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«Di respirare lo stesso palco di un razzista non ci va»

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Paola Turci e Nabil dei Radiodervish rifiutano il premio Terre del Negroamaro  perché non hanno voglia di stare in compagnia di un condannato per razzismo: il sindaco veronese Tosi

di Checchino Antonini

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«Il palco è un luogo sacro e le persone con le quali lo condividi sono dalla tua parte, e tu dalla loro». In un lungo post sul suo profilo Facebook, Paola Turci torna sulle polemiche sollevate dalla sua scelta di non partecipare al premio Terre del Negroamaro in programma a Guagnano, in Puglia, il 22 agosto. Una decisione «sofferta», precisa, ma «determinata dalla volontà di non condividere il palco» con il sindaco di Verona Flavio Tosi, in quanto «persona su cui grava una condanna per propaganda razzista« e non perchè »esponente di un particolare partito politico». «Non cerco pubblicità – scrive la cantante – non ho convocato la stampa, anzi, mi dispiace molto essere dentro a una polemica che non ho cercato. Non sapevo, quando sono stata invitata, che anche Flavio Tosi avrebbe preso parte a questo evento (così come non lo sapeva l’amico Nabil, dei Radiodervish, che ha deciso di non esserci per la stessa ragione). E per questo motivo e solo per questo, ho deciso di non confermare la mia partecipazione». Paola Turci precisa ancora che «la città di Verona non è coinvolta in questa spiacevole vicenda, che riguarda invece solo ed esclusivamente il palco del paese pugliese. La città di Verona è stata tirata in ballo dal sindaco Tosi che mi ha definita ‘incoerente’ per aver preso parte, nel 2013, alla rassegna ‘Venerazioni’, presso il Teatro Romano. Questa critica non può trovare fondamento se si considera che la mia partecipazione al Teatro di Verona non mi ha certo portato a condividere il palco con lui».

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«Leggo su un quotidiano pugliese che la cantante Paola Turci ha deciso di non partecipare al Premio Terre del Negroamaro, in programma a Guagnano il 22 agosto prossimo, perchè non intende condividere il palco con il sottoscritto, in quanto sindaco leghista. Liberissima di farlo, ma clamorosamente incoerente», aveva fatto sapere, infatti, il sindaco di Verona, Flavio Tosi. «Il fatto che il sottoscritto sia sindaco di Verona, infatti – aggiunge – non le ha impedito l’anno scorso di partecipare (non credo proprio gratuitamente) al Teatro Romano (di proprietà del Comune di Verona) alla rassegna ‘Venerazioni’, promossa per giunta (quindi con costo scontato del suddetto Teatro) dall’amministrazione comunale a guida leghista». «Cosa non si fa – prosegue Tosi – per farsi pubblicità! Comunque, se Paola Turci vorrà, in futuro, ripetere un evento come quello da noi co-organizzato nel nostro Teatro Romano, la accoglieremo sempre volentieri: non siamo antidemocratici, e non facciamo discriminazioni, come fa lei». A Guagnano (Lecce), cuore della produzione del vino Negramaro, la decisione di assegnare un riconoscimento a Tosi (col contributo anche dell’assessore della giunta vendoliana della Regione) è stata criticata nei giorni scorsi da esponenti del centrosinistra. Il sindaco, secondo chi lo ha invitato, verrebbe premiato per il contributo dato al successo di Vinitaly, «vetrina internazionale anche per il nostro vino e dunque anche per la nostra economia» Gabellione, forzista, presidente della Provincia di Lecce) ma, secondo i detrattori, l’operazione che si sta compiendo a Guagnano è quella di offrire credibilità al Sud ad un personaggio della Lega a cui Fitto, leader pugliese di Forza Italia, il partito del sindaco Leone, guarda come alleato nella sua corsa alla leadership del centrodestra».

Nel 2001 Flavio Tosi venne rinviato a giudizio per aver violato la legge Mancino ai danni di individui di etnia Rom e Sinti. Aveva promosso una campagna: “Firma anche tu per mandare via gli zingari dalla nostra città”. In primo grado, nel 2005, vennero condannati a sei mesi di reclusione Tosi e altri papaveri leghisti veronesi e a tre anni di interdizione a partecipare ad elezioni politiche ed amministrative. Nelle motivazioni della sentenza: «(hanno) diffuso idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale ed etnico e incitato i pubblici amministratori competenti a commettere atti di discriminazione per motivi razziali ed etnici e conseguentemente creato un concreto turbamento alla coesistenza pacifica dei vari gruppi etnici nel contesto sociale al quale il messaggio era indirizzato.»

Il 30 gennaio 2007 si svolgeva a Venezia il processo d’appello. Il giudice riduceva le pene, assolvendo i leghisti dall’accusa di “istigazione alla discriminazione” perché il fatto non sussiste, pur confermando la condanna per aver organizzato una propaganda di idee fondate sull’odio e sulla superiorità etnica e razziale. La Corte riteneva che la petizione promossa dagli imputati fosse di per sé lecita, ma riconosceva che la campagna mediatica promossa diffondesse idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale. I mesi di reclusione venivano, di conseguenza, ridotti da sei a due. Il 13 dicembre 2007 la Cassazione annullava la sentenza d’appello ritenendola carente sotto il profilo motivazionale, rinviando Tosi e gli altri imputati a nuovo giudizio.

Il 20 ottobre 2008 la corte d’appello di Venezia ha confermato la condanna di Tosi e degli altri imputati a due mesi di reclusione, pena sospesa. L’11 luglio 2009 la Cassazione ha condannato in via definitiva Flavio Tosi a due mesi di reclusione, con sospensione della pena. Nell’ottobre 2009 Tosi è stato condannato dalla Cassazione a 4mila euro di multa e alla sospensione per tre anni dai pubblici comizi.

Ma tra le perle pronunciate da Tosi c’è anche una bordata omofoba: nel settembre 2013, Tosi, durante “La Zanzara” su Radio 24, ha affermato: «Pensare che i gay siano malati è un’opinione legittima, non è reato. Fino a qualche anno fa l’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, metteva l’omosessualità nella categoria delle malattie, voi pensate che all’Oms fossero tutti omofobi? Bisogna avere rispetto di tutte le opinioni. Non sono d’accordo, ma non posso aver il diritto di impedire che uno dica che l’omosessualità è una malattia». «Il Gay Pride? Chi lo organizza sbaglia perché è una carnevalata. E fare una carnevalata non aiuta».

A proposito di carnevalate: anni fa s’era sparsa la voce che s’era fatto una passeggiata in città con un leone al guinzaglio dicendo “El leon magna el teròn”. La storia girò per vari giornali, lui la smentì sul prestigioso settimanale berlusconiano Panorama: non era un leone, era un tigrotto e stava pubblicizzando il Circo Padano. L’aneddoto fu ripreso dal quotidiano Liberazione a margine di un pezzo che spiegava come la Lega veneta s’era inventata un meccanismo truffaldino per far piovere soldi sugli ospedali privati che tagliavano posti letto. Lui querelò quel giornale per il fatto del leone, non per quello della pioggia di denari. Un giudice avrebbe archiviato.

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