ieri era presente in piazza Bellini. «Stavamo bevendo una birra in strada, erano le 21.20 circa quindi era ancora consentita la vendita di alcolici da asporto – racconta – Si è fermata una pattuglia per un controllo, hanno chiesto i documenti a Pietro che non li aveva con sé». Da lì, continua, «è nata una discussione e si sono avvicinati Fabiano e Diego», gli altri due attivisti che di lì a poco sarebbero stati fermati.  

Quanto accaduto in piazza Bellini «quanto accaduto non nasce a caso – ha spiegato anche DemA – è il frutto di un clima di tensione generato in questi mesi dal richiamo a politiche securitarie, che criminalizzano la ripresa della vita della città e di cui sono vittime gli individui e le collettività, con le stesse forze dell’ordine che si trovano a dover gestire campi di azione diversi e imprevedibili. Abbiamo assistito a un continuo e insistente richiamo a politiche di repressione e alla costruzione di un brutto clima in città. A ordinanze e decreti tesi a sopraffare l’autonomia comunale nella gestione del territorio, intervenendo su ciò che dovrebbe garantire la ripresa della vita in città a colpi di limitazioni e di divieti, basati prevalentemente sulla costruzione di un clima da caccia al colpevole. A questa politica si sono accodati strumenti di propaganda mediatica che hanno riportato tutto nei termini di una campagna che si è concentrata sulla movida». Il tema nella fase 3, secondo Dema, «non è la movida quanto, piuttosto, la ripresa della città. La vita di una città complessa e piena di sofferenze ed energie. Una città vulcanica che appare essere anche di questi tempi una grande pentola a pressione con il rischio di un’esplosione incontrollata. Il tema è la ripartenza, dopo aver assistito a un tracollo economico, a un’interruzione dei flussi turistici, a un indebolimento complessivo delle fasce sociali».

Ma forse la police brutality, la guerra dei penultimi contro gli ultimi, servono proprio a trasformare i problemi sociali in questioni di ordine pubblico. A Minneapolis come a Napoli.

Epilogo provvisorio: A Pietro, Diego e Fabiano è stata applicata la misura cautelare dell’obbligo di firma, per due volte al giorno, tre volte alla settimana. «Non possiamo che gioire per la loro liberazione, anche se continuiamo a pensare che qualsiasi provvedimento di restrizione della libertà personale sia ingiustificato alla luce dei fatti di domenica sera. Adesso ci sarà da affrontare il processo, rispetto al quale bisognerà smontare il ridicolo e fazioso piano accusatorio messo in campo a danno dei ragazzi», è il commento di Insurgencia del 17 giugno. «Abbiamo ricevuto e stiamo continuando a ricevere le vostre fotografie contro le bugie narrate da questura, media mainstream, comitati (d’affari) antimovida e autoproclamati tribunali del popolo a mezzo social network. Naturalmente nei prossimi giorni prenderemo parola in maniera più complessiva su quanto accaduto domenica, su cosa sta accadendo nella nostra città, su quanti e quali pezzi di potere si stanno riorganizzando per annichilire la nostra città, su quanto l’attuale emergenza sanitaria in corso stia diventando e in parte sia già diventata la scusa perfetta per mettere in campo misure repressive e securitarie».

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