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No Tav, chiesti più di 9 anni per Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò

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Le richieste di pena al processo per il teorema di terrorismo contro il movimento No Tav. Il pm con “l’elmetto”: «Fu un atto di guerra»

di Ercole Olmi

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«Come se il compressore fosse Napolitano». Nove anni e mezzo di carcere chiesti per Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò in carcere dal 9 dicembre scorso con l’accusa di terrorismo secondo l’aberrante teorema elaborato dalla Procura di Torino per favorire la costruzione dell’alta velocità in Val Susa ai danni di uno dei movimenti popolari più unanimi e combattivi da vent’anni in qua.

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Quelli che sui siti No Tav vengono definiti i “i pm con l’elmetto”, Padalino e Rinaudo, estromessi dall’arringa finale al maxiprocesso, si sono esibiti in una ricostruzione inverosimile di quella notte per arrivare a parlare di “organizzazione paramilitare”, di attentato, di volontà di far male e formulare una richiesta di pena spropositata per il danno a un compressore, avvenuto la notte fra il 13 e il 14 maggio 2013 al cantiere di Chiomonte, paragonato a un “atto di guerra”.

«Violenza armata e organizzata in modo paramilitare per acquisire consensi e per costringere lo Stato a retrocedere».

«Noi giudichiamo la condotta e non le idee», avevano esordito i pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino. «Sul Tav ognuno ha le sue opinioni, è un’opera che può piacere o non piacere. Ma quella non fu una manifestazione di dissenso e nemmeno un’iniziativa estemporanea di pochi ribelli. Si trattò di violenza armata. Il cui obiettivo era costringere lo Stato ad abbandonare una scelta politica ed economica, a retrocedere. E questa, in base al codice, è una finalità terroristica».

La crociata continua nella valle militarizzata come in una qualunque “missione di pace”, con veterani della guerra globale ma non si ferma nemmeno la lotta. Già in serata, al cancello della centrale di Chiomonte, sono arrivati in tanti per farsi sentire, «per rinnovare ancora una volta una promessa di lotta che non si può fermare con sbarre, prigioni, aule dei tribunali o con il filo spinato di un cantiere». La gente è salita con cibo da condividere, strumenti musicali, fischietti, coperchi.

Intanto, l’eurodeputata della Lista Tsipras, Eleonora Forenza, denuncia le mosse di Ltf, la società che si occupa dei lavori della Torino-Lione: «dopo l’azione pacifica alla quale presi parte lo scorso 20 settembre, sta minacciando di agire legalmente contro i compagni che erano con me  . Trovo sia una minaccia inqualificabile, di fronte ad un gesto simbolico totalmente innocuo e pacifico: un sit in per esprimere il “no” alla Tav è legittimo e sacrosanto, a maggior ragione di fronte alla violenza di quest’opera contro il territorio e la popolazione. Di fronte a queste vergognose provocazioni nessuno si farà intimidire. Continueremo la nostra battaglia in Europa contro questo progetto scellerato, un vero spreco di denaro».

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