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«Ecco perché in Grecia si lotta contro il governo Tsipras»

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L’intervento di Sotiris Martalis (sindacato ADEDY e direzione Unità Popolare) all’assemblea di Roma del Plan B. Le “imprese” di Tsipras e le lotte del movimento operaio

di Sotiris Martalis

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Da venerdì scorso fino ad oggi in Grecia è in corso uno sciopero generale, con concentrazioni quotidiane in tutte le principali città contro le misure imposte dal terzo memorandum, misure che il governo vuole votare questa sera. Un voto che si svolgerà in un parlamento chiuso ai manifestanti di piazza Syntagma.

Le nuove misure prevedono 5,4 miliardi di tagli concordati da governo e creditori. Tali misure probabilmente includeranno un meccanismo di taglio automatico di più di 3,6 miliardi di euro richiesto dal FMI.
Per attuare queste misure il governo vuole votare due leggi, una sui tagli alle pensioni e la seconda sull’aumento delle tasse e l’introduzione di nuove imposte.

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Il dato nuovo è che queste misure sono prese da un governo che almeno nominalmente è di sinistra. Questo governo taglia per la tredicesima volta le pensioni di povertà. È significativo il caso del taglio dell’assegno chiamato EKAS, che viene erogato ai pensionati con le pensioni più basse e che permette loro di vivere. Si tratta di circa 190.000 persone che vedranno la loro pensione ridotta di 193 euro al mese. La pensione minima scenderà a 345 euro. Coloro che andranno in pensione dopo la promulgazione della legge vedranno le loro pensioni ridotte di circa il 30%, mentre coloro che sono già in pensione saranno soggetti alle stesse riduzioni dal luglio 2018.

L’altra legge che riguarda le tasse aumenta del 24% l’IVA su tutti i generi di largo consumo: cibo, vestiti, scarpe ed altri, e prevede aumenti su carburante, tassa di circolazione, sigarette, bevande alcoliche, ecc. Allo stesso tempo taglia il diritto al reddito esentasse per chi ha un reddito annuo di 8.000 euro. Perciò verrà tassato chiunque guadagni più di 650 euro al mese.

Se vogliamo una risposta al perché vengono prese queste misure, possiamo trovarla in uno studio pubblicato giovedì scorso dal quotidiano tedesco Handelsblatt su chi sta intascando i crediti dovuti dai greci. Questo studio è stato condotto dalla Scuola Europea di Management e Tecnologia di Berlino, un’università privata che fa capo a Siemens, Deutsche Bank, Daimler, Bosch, BMW, Allianz e ad altre venti grandi aziende tedesche. In sintesi, lo studio mostra che il 95% dei prestiti di 220 miliardi di euro dei primi cinque anni dei memoranda è andato al salvataggio delle banche europee, e solo il 5% al bilancio greco. La stessa struttura hanno i prestiti del terzo memorandum per il 2015-2018.

Credo sia chiaro che, al di là delle proteste dei ministri di SYRIZA che dicono di non volere le misure, al di là delle lacrime per la privatizzazione di porti, aeroporti, treni, ecc, essi stanno continuando le stesse politiche dei precedenti governi, mantenendo al centro delle loro azioni l’argomento del TINA (There Is No Alternative).

Non so se il governo riuscirà a votare queste nuove misure nonostante la pressione delle proteste, ma anche se si riuscirà sarà molto difficile attuarle, e credo che la crisi politica in Grecia continuerà.

Oltre alle misure economiche, il governo SYRIZA -ANEL vanta altre imprese. È il governo che ha invitato Frontex e la NATO a sigillare il confine marittimo orientale con la Turchia. Ciò ha costretto i rifugiati a scegliere strade ancora più difficili e pericolose, con il risultato che numerosissime persone sono morte annegate, molte delle quali erano bambini.

Prima di procedere vorrei sottolineare che il movimento operaio non ha cessato di opporsi e di resistere a queste politiche. Appena due mesi dopo le elezioni di settembre c’è stato il primo sciopero generale, seguito da altri due. Da dicembre a marzo i contadini sono scesi nelle strade e hanno occupato le autostrade per protestare contro le misure. Da dicembre ad oggi sono in sciopero ad oltranza gli avvocati e gli ingegneri, e ci sono molti altri scioperi, ad esempio quello dei portuali.

Ma, prima di tutto, ciò che ci dobbiamo chiedere oggi è come e perché la speranza creata da SYRIZA si è spenta.
Prima di rispondere a questa domanda dovremmo tenere presente quanto segue:
SYRIZA è stata l’espressione politica delle grandi lotte del movimento greco dal 2010 fino a metà del 2013. Essa ha spostato lo scenario politico a sinistra, ha sollevato speranze e aspettative tra di noi, e paura tra la classe dominante e i suoi esponenti politici.
Questo stato d’animo ha determinato non solo i risultati delle elezioni, ma anche il risultato del referendum di luglio 2015. In questo referendum, con tutti i partiti della classe dominante che appoggiavano il SÌ alle misure, il KKE che chiedeva di votare scheda bianca; con la chiesa, tutti i media e il GSEE[i] che sostenevano anch’essi il SÌ; con le banche chiuse e un vero e proprio terrorismo psicologico sui disastri a venire in caso di vittoria del NO, questo ha vinto. Il NO alle misure e all’accordo con i creditori ha raggiunto il 62,5%, e ha mostrato il nostro stato d’animo.

Vi ricordo inoltre le proteste in tutta Europa a sostegno di SYRIZA in quei giorni. SYRIZA avrebbe dovuto andare al confronto con la leadership dell’UE e attuare il suo programma. Ma non lo ha fatto, e quindi torniamo ancora una volta alla nostra domanda sul come e perché la speranza creata da SYRIZA si è spenta.

Credo che, tenendo in mente le caratteristiche di formazioni come SYRIZA, possiamo concentrarsi su tre questioni.
La prima è che la leadership e la maggioranza di SYRIZA, dall’estate del 2014 e oltre, hanno iniziato a spostarsi dalle posizioni decise in origine, a quello che essi stessi hanno chiamato “un adattamento realistico”. In realtà avevano un progetto politico sbagliato. Il Piano A ha avuto difficoltà; la leadership ha dimenticato le posizioni decise, come quella del «nessun sacrificio per l’euro», e ha proclamato che avrebbe fermato l’austerità all’interno dell’Eurozona, e che avrebbe costretto la Troika ad accettare un compromesso onorevole.
Nonostante l’esperienza di Cipro e nonostante l’opposizione portata avanti dalla Piattaforma di Sinistra di SYRIZA, il partito ha continuato con questo piano sbagliato, e quando ha affrontato il ricatto da parte del quartetto del Brussels Group, ha ceduto e accettato tutto.

Il secondo punto è che, per imporre questa linea, la leadership di SYRIZA ha proceduto con la maggioranza dei parlamentari a sostituire completamente gli organi del partito. Così nell’estate del 2015, quando 109 dei 201 membri del Comitato centrale hanno richiesto ufficialmente una riunione del Comitato, e che non venisse firmato il terzo protocollo, Tsipras e la sua squadra sono andati avanti senza interpellare il partito.

Il terzo punto è la decisione della direzione di ampliare l’area di SYRIZA cercando di alleanze politiche con partiti che dovrebbero rappresentare piccoli commercianti, agricoltori, ecc. Perciò ha cercato alleanze con pezzi di socialdemocrazia. Questo era chiaro già nella prima composizione del governo SYRIZA, in cui Tsipras ha dato tutti i ministeri più importanti ad ex socialdemocratici.

Dovremmo notare tuttavia che la presenza costante di un’opposizione di sinistra all’interno di SYRIZA, la “Piattaforma di Sinistra”, ha permesso non solo la resistenza strutturata alla trasformazione del partito, ma anche creazione di Unità Popolare. Quest’ultima, con il 2,85% alle elezioni, per poco (soglia del 3%) non è riuscita ad entrare in parlamento.
Unità Popolare andrà al congresso di fondazione a fine giugno. Le procedure svoltesi fino ad ora (fase precongressuale di dicembre) hanno coinvolto più di 5.500 militanti della sinistra. Questi dati parlano di una forza strutturata e organizzata con la quale siamo in grado di continuare la battaglia.
Nell’ultimo periodo Unità Popolare ha organizzato più di 130 eventi pubblici contro le misure del governo. Ha inoltre una significativa presenza nei sindacati.

Sulla base dell’esperienza di SYRIZA, Unità Popolare ha tratto le seguenti conclusioni, che sono chiaramente espresse nelle sue posizioni:
– La lotta per rompere l’austerità può essere fatta solo uscendo dall’euro e attraverso il conflitto con le leadership europee.
– Molto importante è anche la questione delle alleanze. Queste devono basarsi sugli interessi della classe lavoratrice e non sul criterio della creazione di un’economia nazionale competitiva per il bene del Paese.
– Altro elemento decisivo è come si intende il ruolo del governo della sinistra. Cioè se lo intendiamo come un governo che attuerà un programma di transizione verso il socialismo. Un programma quindi che libererà le forze del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori nella lotta per portare avanti questo processo.

Credo che iniziative come quella di oggi offrano l’opportunità di scambiare esperienze e coordinare le nostre lotte a livello europeo per rovesciare le politiche di austerità.

(Traduzione dal greco di Giovanna Tinè)

 

 

[i] GSEE: Confederazione Generale dei Lavoratori Greci, confederazione sindacale dei lavoratori del settore privato [n.d.t.]

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