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Danza, il respiro che si rende visibile

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Ultime corrispondenze da Resistere e Creare, il festival internazionale di danza contemporanea in scena a Genova

da Genova, Claudio Marradi

“La danza? E’ respiro che si rende visibile…”. Ovvero, 97 anni e non sentirli. Quelli di Anna Halprin, danzatrice, coreografa e insegnante statunitense di fama mondiale.   Oggi ancora in attività, dopo aver formato generazioni di danzatori di tutto il mondo. A questa figlia del Secolo breve, convinta che la danza possa trasformare l’essere umano e guarirlo a qualsiasi età, Resistere e Creare, il festival internazionale di danza contemporanea, curato da Michela Lucenti e in scena al Teatro della Tosse di Genova, ha dedicato un approfondimento in quattro appuntamenti. Un percorso pensato in stazioni successive da Associazione Arbalete in collaborazione con Compagnie Itinèrrances e con il patrocinio della Regione Liguria, che ha visto il debutto mondiale di “Me myself and I”, produzione della Compagnia Itinèrrances, riflessione ironica sui processi di identificazione pubblici e personali di Christine Fricker, ideatrice e coreografa, che ha avuto il suo punto di partenza nella richiesta rivolta a ciascun danzatore di disegnare sé stesso, le proprie ossessioni, le fantasie, I ricordi. Nel paradosso tra la necessaria menzogna del teatro e la richiesta di verità e di declinazione della propria intimità si è giocata una pièce che riprende molti temi cari a Halprin, come hanno avuto modo di spiegare gli stessi danzatori e coreografa in un incontro col pubblico. Altri appuntamenti sono stati una masterclas diretta da Yendi Nammour,sempre della Compagnia Itinèrrances, aperta a danzatori e non e “Danzare la vita: inedita conferenza danzata a cura di Aude Cartoux e Yoann Boyer con la proiezione del video “Danser la vie”, prodotto da Contredanse, che illustra la ricerca e la metodologia di lavoro sviluppata dalla danzatrice americana e con l’intervento di Laura Colomban, unica artista italiana formata al Tamalpa Institute di Anna Halprin.

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Le ultime battute del festival hanno messo in scena lo spettacolo “Salvaje”, nato dalla collaborazione della compagnia Fattoria Vittadini con il coreografo Daniel Abreu. La nuova produzione, che ha debuttato con il titolo “Odio” è stato riproposto in una nuova veste: una carrellata di immagini che espongono, anche in modo crudo, quell’impulso distruttivo che risiede nell’idea di strumentalizzare, per i propri obiettivi, l’altro da sé.

L’ultimo giorno di questa terza edizione della rassegna ha visto infine “Danse de nuit” di Boris Charmatz, danzatore, coreografo ma anche direttore del Musée de la dance di Rennes. Uno spettacolo, con Magali Caillet-Gajan in uno spazio urbano della città. Esterno notte: tra le strade e le luci della città, sei ballerini si muovono sul cemento nudo; i loro giubbotti fluorescenti, illuminati dai proiettori disegnano traiettorie nel buio. Parlano, mormorano e gridano. È stata una festa, una processione, un esorcismo o una battaglia notturna? Ai genovesi l’ardua sentenza.

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