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Cancellare il debito si può. Ce lo dice l’Europa

Il principio “pacta sunt servanda” – per cui uno Stato deve rispettare gli obblighi – non è assoluto. Importante sentenza europea [Eric Toussaint]

In una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea si afferma che uno Stato ha il diritto di imporre perdite ai propri creditori. Si tratta di una decisione molto significativa.
Diversi Stati che si trovano ad affrontare un cambiamento radicale delle circostanze a causa dell’impatto della pandemia e della crisi economica internazionale dovrebbero ricorrere al principio del rebus sic stantibus per ridurre sostanzialmente le risorse fiscali attualmente destinate al pagamento dei creditori e utilizzarle per le spese destinate ad aiutare le loro popolazioni. Da molti anni ormai il Comitato per la Cancellazione dei Debiti Illeciti (CADTM) sostiene che il diritto internazionale dà ai governi il diritto di imporre perdite ai loro creditori quando prendono misure unilaterali per aiutare le loro popolazioni.
Una recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) conferma che uno Stato può modificare unilateralmente i propri obblighi in termini di debito. In una sentenza del 23 maggio 2019, i giudici europei si sono pronunciati contro i ricorrenti, i creditori tedeschi (tre persone fisiche e due società) del debito greco, che avevano chiesto indennità finanziarie per un importo totale di quasi 4 milioni di euro. Secondo i creditori tedeschi, la legge votata in Grecia nel 2012, che ha imposto lo scambio dei suoi titoli di debito con nuovi titoli con uno scarto di garanzia di oltre il 50%, rappresentava una violazione degli obblighi della Grecia. I ricorrenti hanno invocato la violazione del principio pacta sunt servanda, il che significa che i termini di un contratto devono essere rispettati.
La Corte ha risposto che questo principio generale non si applicava loro e che in ogni caso il principio pacta sunt servanda poteva essere derogato se lo Stato invocava il principio rebus sic stantibus. La Corte respingeva il caso e li condannava al pagamento delle spese processuali.
Il principio di legge noto come pacta sunt servanda, secondo il quale lo Stato deve rispettare gli obblighi che ha contratto, non è assoluto. In alcune circostanze uno Stato ha il diritto di non adempiere ai termini del contratto. Inoltre, può modificarli. Infatti il principio pacta sunt servanda, che implica che le parti sono vincolate al contratto sottoscritto e per questo motivo non possono derogare agli obblighi derivanti dal presente accordo, è qualificato da un altro principio chiamato clausula rebus sic stantibus (a parità di condizioni), il che significa che le disposizioni del trattato o del contratto rimangono applicabili solo nella misura in cui le circostanze che hanno portato alla conclusione di tali atti rimangono tali e quali o che qualsiasi modifica non altera radicalmente gli obblighi inizialmente concordati. In parole povere, se le circostanze in cui è stato firmato un contratto cambiano in modo significativo, una delle parti può astenersi dall’eseguire i termini del contratto.
La Corte ha informato i creditori che non avevano il diritto di invocare il principio del mantenimento degli obblighi dello Stato greco nei loro confronti. In primo luogo, ha affermato che la Convenzione di Vienna, sulla quale i ricorrenti hanno basato la loro richiesta, si applica solo ai rapporti tra gli Stati. Ecco cosa dice la sentenza al punto 78: “Nella fattispecie, la sottoscrizione da parte dei ricorrenti dei titoli di debito contestati emessi e garantiti dalla Repubblica ellenica ha creato un rapporto contrattuale tra i ricorrenti e la Repubblica ellenica. Tale rapporto contrattuale non è disciplinato dal principio pacta sunt servanda dell’articolo 26 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. Ai sensi del suo articolo 1, questa Convenzione si applica solo ai trattati tra Stati”.
In secondo luogo, i giudici hanno affermato che la Grecia potrebbe invocare l’argomento che le circostanze sono cambiate, cioè il principio rebus sic stantibus, per recedere dagli obblighi relativi a un contratto. La Grecia ha utilizzato il principio rebus sic stantibus per votare la legge n. 4050/2012 che ha imposto una perdita di circa il 50% ai possessori di titoli di debito greci.
Ecco cosa dice la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) al punto 84: “Inoltre, e in ogni caso, non vi è alcuna prova che l’adozione della legge n. 4050/2012 abbia portato ad una violazione del principio pacta sunt servanda”. Infatti, l’investimento in titoli di debito pubblico non era esente dal rischio di perdite pecuniarie, anche se la legge che disciplina tali titoli non prevedeva la possibilità, prima della scadenza, di rinegoziare alcuni termini, quali il valore nominale, la cedola maturata e la scadenza. Come indicato dal Consiglio di Stato greco, tale rischio è dovuto in particolare al lungo periodo di tempo che intercorre dall’emissione dei titoli di debito, durante il quale eventi imprevisti potrebbero limitare sostanzialmente o addirittura distruggere le capacità finanziarie dello Stato, dell’emittente o del garante di tali titoli. Come stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (di seguito “Corte europea dei diritti dell’uomo”), qualora si verifichino tali imprevisti, come nel caso in esame la crisi del debito pubblico greco, lo Stato emittente ha il diritto di tentare una rinegoziazione sulla base del principio rebus sic stantibus”. [1] Si tratta di una decisione significativa per due motivi: 1. I creditori privati, siano essi individui o società private come banche, fondi di investimento o fondi avvoltoi, non possono invocare la Convenzione di Vienna per rivolgersi contro gli Stati che causano loro perdite. 2. 2. Uno Stato ha il diritto di non eseguire i termini di un contratto con i creditori e di modificare il contratto e di far valere le perdite nei confronti dei creditori. Ciò significa che essi possono cancellare il debito o ridurlo in modo sostanziale, in presenza di certe circostanze.

 

1] Il testo completo della sentenza di 30 pagine è disponibile in diverse lingue, anche se non ancora in inglese, sul sito web della Corte di giustizia dell’Unione europea http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=3EC2BC9C2F62009CF7333113BCBB68E4?text=&docid=214384&pageIndex=0&doclang=FR&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=21930352

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