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Bangladesh, milioni di lavoratori del tessile in sciopero

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Bangladesh, la lotta di milioni di lavoratori che producono per conto dei grandi marchi occidentali, compreso il made in Italy

di Pierre Rousset (NPA – Francia)

Un vasto sciopero, manifestazioni e blocchi stradali hanno avuto inizio a fine dicembre e sono proseguite a gennaio in Bangladesh, principalmente a Savar, una grande area industriale in un sobborgo di Dacca, la capitale. È là che nel 2013 gli edifici del Rana Plaza, occupati da numerosi laboratori della produzione tessile, sono crollati, facendo più di 1130 morti e un gran numero di feriti. Blocchi stradali si sono verificati in diverse località: Shewrapara, Mirpur, Ashulia…

A migliaia, i lavoratori e le lavoratrici del tessile si sono mobilitati in occasione della revisione della scala dei salari nel settore dell’abbigliamento (che avviene ogni 5 anni), fermando la produzione di più di cento fabbriche, alzando barricate (compresa un’autostrada) e attaccando le imprese. La risposta della polizia è stata molto violenta: proiettili di gomma, gas lacrimogeni, idranti… Un operaio, Sumon Miah, è stato ucciso, e molti altri sono stati feriti. I sindacati GSAO e GSTUK hanno organizzato dei sit_in per esigere tutta la verità su questo assassinio.

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Disuguaglianze evidenti

Già nel 2016, ad Ashulia, un’altra periferia di Dacca, per una settimana, una mobilitazione per ottenere aumenti salariali, aveva provocato la chiusura di dozzine di imprese. La repressione era stata feroce: più di 1500 lavoratori e lavoratrici licenziati, un’altra trentina arrestati/e, una cinquantina di sindacalisti e sindacaliste spinti/e alla clandestinità. Numerosi/e dirigenti sindacali sono ancora oggi incriminati/e e minacciati/e di arresto.

La questione degli aumenti salariali resta dunque in sospeso. Nel 2018, i sindacati hanno chiesto un salario minimo di 16mila takas, ma il governo si è attenuto alla metà: 8mila takas (circa 85 euro al mese). Per alcuni, l’aumento salariale è stato sensibile, anche se molto limitato in considerazione dell’aumento dei prezzi e degli alloggi; per altri, invece, è stato il contrario! Quanto al pagamento degli straordinari, andava al ribasso. Il governo ha dovuto riconoscere queste evidenti disuguaglianze. Il risultato dei negoziati in corso è ancora in forse.

La repressione colpisce anche nelle campagne. Il 12 gennaio, ad esempio, il dirigente della Federazione dei contadini del Bangladesh (BKF), nel distretto di Bhola, è stato violentemente aggredito dai proprietari terrieri locali, subendo delle gravi lesioni interne. Ancora oggi è all’ospedale.

Sicurezza sul lavoro

Il paese è governato dalla Lega Awami e da Sheikh Hasina, Primo Ministro, che ha instaurato un regime autoritario – aggiudicandosi ufficialmente 288 dei 300 seggi al Parlamento in occasione delle ultime elezioni. La repressione politica e sociale è generalizzata. Il governo sta attualmente manovrando presso la Corte Suprema per paralizzare l’attuazione degli accordi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro che erano stati firmati dopo la catastrofe industriale del Rana Plaza. In caso di successo, i padroni saranno protetti dalle azioni legali e saranno liberi di licenziare i lavoratori e le lavoratrici che segnalano la non applicazione delle norme standard di sicurezza.

L’economia del Bangladesh (165 milioni di abitanti) si fonda largamente sull’industria del tessile (80% di esportazioni). È il secondo paese produttore dopo la Cina. Circa 4 milioni di operaie e di operai sono impiegati in questo settore che comprende circa 4500 laboratori. Essi fabbricano vestiti per distributori occidentali come H&M, Primark, Walmart, Tesco, Carrefour et Aldi: le “nostre” imprese…

Traduzione di Chiara Carratù

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