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Il dramma degli orfani di ebola in Africa occidentale

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Migliaia di decessi e contagi in Africa, ma ebola sta mietendo altre vittime: i figli dei malati. In Liberia già 300 gli orfani, abbandonati a loro stessi per paura che siano infetti.

 

di Alessandra Contigiani

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Oltre duemila e novecento decessi, seimilaottocentocinque casi di contagio di ebola segnalati in Liberia, Nigeria, Guinea e Sierra Leone. E ancora, in Senegal e nella Repubblica Democratica del Congo. Ma quel che è peggio, è che ci sono centinaia di bambini divenuti orfani, o che stanno per diventarlo, che rischiano di non avere futuro, perché abbandonati a se stessi.

 

In Africa decine di persone contraggono ogni giorno la febbre emorragica, che raramente lascia scampo: l’Organizzazione mondiale per la Sanità ne ha segnalato l’aumento del tasso di mortalità (giunto ormai al settanta percento) nonché la crescente diffusione. Si parla, infatti, di ben ventimila contagi previsti entro i primi di novembre, nel caso in cui la situazione rimanga invariata. Ciò vuol dire che, se governi e organizzazioni internazionali non cominceranno a fronteggiare seriamente l’ebola, circa quattordicimila persone saranno destinate a morire nell’arco del prossimo mese e mezzo. Consumate da un morbo atroce, dilaniate da febbre elevata, diarrea, emorragie interne ed esterne.

 

C’è di più. Le ong che seguono da vicino le popolazioni colpite dal virus, come Plan International, segnalano l’ennesimo dramma nel dramma. Solo in Liberia ammontano a circa trecento i bimbi rimasti orfani a causa dell’ebola. Bimbi di cui nessuno si prende cura, per il timore del contagio (il periodo d’incubazione arriva fino a tre settimane) e che vivono in totale stato d’abbandono.

Liberia. Un gruppo di bambini viene messo in isolamento perché il loro padre è stato contagiato dal virus.
Liberia. Un gruppo di bambini viene messo in isolamento perché il loro padre è stato contagiato dal virus.

In Liberia, la metà delle famiglie sono monogenitoriali a causa di sanguinose guerre civili terminate nel 2003 con un bilancio di circa duecentocinquantamila morti. A quanto dichiara il ministro dell’Informazione liberiano Lewis Brown, il rischio di un nuovo conflitto è dietro l’angolo, per via delle conseguenze economiche e politiche delle restrizioni dovute alla diffusione del virus. Nonostante gli Stati Uniti abbiano inviato soldati a supporto delle forze locali, la situazione potrebbe esplodere da un momento all’altro.

 

È facile immaginare come, in un contesto simile, sempre più bambini siano destinati ad ammalarsi e a morire, come a divenire orfani ed essere ghettizzati in qualità di potenziali untori. A quanto riferisce Plan Italia onlus, i bambini non vanno a scuola ormai da mesi (gli istituti pubblici sono chiusi). Si tratta di bimbi fortemente traumatizzati, che vivono con la costante paura di contrarre il virus. Alcuni vengono preventivamente allontanati dai propri genitori ed inviati in zone considerate meno a rischio. Quando rimangono orfani i parenti spesso i rifiutano di occuparsene, negando loro cibo e cure.

 

Ai trecento bimbi liberiani, si aggiungono trecentonove bimbi orfani del Sierra Leone. Un quadro drammatico che peggiora di giorno in giorno. E che non può, non deve continuare ad essere ignorato.

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