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Dubioza kolektiv in tour

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La band bosniaca al Leoncavallo di Milano presenta Happy machine. Tre giorni in tournée italiana contro l’Eurotecnocrazia

di Maurizio Zuccari

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Quando i sette si sono messi assieme in quel di Sarajevo, nel 2003, i bosniaci avevano ancora nelle orecchie gli echi dei colpi degli snajper appostati nei dintorni e la capitale bosniaca era zeppa di macerie. Figli della devastazione della loro terra e del loro tempo, i sette giovanottini bosniaci si sono rimboccati le maniche e si sono messi a suonare un sound scatenato, un punk balcanico meno a modino dei Beirut, meno onirico dei Devotcka, ma non meno globale e brillante, a mezza via tra le atmosfere picaresche dei Gogol bordello e gli ammiccamenti sociali degli intramontabili Clash. Gli è che i Dubioza kolektiv – il nome non ha bisogno di traduzioni, ma è già tutto un programma: Collettivo dubbioso – sono quanto di meglio abbia partorito oggi la vecchia Europa e i suoi fantasmi per raccontarsi al netto di follie e distopie. Divertimento e impegno sociale, sbeffeggiamenti e battaglie civili, i sette sono in prima fila, col loro sound scatenante, nell’insurrezione culturale contro la tecnocrazia europea e le sue voracità.

Dalle proteste a Gezi Park contro Erdogan all’arresto dei fondatori di Pirate Bay, dagli sfottò a chi eregge muri per i migranti alle denunce verso la macelleria siriana, i loro testi parlano chiaro e la musica picchia duro. E piace. Al punto che ai vari festival – da quello reggae di Soča a quello promosso da Radio onda d’urto a Brescia – sbancano. Sette gli album all’attivo, come il numero dei componenti, l’ultimo dei quali, Happy machine, è un ep con soli tre brani inediti e molte partecipazioni, da Manu Chao a Roy Paci, agli spagnoli La Pegadina. Una macchina della felicità disegnata sulla copertina da Vedran Mujagić, il bassista dei sette. Gli altri nomi andateveli a cercare sul sito, dove potete scaricare gratis ogni brano del nuovo lavoro. Primo fra tutti No escape (from Balkan), dove l’allegra brigata si strappa ai lavori agresti e su un camioncino scassato si getta tra gli alambicchi della macchina della felicità. Che altro non è che l’attrezzatura con cui i nonni distillavano rakjia, la grappa locale. Eccola la ricetta per essere felici, in attesa di tempi migliori, tra ballate punk e montoni allo spiedo.

Intanto gustatevi loro, dal vivo. I Dubioza kolektiv sono in Italia per presentare Happy machine, stasera al Leoncavallo di Milano, (ore 23, euro 10), domani all’Estragon club di Bologna e il 5 marzo al Flog di Firenze. Poi i sette vanno in tour negli States, a partire da Austin e Dallas, in Texas, e lì hanno altre gatte da pelare e certezze.

www.mauriziozuccari.net

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Giornalista e scrittore, è nato il primo novembre 1963 a Poggio Mirteto, in Sabina, e vive a Roma. Dopo l’alberghiero a Rieti e la leva come ufficiale di complemento a Firenze, si è laureato in scienze politiche alla Sapienza di Roma (Comunismo e titoismo, con Pietro Scoppola, 1994) e si è specializzato in scienze della comunicazione (Il consenso videocratico: masse, media e potere nella transizione dalla partitocrazia alla telecrazia, con Mario Morcellini, 1996). Ha scritto su Paese Sera, il Manifesto, Diario, Medioevo, Archeo, Ragionamenti di Storia (dove ha provato, grazie a documenti inediti, l’uso dei gas da parte dell’esercito italiano nella guerra d’Etiopia). Ha ideato e diretto il mensile Cittànova (1996-97). È stato caporedattore dei periodici d’arte Inside Art e Sofà (2004-2014). È opinionista sul quotidiano Metro e su Agi. Ha pubblicato il Dito sulla piaga. Togliatti e il Pci nella rottura fra Stalin e Tito, 1944-1957, Mursia, 2008. Con questa casa editrice è uscito il romanzo fantastorico Cenere (2010), primo di una trilogia sul mito. Sito www.mauriziozuccari.net.
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