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Kurdi, e del Pkk, gli eroi che si oppongono all’Isis

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Guerriglieri del Pkk e del Kurdistan siriano hanno aiutato la fuga degli Yezidi dopo la diserzione dei peshmerga di Barzani. Obama cancelli il Pkk dalla lista delle organizzazioni terroristiche

di Checchino Antonini

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Sono i guerriglieri del Pkk e delle Ypg, le unità di difesa dell’Upd, il partito kurdi siriani, i veri eroi della guerra in corso nel nord dell’Irak . Il 3 agosto le forze del Partito Democratico del Kurdistan di Barzani (KDP), i peshmerga, hanno disertato, senza informare i civili, le loro posizioni attorno a Sinjar lasciando centinaia di yezidi e altre minoranze religiose alla mercé dello Stato Islamico (IS). La gente di Sinjar si è svegliata quella mattina trovandosi sotto la bandiera nera dello Stato Islamico. Così informa l’agenzia kurda Fırat News (ANF). «Siamo nel nord dell’Iraq, ma gli uomini sulle montagne di Sinjar sono in realtà i combattenti curdi dalla Siria e Turchia – ha confermato Romeo Langlois, inviato speciale di FRANCE 24 nella zona – Daesh, come chiamano qui lo Stato Islamico, è a pochi chilometri».

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Ma, nel Gennaio del 2004 il governo degli Stati Uniti ha dichiarato il partito dei lavoratori del Kurdistan un’organizzazione terroristica. Il PKK, in realtà, è un’organizzazione politica curda e un’organizzazione militare che tra il 1984 ed il 2013 ha combattuto una lotta armata contro lo stato turco per i diritti culturali, civili e politici. Il PKK è un partner nella difesa dell’Iraq e del Kurdistan contro lo Stato islamico (IS), «così il governo degli Stati Uniti dovrebbe immediatamente rimuovere il PKK dalla lista delle organizzazioni terroristiche internazionali», chiede una petizione rivolta a Obama (https://petitions.whitehouse.gov/petition/remove-kurdistan-workers-party-pkk-list-international-terrorist-organizations/pxgNYqFD).

«L’agenda fascista dello Stato Islamico (IS) rispetto alla popolazione yezida dell’Iraq non era un segreto per nessuno. Ma le forze dei Peshmerga di Barzani, che aveva promesso protezione agli yezidi di Sinjar e delle aree circostanti li ha abbandonati senza preavviso dopo che erano stati attaccati, lasciandoli al loro destino nelle mani dell’IS. Il risultato è stato un genocidio – dice Saladdin Ahmed, sociologo all’Università di Duhok (sta lavorando ad un libro “La distruzione di Aura e lo spazio totalitario”) – d’altra parte i curdi siriani stanno combattendo gli jihadisti, incluso IS, da oltre un anno. Hanno fatto questa resistenza alle forze estremiste nonostante il rifiuto di Barzani di sostenerli, anche solo togliendo l’embargo economico sul Kurdistan siriano. Sono stati i curdi siriani che sono andati in soccorso degli yezidi intrappolati sul monte Sinjar. In mezzo all’intrigo internazionale in crescita e il plauso per i Peshmerga del Kurdistan irakeno, il ruolo delle Unità di Difesa del Popolo (YPG) del Partito dell’Unione Democratica (PYD) e del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) è stato seriamente ignorato».

IS, considera il genocidio degli yezidi come un dovere religioso, da allora ha catturato centinaia di ragazze e donne yezide e le ha costrette alla schiavitù sessuale. Allo stesso tempo risulta che gli yezidi che hanno avuto la possibilità di fuggire sul monte Sinjar sono stati fuorviati da falsi rapporti da parte dei media del KDP secondo i quali i Peshmerga avevano liberato Sinjar, facendo sì che alcuni profughi scendessero dal monte, solo per trovare i miliziani dell’IS che li aspettavano per massacrarli.

Nei giorni successivi i Peshmerga del KDP non solo non sono riusciti a riconquistare Sinjar ma altre città sono cadute nelle mani dell’IS. Quando IS continuava ad avvicinarsi alle vicinanze a sud di Erbil e si è sparso il panico tra la gente della capitale curda irakena, pare che migliaia di appartenenti al personale della sicurezza del KDP abbiano smesso di presentarsi al proprio posto e le richieste del KRG, il governo regionale kurdo, per un intervento militare Usa sono iniziate sul serio. L’8 agosto, quando l’attenzione del mondo era rivolta alla decisione degli USA di impegnarsi di nuovo militarmente in Iraq e i Peshmerga di Barzani continuavano a disertare le proprie posizioni, le donne curde siriane e i combattenti uomini delle YPG, insieme ai loro compagni del PKK si erano già spostati da Rabiya verso la regione di Sinjar e nella città di Makhmur per difendere le aree lasciate vuote dalle forze del KDP. Ci sono persino rapporti secondo i quali avevano mandato forze a sud fino a Kirkuk per fermare l’offensiva dell’IS.

Nonostante i loro equipaggiamenti molto scarsi, in particolare a fronte degli armamenti avanzati dell’IS, dei quali molti abbandonati dall’esercito irakeno a Mosul, e il perdurare della lotta attraverso il confine nel Kurdistan siriano per respingere IS da villaggi e città nel Rojava, YPG e PKK si sono rivelate come le forze più competenti sul campo. Già il 4 agosto, il giorno dopo che migliaia di yezidi erano fuggiti sul monte Sinjar, viene riferito che guerriglieri delle YPG stavano proteggendo la gente dagli attacchi dell’IS. Per rafforzare l’embargo contro il Rojava, il KDP ha anche scavato un fossato proprio lungo il confine che per i curdi ha sempre rappresentato occupazione e ingiustizia. Ciononostante le YPG e il PKK hanno messo da parte le dispute politiche con Barzani in questo momento di crisi nel Kurdistan irakeno. I curdi del Kurdistan occidentale (Rojava) e settentrionale (Bakur) hanno combattuto l’IS ai confini della regione del Kurdistan in Iraq che dovevano essere protetti dal KDP di Barzani. Inoltre, se non fossero intervenuti in modo così forte per combattere l’IS, forse nemmeno l’intervento americano sarebbe stato in grado di salvare Erbil. «Il Kurdistan irakeno – secondo il docente – può e deve anche imparare dal Kurdistan siriano come attuare politiche più inclusive sotto tutti gli aspetti del governare, inclusa la loro struttura e il funzionamento delle forze armate. Come il Rojava, il Kurdistan meridionale dovrebbe coinvolgere i diversi popoli della regione, non solo i curdi etnici e non solo gli uomini. In questo modo la grande regione del Kurdistan, nonostante i confini che separano ciascuna delle parti sarà unita nel suo impegno per staccarsi dalle politiche razziste che hanno dominato le politiche degli stati-nazione del Medio Oriente per decenni.

Infine, nel caso probabile in cui IS sotto la pressione dei bombardamenti americani contro le sue forze in Iraq presto manderà più forze in Siria, i curdi siriani continueranno a pagare un prezzo pesante per l’incapacità degli attori politici di mettere un freno a questa creazione arabo-sunnita. In effetti, a seguito dell’abbandono delle proprie postazioni e di armi americane avanzate da parte dell’esercito irakeno a Mosul il 9 giugno e solo due giorni dopo nella città di Tikrit, l’IS ha prontamente portato le armi conquistate in Siria dove da allora hanno sferrato attacchi contro i curdi siriani con ferocia ancora maggiore.

 

Le lezioni del Kurdistan occidentale

La Comunità Internazionale nel suo complesso, dovrebbero ricordarsi dei sacrifici del Rojava nella crisi in atto in Iraq. Il Rojava si è guadagnato il diritto alla solidarietà e al sostegno della Comunità Internazionale attraverso la resistenza contro le forze dell’oscurità».

Il Rojava è una striscia che si estende lungo i 700 Km della frontiera con la Turchia. Questa zona è chiamata dai Kurdi Kurdistana Rojava, ovvero Kurdistan Occidentale, mentre l’adiacente zona kurda della Turchia, dov’è concentrata la maggior parte di questo popolo è chiamata Kurdistan Settentrionale e la zona kurda verso Sud-Est, posta all’interno dell’Iraq è chiamata Kurdistan Meridionale.

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La Turchia nega asilo ai bambini

I bambini di alcune famiglie che sono fuggite in Turchia, cercando di trovare rifugio nel distretto Silopi di Şırnak, si sono visti negare l’ingresso al valico di confine di Khalil Ibrahim perché non avevano il passaporto. Molti bambini, inclusi bambini di quattro mesi, un anno e due anni, non hanno avuto il permesso di attraversare il confine.

Alcune di queste famiglie hanno dovuto lasciare i propri bambini al confine prima di trovare rifugio in un campo costruito nel distretto dalla municipalità di Silopi dove ora sono ospitati 1300 curdi yezidi.

Le madri yezide hanno fatto appello alle autorità del Kurdistan meridionale e della Turchia perché finisca questa imposizione. Un bambino di due anni è stato arrestato dalla gendarmeria mentre suo zio stava cercando di attraversare illegalmente il confine insieme a lui.

E per chi non ce la fa a fuggire c’è l’incubo degli stupri etnici. Due funzionari delle Nazioni Unite hanno condannato con grande forza gli “atti barbarici” di violenza sessuale e gli “stupri selvaggi” che il gruppo armato Stato Islamico (IS) ha perpetrato sulle minoranze nelle aree sotto il suo controllo. In una dichiarazione congiunta da Baghdad, il Rappresentante speciale del segretario generale sulla violenza sessuale nei conflitti (SRSG), Zainab Hawa Bangura e il Rappresentante speciale del segretario senerale per l’Iraq, Nickolay Mladenov, hanno sollecitato con urgenza l’immediata protezione dei civili. Intanto, sul fronte umanitario, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dell’ONU (OMS) mercoledì ha dichiarato il proprio sostegno all’invio di servizi urgentemente necessari a decine di migliaia di persone ancora intrappolate sulla montagna di Sinjar. La situazione umanitaria della popolazione civile sulla montagna di Sinjar è allarmante per via degli stretti corridoi per trasportare l’essenziale come medicine, cibo e acqua, in particolare con le elevatissime temperature che raggiungono i 44 gradi.

Negli ultimi giorni oltre 60,000 persone hanno attraversato il valico di confine di Feshkhabour attraverso la Siria per rientrare in Iraq a Dohuk. La minaccia di epidemie in rifugi affollati è molto presente.

 

Donne yezide vendute al mercato di Mosul

Un prete cristiano nella provincia di Ninova, Enis Hana El Demniki, ha affermato ad Al Arabia Tv che ISIS ha portato 700 donne yezide al mercato di Mosul per venderle. Il prete Enis Hana El Demniki ha affermato che le bande di ISIS stanno seriamente minacciando la regione e che molte famiglie sono state sfollate dalle loro case. «Stanno costringendo la gente a convertirsi all’Islam. Stanno catturando le donne per costringerle a sposarle. Queste cose non vengono fatte solo ai cristiani, ma anche ai nostri fretelli e sorelle Yezidi». Ogni donna viene venduta per 150 dollari. Yezidi e Turcomanni a Tuz Khurmatu sono anch’essi soggetti a massacri da parte delle bande di ISIS, El Demniki ha aggiunto: «Le bande di ISIS rendono la vita della gente miserabile con le Fatwa e la coercizione. Isis vieta di guardare la televisione, giocare a calcio, e di far lavorare le donne”.

 

Ocalan parla dall’isola prigione

Dall’isola prigione di Imrali manda saluti e «sentimenti di apprezzamento speciali» per le forze di pace che resistono nella regione: «Salutando la prossima Giornata Mondiale della Pace del primo settembre, mando le mie condoglianze al popolo Yezidi di Sinjar. Commemoro con rispetto tutti coloro che sono caduti resistendo per la libertà del popolo di Rojava, Sinjar, Maxmur e Mosul. Mando i miei saluti speciali e grazie alle forze di pace nazionali che sono impegnati nella lotta in tutta la regione per la nostra libertà». Abdullah Öcalan è sempre il popolare leader kurdo. Il giorno di ferragosto è stato visitato da una delegazione dell’HDP, il Partito democratico dei popoli, la formazione che prova a colmare il vuoto di opposizione democratica della Turchia.

Dopo 30 anni di guerra, Ocalan crede che sia arrivato il momento di negoziati: «Questo processo, dopo i risultati elettorali, ha un profondo significato storico e sociale e ha il potenziale di essere un modello per la risoluzione pacifica dei seri problemi in tutta la regione, non solo in Turchia. L’HDP sarà un’opposizione efficace». L’HDP, infatti, è il risultato degli sforzi per unire sotto un unico tetto la sinistra turca, il BDP, le popolazioni marginalizzate politicamente e la società civile (aleviti, armeni, circassi, lazi, arabi e assiri, così come femministe, socialisti, partiti di estrema sinistra, movimenti ambientalisti, gruppi a favore delle comunità disabili, gay e lesbiche).

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Un appello ai democratici italiani

In Medio Oriente, in Irak e Siria, particolarmente nel Kurdistan iracheno e siriano, è emergenza umanitaria.Le armate criminali di ISIS (ora ridefinitesi IS, Stato islamico), forti di migliaia di mercenari arruolati in tutto il mondo, avanzano massacrando la popolazione civile, senza risparmiare vecchi, donne e bambini.

L’opposizione armata delle HPG (PKK) e YPG (Forze di difesa del popolo nell’Autonomia democratica del Rojava in Siria), è intervenuta anche nelle zone dove le milizie di difesa locale mostravano segni di cedimento, organizzando nuove armate di difesa popolare unitarie insieme alla popolazione locale, sia in Siria sia nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno, dove anche i peshmerga combattono con i partigiani del PKK per difendere le popolazioni interessate senza distinzione di appartenenza etnica, religiosa o politica.

Intanto gli attacchi delle armate hanno prodotto centinaia di migliaia di profughi interni (oltre 50.000 solo nel Rojava) ed è emergenza umanitaria. Mancano medicine, medici, generi di prima necessità, alimenti, acqua. Numerosi sono i bambini che muoiono ogni giorno per disidratazione, secondo l’UNICEF.

Sono in particolare difficoltà anche gli sfollati dal campo di Mahmura che, sfuggiti dagli attacchi di IS, si sono spostati nei pressi di Ranja, dove c’è grande carenza di qualsiasi genere di prima necessità, dalle abitazioni, al cibo, alla medicine.

Come rete italiana di solidarietà con il popolo kurdo chiediamo con questo appello ai cittadini, alle associazioni, alle organizzazioni politiche, sindacali e della società civile, ai giornalisti di impegnarsi per informare, sensibilizzare e organizzare momenti di pressione verso il Governo Italiano, affinché agisca concretamente, come annunciato pochi giorni fa dal viceministro Pistelli e come confermato dalla Ministra Mogherini, direttamente (e indirettamente, verso l’ONU e l’UE) per fermare IS e perché vengano prontamente inviati aiuti umanitari in soccorso delle popolazioni colpite e della loro resistenza.

Proponiamo:

. che vengano organizzati tempestivamente presidi di protesta presso tutte le Prefetture Italiane;

. che tutte le Associazioni sollecitino il Governo italiano a inviare prontamente gli aiuti annunciati;

. che in ogni Regione italiana ci si attivi per chiedere direttamente alle Regioni, alle Provincie, ai Comuni l’invio di contributi al Rojava e al Sud Kurdistan.

. Promuoviamo inoltre una nostra diretta raccolta di fondi per sostenere le decine di migliaia di persone rifugiate nel Regione del Rojava (Siria) dove resiste l’autogestione popolare protetta dalle YPG e dalle YPJ (Forze di difesa femminili) e nel Sud Kurdistan.

 

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