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Meloni contro i rave per colpire ogni dissenso

Al netto dell’ossessione per normare gli stili di vita, la legge anti-rave è una misura contro i movimenti sociali, in continuità con i decreti Minniti e Salvini

Con un decreto legge il Cdm ha modificato “le norme relative all’invasione di terreni o edifici, pubblici o privati, con la previsione della reclusione da 3 a 6 anni e della multa da 1.000 a 10.000 euro. Se il fatto è commesso da più di 50 persone allo scopo di organizzare un raduno dal quale possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica. Nel caso di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti, si prevede la confisca delle cose utilizzate per commettere il reato”. È quanto si legge nel comunicato ufficiale di palazzo Chigi a proposito della nuova norma anti-rave disegnata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e introdotta dal governo Meloni e firmata senza fiatare dal presidente della Repubblica. La norma introduce una nuova fattispecie di reato, l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica, che, si legge nel primo comma del nuovo articolo 434 bis del codice penale, «consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica».

«L’intervento normativo mira a rafforzare il sistema di prevenzione e di contrasto del fenomeno dei grandi raduni musicali, organizzati clandestinamente (c.d. rave party)», si legge nella relazione illustrativa della nuova norma. «I casi che si sono finora presentati – prosegue la relazione – hanno riguardato meeting, organizzati mediante un “passa parola” clandestino, realizzato attraverso il web e soprattutto attraverso i social network, che si sono tenuti in aree di proprietà pubblica o privata invase illecitamente dai partecipanti». «I requisiti di necessità e urgenza – ha detto Piantedosi in conferenza stampa – nascono dal fatto che l’assenza di una normativa efficace nel nostro Paese ci rendeva particolarmente vulnerabili, come testimonia la cronaca degli ultimi anni».

Inoltre si consente di disporre le intercettazioni per prevenire i rave, che vengono quasi sempre organizzati con un passaparola in chat e social ‘coperti’. Per il solo fatto di partecipare alla «invasione» la pena è diminuita. È sempre ordinata la confisca «delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato… nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione». Nel testo viene poi apportata una modifica al Codice antimafia disponendo le misure di prevenzione personali per chi si macchia del nuovo reato. Ciò consentirà l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per gli indiziati dell’«invasione per raduni pericolosi».

Su questo tema si è aperta una articolata discussione nel corso della quale i ministri di Fi, tra cui il vicepremier e responsabile della Farnesina, Antonio Tajani avrebbero chiesto molta cautela trattandosi di una materia inedita e tutta da studiare. Da qui la decisione di ulteriori approfondimenti. In generale, sulla questione del contrasto ai rave già la precedente ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, aveva messo al lavoro i suoi uffici per definire una norma che mettesse l’Italia al passo con altri Paesi europei. Con il nuovo Governo c’è stata solo un’accelerazione e non la «discontinuità» vantata da Lui, Giorgia Meloni. La tendenza all’autoritarismo post-democratica non è certo una prerogativa del post-fascismo ma una linea di lettura che da Minniti a Salvini, da Lamorgese a Piantedosi ha distinto le politiche repressive bipartisan.

La legalità in quanto tale non è la vera preoccupazione di Meloni. Prova ne sono le molte infiltrazioni mafiose nel suo partito, sottolineate da numerose inchieste giudiziarie, il culto per gli abusi di polizia da parte dei partiti di questo governo o, solo per fare un altro esempio, anche l’assoluta impunità garantita a raduni nostalgici come quello di Predappio che rischiano di costellare il paesaggio italiano dei prossimi mesi. Sì, è vero, il club dio-patria-famiglia ha l’ossessione ancora più marcata del controllo dei corpi e degli stili di vita (e dunque la legge anti-rave si inserisce sulla scia delle posizioni proibizioniste, antiabortise e sessuofobe tipiche della destra) ma il vero obiettivo di Piantedosi, come fu per Minniti e Salvini, è criminalizzare il dissenso, l’antagonismo, garantire la governabilità con il pugno di ferro. Legge e ordine per non disturbare il manovratore.

Non ci vuole una dose notevole di fantasia per comprendere gli spazi che questa norma apre a interventi repressivi ancora più duri e tempestivi contro manifestazioni elementari e in qualche modo tradizionali del dissenso.

Si pensi all’occupazione, solo pochi giorni fa, della Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, in risposta alle cariche della polizia. Anche in quel caso centinaia di studenti hanno “invaso l’edificio”, un gesto che qualsiasi gestore dell’ordine potrebbe reputare “pericoloso per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica” e così ogni volta che si organizza una manifestazione non autorizzata, occupando un cantiere, un campo, un palazzo abbandonato. Magari a Piombino contro un rigassificatore che nessuno vuole, magari in Valle di Susa, dove peraltro la creatività di forze dell’ordine e Procura si esprime da anni con estrema ferocia e disinvoltura. La vaghissima definizione di “pericolo per l’ordine pubblico” sarà oggetto della riflessione di quello che resta del tessuto garantista di questo paese ma la continuità con i governi che si sono succeduti è armoniosa: dopo Minniti e i suoi daspo per gli attivisti e i sindacalisti è arrivato Salvini, con Piantedosi come ghostwriter, a criminalizzare con pene altissime le occupazioni di case, i picchetti sindacali e i blocchi stradali. L’abolizione di questi articoli dei decreti sicurezza non è mai stata nell’agenda del Pd e dei cinquestelle che ora si ergono a paladini della libertà di movimento e del diritto al dissenso.

La legge anti-rave vuole colpire anche e soprattutto chi, pur non avendo mai voluto partecipare a un rave, crede che l’opposizione a un governo e a un padronato violenti si possa e si debba dispiegare nelle forme efficaci e coinvolgenti che i movimenti sociali scelgono autonomamente di darsi.

 

 

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