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Messico: molti indizi e poche certezze sui 43 desaparecidos

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L’avvocato delle famiglie delle vittime di Iguala, Vidulfo Rosales, denuncia l’inconsistenza e le discrepanze nella versione della Procura

di Marina Zenobio

messico 26 nov

A due mesi dalla morte di sei persone e la scomparsa di 43 studenti a Iguala, nello stato messicano del Guerrero, per mano della polizia locale vincolate al crimine organizzato, ci sono più domande che risposte. “I ragazzi potrebbero essere vivi o morti. Ogni tesi è priva di consistenza” ha dichiarato alla stampa l’avvocato delle famiglie delle vittime, Vidulfo Rosales

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La prima tesi, che si basa sulle dichiarazioni dei primi arrestati, ormai diventati 70, suggerisce che gli studenti sono stati giustiziati e bruciati alla periferia di Iguala. Lì sono state trovate fosse con dei corpi, ma nessun cadavere corrisponde agli studenti.
La seconda tesi “nasce dal nulla” ha detto Rosales, e sostiene, in base alle testimoniante di altri detenuti, due presunti assassini reo-confessi, che gli studenti sono stanti condotti, uccisi e bruciati nella vicina discarica di Cocula, e i resti poi gettati nel fiume San Juan. Come prova la Procura generale della repubblica ha offerto una busta con dentro una rotula umana, altre ossa e tanta cenere. Tutto il materiale è stata inviato in Austria per tentare di recuperare del Dna.

Per l’avvocato Rosales si tratta di una versione “fragilissima”, non ci sono state altre testimonianze a conferma e, inoltre, si deve considerate le modalità con cui queste testimonianze potrebbero vengono rese. La ong per i diritti umani Human Rights Watch ha ricordato che numerose confessione in Messico sono estorte con la tortura. Poi c’è la versione che dice che quel giorno a Cocula c’è stato un fortissimo e lungo temporale, impossibile quindi che il fuoco nella discarica continuasse a bruciare per 15 ore, con la temperatura necessaria a fare cenere di tanti corpi. Sulla questione della pioggia, ha denunciato Rosales, “fino ad oggi nessuna informativa meteorologica è stata richiesta dalla Procura, a conferma o smentita”.

Diciannove giorni senza novità

Da queste fragilissime versioni sono passati 19 giorni, un periodo in cui non c’è stato alcun progresso nelle indagini, né si è saputo se il sindaco di Iguala, José Luis Abarca, presunta mente dei fatti, già arrestato, abbia fornito nuovi indizi. Finora si è rifiutato di rispondere alle domande degli inquirenti.

E nemmeno si sa se sono state tracciate le chiamate di quella notte, in entrata o in uscita dai cellulari degli studenti scomparsi, come non si sa chi uccise lo studente ritrovato con il visto praticamente distrutto e la cui foto ha fatto il giro dei social network.

Secondo i dati raccolti dalla Commissione d’inchiesta voluta dalla Camera dei deputati il 7 ottobre,la notte della scomparsa dei ragazzi il battaglione dell’esercito di stanza a Iguala fu informato da qualcuno di aver sentito numerosi colpi d’arma da fuoco. I militari avrebbero chiesto conferme alla polizia locale che disse, invece, che tutto era tranquillo. Ma avrebbero dovuto verificare.

Si sa però che è stato l’esercito a localizzare quel corpo quella stessa notte e, anche qui, secondo l’avvocato Rosales, mancano risposte. “Bocche cucite circondano l’esercito, l’unica cosa che dicono è che non è intervenuto perché lo avrebbe fatto, se necessario, in appoggio alla polizia locale”
“Sappiamo che l’esercito ha partecipato, che ci sono omissioni, atti irregolari e che va assolutamente aperto un fascicolo per determinare le responsabilità. Cosa che il governo aveva garantito di fare e non ha fatto” ha aggiunto Rosales.

“Manca lavoro di intelligence e tecnologico” precisa l’avvocato. E mancano risposte. “Manca lavoro di intelligence perché si sta investigando solo in base a denunce anonime e manca la tecnologica nelle modalità delle indagini” . E definisce inconsistenti anche le versioni secondo cui i giovani sarebbero stati resi schiavi nelle mine di oro presenti nella regione.

A breve la Commissione Interamericana dei Diritti Umani entrerà a far parte della task force investigativa messicana, e Rosales spera che servi a rafforzare alcune linee di indagini, a supervisionare il lavoro ufficiale e dare garanzie ai genitori dei ragazzi scoparsi perché “a maggiori dubbi corrisponde maggiore sofferenza”

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