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«Questa è deregulation, non semplificazione»

I rischi del decreto semplificazioni per la legalità e la democrazia, l’indifferenza della politica. Parla il coordinatore di Avviso Pubblico, rete degli enti locali antimafia

«Questa è deregulation, non semplificazione», commenta, in una intervista a Popoffquotidiano, Pierpaolo Romani, coordinatore di Avviso Pubblico,rete italiana di 450 enti locali antimafia attiva dal 1996. Chiuso il testo con 65 articoli, il Dl semplificazioni è ora sotto l’esame della Ragioneria dello Stato per la “bollinatura”. Conte, il premier, lo chiama «la madre di tutte le riforme», necessaria per agevolare la ripresa dell’Italia colpita dalla recessione dovuta al Covid e dovrebbe approdare in Senato a partire da metà luglio. L’iter deve attendere il rinnovo dei presidenti delle commissioni parlamentari e comunque secondo alcuni non sarà esente da discussioni. Il testo, ha infatti avuto un lungo esame nel consiglio dei ministri per via del braccio di ferro fra i partiti della maggioranza ed è stato approvato «salvo intese». L’obiettivo principale dell’esecutivo è di rendere più veloce la realizzazione delle opere infrastrutturali strategiche (ma la lista delle 130 è allegata al testo del Piano Nazionale delle riforme) proponendo il controverso modello Genova e un altrettanto inquietante cambiamento alle norme degli appalti. La norma transitoria, durerà fino al luglio del prossimo anno, prevede fra l’altro l’affidamento diretto per prestazioni di importo inferiore a 150mila euro e, sopra tale soglia «una procedura negoziata, senza bando, previa consultazione di un numero di operatori variabile sulla base dell’importo complessivo». Oggetto di molte discussioni è la modifica dell’abuso d’ufficio e del danno erariale, ritenute dal presidente del Consiglio essenziale per superare il “blocco della firma”, ossia la ritrosia dei funzionari pubblici a firmare gli atti, che rallenterebbe molte procedure pubbliche. Fino al 31 luglio 2021, la limitazione della responsabilità per danno erariale è limitata al solo dolo per quanto riguarda le azioni, mentre resta invariata per quanto riguarda le omissioni, La norma prevede poi che, per la maggior parte degli adempimenti burocratici, scaduti i termini previsti dalla legge, valga la regola del silenzio-assenso, con inefficacia degli atti tardivamente intervenuti. C’è poi un pacchetto destinato alla digitalizzazione della Pubblica amministrazione., un tema che il lockdown ha confermato come della massima urgenza. Chi vorrà ed è in possesso di un domicilio digitale, come la Pec, potrà gestire quindi tutta la comunicazione con la P.a per via telematica, senza fare file e con risparmi di spedizione e carta. Nell’ottica di standardizzare il tutto, la piattaforma sarebbe unica. Così come unica è l’identità digitale, lo Spid, ad oggi sullo smartphone di 8 milioni di persone. Altre norme riguardano poi il calo del quorum per le assemblee delle società che devono votare aumenti di capitale, semplificazioni per la realizzazione delle infrastrutture di banda larga, semplificazioni in materia di interventi su progetti o impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile, nonché per realizzare punti e stazioni di ricarica per veicoli elettrici. 

Romani, a chi semplifica la vita questo decreto?»

Dipende da cosa si intende per semplificazione. Se per semplificazione si intende un’opera di razionalizzazione di un sistema normativo, per aiutare a fare le cose velocemente ma anche bene, è un conto… La percezione che abbiamo è che la semplificazione sia una specie di deregulation, un approccio culturale per il quale le regole, più che essere strumenti che garantiscono la possibilità di fare bene delle cose, sembrano lacci e lacciuoli, qualcosa che ostacola fare delle cose. Questo colpisce perché, ad esempio, parlando di contratti pubblici e appalti c’erano già regole da applicarsi in momenti cosiddetti emergenziali, c’erano già previsioni di semplificazioni rispetto alla concessione di autorizzazioni, sembra che tutto questo sia stato dimenticato. In una lettera del 9 aprile, Francesco Merloni, presidente dell’Anac, ha smentito l’idea che il codice degli appalti avesse rallentato le attività mentre invece il trend del mercato degli appalti è in salita e ci sono numeri che lo dimostrano.

Qui la lettera del presidente dell’Anac, Merloni_

Sembra che i rischi maggiori riguardino la democrazia, la possibilità per i territori di opporsi a nuove, inutili, dannose opere e la trasparenza di filiere produttive storicamente infestate dalle cosche  cui vengono consegnati pezzi consistenti di economia e di futuro.

Il tema vero è questo, perché se uno va a vedere perché erano state varate queste norme e perché era stata creata l’Anac, con l’assorbimento dell’autorità di vigilanza sugli appalti, scoprirà che, anche sulla base di investigazioni, si era scoperto che le imprese avevano fatto cartello e quindi si erano accordate sull’assegnazione a rotazione dei lavori appaltati. Se poi uno pensa alla trattativa diretta e alle soglie che sono state inserite, tantissimi lavori pubblici vengono assegnati in maniera diretta o chiamando un numero limitato di imprese che possono trovare un accordo di cartello. Il fatto che, insieme alla criminalità organizzata, possano attivarsi circuiti paralegali e corruttivi è un rischio molto forte. Attenzione, dire queste cose non vuol dire come qualcuno sostiene allora in nome della lotta alla criminalità organizzata non dobbiamo fare niente. Al contrario, vuol dire fare le cose, ma mantenendo un livello trasparenza che vuol dire mettere qualche paletto ex ante,ed  ex post i controlli che già in fase di assegnazione ed esecuzione delle opere possano dare garanzie che le aziende vincitrici siano quelle meritevoli. 

Le vostre obiezioni sono contenute in un documento prodotto dal tavolo #GiustaItalia.

#GiustaItalia è un’operazione importante perché vuol dire aver messo insieme associazioni che da più di vent’anni si occupano di antimafia e anticorruzione più i sindacati, un arco di realtà e persone con una certa competenza che ha formulato 18 proposte precise non solo di giustizia sociale ma di sostegno agli appalti e alle imprese che tenevamo conto anche di quello che è emerso nelle audizioni delle commissioni parlamentari riunite Attività produttive e Finanze, dove alcune cose sono state dette da procuratori come Melillo di Napoli e Greco di Milano che sanno come applicare il famoso principio follow the money. Nel mondo dei sindaci, tuttavia, una parte è a favore la semplificazione così come è stata fatta perché la ritiene un’azione finalizzata a sburocratizzare il sistema. Purtroppo non ci pare sia così. La paura, sa qual è? E’ che se uno va a vedere, come abbiamo fatto noi, da metà aprile a metà giugno, nella trentina di operazioni antimafia quello che colpisce non è solo l’arresto di mafiosi per il 116 bis ma soprattutto gli vengono contestati reati legati alla criminalità economica, come frode, truffa, riciclaggio, auto-riciclaggio, fatturazioni false, intestazione fittizia di beni. Questo significa che si sta creando un connubio sempre più forte tra criminalità organizzata e mondo della criminalità economica con l’obiettivo della gestione del potere, questo porta all’alterazione del principio della libera concorrenza e alla restrizione della libertà di mercato. Allora, che qualità avranno opere per le quali sono state pagate tangenti o non sono state rispettate le regole? Perché poi abbiamo imparato che i costi delle tangenti vengono scaricati sui cittadini, o aumentando un corso d’opera i lavori – e per far quadrare i conti far pagare più tasse – o a parità di prezzo l’opera viene fatta con materiali scadenti con ripercussioni dirette sulla vita delle persone. Perché poi i ponti crollano, i palazzi vanno giù e i costi di manutenzione aggiuntivi negli anni successivi che vanno a gravare in maniera sensibile sui bilanci delle amministrazioni locali. Ripeto: è proprio l’impostazione di fondo. Tutti vogliamo che si semplifichi ma che si faccia con razionalità, con una logica che metta i temi della trasparenza e della legalità come strumenti di garanzia non come intralcio.

Leggi le proposte di #GiustaItalia

Cosa ne è stato delle vostre proposte?

Pochissime, purtroppo, direi che c’è stato solo qualche piccolo segnale soprattutto sulla parte dei diritti sociali, questo tentativo di regolarizzazione dei migranti, ma sul sostegno alle imprese e in materia di appalti quasi niente. Tenga presente che oltre alle 18 proposte noi ci siamo preoccupati di presentare anche emendamenti al decreto liquidità. Ci siamo letti i testi e abbiamo consegnato precise proposte emendative che potevano essere utilizzate direttamente ma è stato fatto poco pur avendo cercato di interloquire con le forze politiche che si sono rese disponibili al dialogo. #GiustaItalia non si esaurisce con l’approvazione dei decreti: la battaglia andrà avanti. Il nostro approccio non è mai stato polemico ma sempre molto costruttivo, nel merito, quello che sorprende è che la politica proprio non ha risposto.

Che cosa pensate del modello Genova su cui sentiremo dei peana incredibili almeno fino al giorno dell’inaugurazione del nuovo ponte sul Polcevera?

Rimando alla lettera di Merloni che lo definisce modello non replicabile. Un conto è un’opera e un sindaco commissario. Provi a immaginare 8mila sindaci che diventani commissari per l’edilizia scolastica oppure decine e decine di commissari per le famose 130 opere dando loro poteri discrezionali significativi. Noi avevamo proposto un’altra cosa, di ridurre le stazioni appaltanti e assumere in quelle stazioni, personale qualificato, come ha scritto lo stesso Merloni. Ridurre i centri decisionali vuole dire anche migliorare il coordinamento dei lavori, razionalizzare le procedure e quindi impiegare in maniera efficiente ed efficace le risorse. Il far bene non sempre si concilia con il far presto. Ho l’impressione che siamo di fronte a una politica che guarda più al sondaggio più che a una che abbia una visione capace di traguardare veramente il futuro. Il covid non ci porterà più a come eravamo: possiamo essere migliori o peggiori, la preoccupazione è che si sia presa una strada che rischia di portarci su sentieri che già sappiamo pericolosi. Questo rischia di essere scaricato sulle generazioni future, già in difficoltà oggi, le lascio immaginare cosa sarà tra 10-20 anni per questi ragazzi.

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