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E comunque la risposta è “42”

“Muskismo” e la Silicon Valley nel podcast di Jill Lepore

Ci sono due tipi di lettorə di Sci-Fi: quellə che prendono decisamente alla lettera le visioni presentate dagli autorə, confondendo la fantasia con una visione anticipatrice del futuro (una “futurologia”, insomma); e quellə che leggono la fantascienza come una chiave metaforica per capire il presente e le sue contraddizioni.

Elon Musk fa parte della prima categoria, che è spesso composta da lettorə generalmente poco dotati di sense of humour.

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Per un divertente caso del destino, proprio nel periodo in cui sto leggendo a mio figlio e a mia figlia la “Guida galattica per gli autostoppisti” mi capita di ascoltare un podcast originariamente prodotto per la BBC da Jill Lepore intitolato “Elon Musk: The Evening Rocket”.

Al centro della serie in cinque episodi c’è la storia di Elon Musk, CEO di Tesla e SpaceX ma soprattutto grande narratore di sé stesso, supereroe della Silicon Valley del cui modello di business è il massimo rappresentante.

Jill Lepore, storica all’Università di Harvard e abile narratrice, dimostra in questa serie che il buon giornalismo consiste spesso semplicemente nell’unire i puntini, nell’ordinare le tessere di un complicato mosaico seguendo le intuizioni del pensiero critico.

Così veniamo introdotti nel corso della prima puntata alle radici ideologiche di quello che Lepore chiama il “muskismo”: la fantascienza.

Tra i suoi riferimenti letterari Elon Musk ha proprio la “Guida galattica per autostoppisti” di Douglas Adams, ma sembra averne smarrito per strada il significato metaforico e l’ironia. Il libro inizia infatti con un’ironica e senza appello condanna dell’ineguaglianza economica:

“Lontano nella notte dei tempi, nei grandi e gloriosi giorni dell’ex impero galattico, la vita era selvaggia, ricca e, nel complesso, esente da tasse. Molti uomini, naturalmente, divennero estremamente ricchi, ma questo era perfettamente naturale e non c’era nulla di cui vergognarsi perché nessuno era veramente povero, almeno, nessuno di cui valesse la pena parlare”.

La guida, secondo Jill Lepore, è in altre parole

“un’estesa e molto, molto divertente requisitoria della disuguaglianza economica, una tradizione fantascientifica che si estende fino alle distopie di H.G. Wells, un socialista.”

Mentre scriveva quello che sarebbe diventato il suo romanzo più famoso, uscito nel 1977 prima come sceneggiato radiofonico sulla BBC, lo scrittore britannico aveva ben presente la situazione di un paese tutt’altro che alieno, che applicava regole diverse ai suoi cittadini secondo il colore della pelle: il Sud Africa. Sulla macchina da scrivere che usò per la “Guida galattica” c’era un adesivo con scritto “End Apartheid”.

Elon Musk, che nel Sudafrica del Apartheid ci è nato, prima di emigrare in Canada e negli Stati Uniti, sembra avere avere del tutto rimosso l’aspetto critico presente nei suoi romanzi di formazione, tanto da volerne riprodurre gli aspetti più inquietanti.

Scrive ancora Douglas Adams nel suo romanzo:

“Per questi ricchissimi mercanti, la vita alla fine divenne piuttosto noiosa, e sembrava che nessuno dei mondi in cui si erano stabiliti fosse del tutto soddisfacente. O il clima non era del tutto giusto nell’ultima parte del pomeriggio o la giornata era mezz’ora troppo lunga o il mare era della tonalità sbagliata di rosa. E così si crearono le condizioni per una nuova sconcertante forma di industria: la costruzione di pianeti di lusso su misura.”

Eppure proprio questo — scrive Jill Lepore — sembrerebbe essere esattamente ciò che il signor Bezos e il signor Musk stanno facendo, con i loro piani per la conquista della luna e di Marte, annettendo i pianeti se potessero.

E allora lo slogan “There’s no planete B” intonato da milioni di giovani attivisti per il clima prende un tutt’altro significato.

Una serie che si ascolta con grande piacere, piena di spunti di riflessione interessanti e che spiega ancora una volta perché il giornalismo longform ha trovato il suo medium ideale nel podcast.

E comunque la risposta è “42”.

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