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Repressione, Bologna come la Val Susa

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Bologna, indagini rapidissime contro gli attivisti denunciati per reati di piazza e archiviazioni per gli abusi di polizia. Proprio come a Torino per gli agenti che occupano la Val Susa

di Ercole Olmi

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Bologna, dal punto di vista degli abusi di polizia, sembra la Val di Susa: indagini veloci contro gli attivisti e archiviazioni per i poliziotti. Undici attivisti del collettivo bolognese Làbas sono accusati a vario titolo di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale per i tafferugli nel giorno dello sgombero dell’ex caserma occupata in via Orfeo, l’8 agosto. La Procura di Bologna, secondo quanto riferito dalla stampa locale, ha inviato avvisi di fine indagine, atto che di solito precede la richiesta di processo, ai militanti identificati dall’informativa della Digos. Rischiano il processo gli attivisti che tentarono invano di impedire l’ingresso dei poliziotti. Sei gli agenti che sarebbero stati feriti, due con prognosi di 30 giorni mentre un funzionario della Digos ne ha avuti 15. Inchiesta chiusa, dunque, nel giro di un mese e mezzo. A sostegno delle ragioni di Làbas, ora alla ricerca di una nuova sede per riaprire le proprie attività, il 9 settembre è stato organizzato un corteo cittadino a cui hanno partecipato migliaia di persone, almeno diecimila, che hanno attraversato la città per rivendicare la legittimità delle esperienze di autogestione degli spazi sociali. Per Làbas una soluzione sembra essere stata approntata ma XM24 e Crash restano al palo nell’evidente tentativo dell’amministrazione comunale e della questura di separare i centri sociali buoni da quelli cattivi.

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Richiesta l’archiviazione, su cui dovrà decidere il Gip, per la denuncia di un attivista colpito dalla manganellata di un agente del reparto mobile che gli ha fratturato un braccio. Era il 28 giugno, il giorno della presentazione al Baraccano del libro su Sergio Ramelli, neofascista ucciso a Milano negli anni ‘70, con relatori di Forza Nuova e altre formazioni di estrema destra. La polizia chiuse via Orfeo ai due lati, seguirono momenti di tensione e in quel frangente l’agente colpì il 27enne, secondo la querela, in modo mirato, a freddo e senza motivo. Nel provvedimento di archiviazione, il procuratoreAmato definisce uso legittimo delle armi la manganellata «dovendosi apprezzare l’assoluta necessità di ricorrere all’uso dello sfollagente per contrastare l’aggressione violenta e pericolosa posta in essere dagli appartenenti al centro sociale (alcuni in possesso di bastoni), la proporzione dell’azione contenitiva, l’impossibilità di altre più contenute azioni contenitive stante il numero dei manifestanti». Per questo c’è altro fascicolo per resistenza a carico di 3 attivisti ma non la parte offesa, il militante col braccio spezzato dall’uso legittimo di manganello. Archiviazione infondata, per i legali del ferito che chiedono di ordinare nuove indagini sui video o formulare l’imputazione coatta per lesioni volontarie gravi. Un filmato, infatti, mostra gli attivisti che urlano al reparto di allontanarsi perché nella caserma ci sono mamme e bimbi. Un attivista spinge con le mani aperte su uno scudo e parte la carica di alleggerimento. Torna la calma e la Digos si dà da fare per mediare. «C’è poi un’altra spinta sullo scudo di un manifestante lontano dalla parte offesa e una donna che appoggia la mano sugli scudi, poi viene spostata dall’agente che colpisce la parte offesa — ricostruisce l’opposizione — l’azione della donna appare finalizzata a calmare gli animi, la verità è che nel fronteggiamento accade due volte che vengano spinti gli scudi ed è impensabile che tali condotte, fisiologiche in quel contesto, possano giustificare la frattura di un braccio a un terzo con le mani alzate». Secondo i legali non si può applicare la scriminante «perché non vi era forza o fuga da contrastare da parte della persona offesa che giustifichino l’uso legittimo dell’arma. L’azione dell’agente non era tesa a un male minore per vincere una resistenza, ha voluto colpire il braccio».«E’ stata una dinamica assurda – spiegano a Làbas – e un comportamento inaccettabile della polizia, per di più durante il mercatino frequentato da persone di ogni tipo».

 

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