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Usa, condannato morì dopo due ore di agonia. «Fu tortura»

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Rivelati solo ora i verbali di quella notte. Iniettato per 15 volte il mix letale nelle vene di Wood. «L’esecuzione andava fermata». Obama vuole vederci chiaro. Aperta un’inchiesta.

di Massimo Lauria

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Si dimenava nella speranza di rompere i lacci che lo tenevano legato al lettino di morte. Nelle sue vene scorreva un mix letale di veleno che però non l’ha ucciso subito. Joseph Wood si è contorto per centoventi lunghissimi minuti, gemendo per il dolore. Voleva liberarsi dalla tortura del boia. Ma invece nella prigione di Tucson, in Arizona, sono andati avanti, infierendo sul corpo dell’uomo che non poteva reagire. Per quindici volte hanno iniettato nelle sue vene il mix letale di veleni, ma avrebbero dovuto fermarsi al primo tentativo fallito.

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La vicenda è avvenuta il 24 luglio scorso, ma i verbali di quell’orribile notte sono stati rivelati solo ora. Wood era stato condannato per aver ucciso la fidanzata e il padre. L’amministrazione Obama, adesso, vuole vederci chiaro, capire perché tanto accanimento per dare esecuzione ad una pena che avrebbe potuto essere rinviata. Il ministro della giustizia, Eric Holder, nel frattempo ha aperto un’inchiesta. E la vicenda promette di avere un lungo strascico di polemiche.

Secondo i legali di Wood e delle associazioni contro la pena di morte «si tratta di una esecuzione senza precedenti». Gli avvocati del condannato avevano chiesto un appello di emergenza, dopo aver visto ansimare il proprio assistito. Ma non c’è stato niente da fare: la procura di Tucson ha deciso di proseguire, anche di fronte all’evidenza di una tortura in atto. Nessuno dei protocolli legali previsti è stato seguito, denunciano ancora i suoi legai. Dopo la prima iniezione andata a vuoto, la mano del boia avrebbe dovuto fermarsi. Il mix letale su Wood, infatti, non ha avuto l’effetto sperato. L’uomo è morto in mezzo ad atroci sofferenze, dopo altre quattordici iniezioni, un’ora e cinquantasette minuti dopo.

La vicenda ha aperto un nuovo dibattito negli Stati Uniti, dove la pena di morte è ancora una pratica diffusa in molti stati della nazione. L’indignazione per la vicenda Wood, scrivono i media americani, è bipartisan. Secondo il senatore repubblicano ed ex candidato alla Casa Bianca John McCain, «questi sono veri e propri episodi di tortura». Ma la paura delle associazioni americane contro la pena capitale, è che gli effetti della nuova inchiesta vengano presto smorzati, rendendo per l’ennesima volta vana la discussione in corso.

Già lo scorso aprile, infatti, il presidente Barack Obama era intervenuto personalmente chiedendo l’apertura di un’indagine sui metodi usati nei vari penitenziari americani. L’occasione allora l’aveva fornita un’altra folle esecuzione, quella di Clayton Lockett, morto dopo quarantatre minuti di agonia. Ma da allora poco si è mosso.

Un’inchiesta parallela a quella voluta dal ministro della giustizia Usa è stata aperta anche dal governatore dell’Arizona. Per il momento nello stato americano le esecuzioni sono state sospese. Ma il timore che tutto finisca in una bolla di sapone, prende il posto della speranza di fare luce sulla vicenda. E tra i democratici americani si fa strada l’idea di aprire una vera inchiesta sulle istituzioni carcerarie, promuovendo un’indagine indipendente.

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