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GKN, abbracciare la fabbrica per vincere uniti

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Migliaia di persone all’iniziativa di fine anno con i lavoratori ex Gkn. Riparte la convergenza-insorgenza

[testo Checchino Antonini, foto di Pappo Satanasso]

L’alternativa è tra perdere separati o provare a vincere uniti. Per questo, almeno sei-settemila persone «hanno nuovamente abbracciato la fabbrica» decidendo di aspettare la fine dell’anno a Campi Bisenzio, ai cancelli della ex Gkn, poi, una volta scoccata l’ora X partire in corteo per continuare una vertenza che non riguarda solo gli ex dipendenti di quest’azienda che faceva parte dell’indotto ex Fiat e che dal luglio 2021, quando dopo il licenziamento illegale via sms è il Collettivo di fabbrica ha occupato lo stabilimento, coinvolge su più livelli il tessuto sindacale, politico e associativo di tutta Italia proprio agendo sulla linea di convergenza-insorgenza delle lotte. Provare a vincere uniti, appunto.

«Tra un po’ qua ci saranno botti, fuochi d’artificio, brindisi, ma proviamo un attimo per l’ultima volta prima di questa mezzanotte a concentrarci sul silenzio, e a sentire un rumore di sottofondo vicino a questa fabbrica, su questo territorio – ha detto nel suo intervento Dario Salvetti, rsu Fiom Cgil e animatore del Collettivo di Fabbrica – sentiamo per un attimo il rumore della speculazione immobiliare, degli interessi malavitosi, della mafia, della ndrangheta, della camorra, degli appalti, dei subappalti, della logistica, del precariato, dello sfruttamento. Sentiamolo forte, questo rumore, perché è quello con cui conviviamo ogni giorno, in un territorio alluvionato, cementificato […] confessiamo il nostro imbarazzo come operaie e operai Gkn per avervi chiamato qua, per i nostri licenziamenti come se questo fosse l’unico problema del mondo. Purtroppo usare il termine di dramma quando si parla di licenziamenti è grottesco di fronte a quello che sta accadendo e che accade da decenni in Palestina, e che sta accadendo oggi a Gaza. È grottesco, però purtroppo la nostra vita è fatta di relativi e assoluti. Per noi quei licenziamenti sono un dramma assoluto e sono relativamente ridicoli rispetto a ciò che succede nel Mediterraneo, in Palestina, e i 500mila morti nel conflitto tra Ucraina e Russia. Però noi abbiamo il compito di tenere insieme questo relativo e questo assoluto.

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Se la classe qua e ora non riesce a sconfiggere le delocalizzazioni, i bassi salari e il precariato, non riesce nemmeno a occuparsi di quello che succede nel mondo.

Se noi non vinciamo la lotta per arrivare alla fine del mese, non riusciamo a vincere la lotta contro la fine del mondo».

«Andiamoci a prendere il futuro, smettiamo di vivere in un eterno presente senza prospettiva, proviamo a vincere in Gkn per dare un esempio contagioso, perché non sia solo il nuovo anno, da far passare invano, ma perchè sia un anno nuovo», ha detto ancora la rsu ricordando chi non c’è più (Lorenzo Orsetti, Orso) e accogliendo, tra gli ospiti, anche Vauro e David Riondino in collegamento telefonico, un messaggio di Alessandro Barbero e l’intervento di Luciana Castellina che ha aspettato il Capodanno con gli operai. 200 militantз hanno lavorato all’evento, che ha avuto un concerto e momenti di riflessione coordinati dall’attore e regista Nicola Borghesi, tra i vincitori del premio Ubu per lo spettacolo teatrale “Il Capitale” realizzato proprio con gli operai della Gkn.

«Tutto ciò con con un meteo avverso, l’influenza peggiore degli ultimi 15 anni e in una serata – quella del 31 dicembre – densa di eventi in contemporanea», sottolinea il Collettivo di fabbrica ricapitolando tappe e numeri: 906 giorni di assemblea permanente; 5 manifestazioni a Campi e Firenze in due anni e mezzo; complessivamente oltre 100.000 persone coinvolte; 2 scioperi generali territoriali e 1 di categoria: 18 ore di sciopero (Cgil, Cisl, Uil, Fiom Cgil, Usb, Cobas confederazione lavoro privato); 4 articoli 28 per condotta antisindacale vinti in 5 anni dalla Fiom Cgil; 1 manifestazione in convergenza a Bologna “per questo, per altro, per tutto”, con tanti movimenti tra cui il No Passante, 30.000 persone; 1 manifestazione in convergenza a Napoli, con il movimento delle/dei disoccupati, 15.000 persone; 17.000 firme raccolte a favore dell’intervento pubblico e dell’ammortizzatore sociale legato alla reindustrializzazione nel dicembre 2022; 175.000 euro raccolti in crowdfunding in 47 giorni; 527.000 euro di azioni complessivamente prenotate per l’azionariato popolare; 2 progetti industriali presentati, uno a marzo e uno a dicembre 2022; 2 documentari; 2 libri; 1 spettacolo teatrale; 1 Festival della Letteratura Working class, praticamente unico, 3500 persone coinvolte (e ci sarà una nuova edizione); Saremo coro, raduno internazionale di cori partigiani; 5 concerti evento di fronte alla fabbrica, almeno 15.000 persone complessivamente coinvolte; 4 Insorgiamo tour, un numero incalcolabile di chilometri percorsi; Insorgiamo tour internazionale: Lipsia, Berlino, Colonia, Barcellona, Amsterdam, Parigi, Londra, Manchester; 3 riconoscimenti da associazioni giornalistiche.

«Abbiamo perso il conto della quantità di eventi di convergenza culturale – ricordano ancora i promotori – abbiamo perso il conto dei presidi, iniziative di lotta, sul territorio tra cui 30 ore a Palazzo Vecchio e 6 giorni sulla Torre di San Niccolò».

Particolarmente significativa l’internità del collettivo di fabbrica alle iniziative di mutualismo sempre in un’ottica confluttuale, con l’nvio di squadre di solidarietà attiva per l’alluvione in Romagna e oltre 1000 volontarie/i organizzati per l’alluvione proprio a Campi dentro la più ampia rete di circoli Arci (sia quella di prossimità, sia la dimensione nazionale di questa associazione che proprio sul mutualismo – anche a RiMaflow c’è un circolo Arci – sta ricostruendo un aspetto della sua identità) e insieme a collettivi e organizzazioni con cui la relazione è sempre più solida e lucida. Ne fanno fede la fondazione di una Società Operaia di Mutuo Soccorso, Insorgiamo (il motto dei partigiani fiorentini), basata sull’articolo 11 dello Statuto dei Lavoratori quello sui dopolavoro che ha fatto nascere un vero circolo Arci dentro la fabbrica occupata, e la fondazione della Cassa di Mutuo soccorso in convenzione con Mag.

La convergenza-insorgenza indicata fin dalle prime ore dell’occupazione ha preso anche la forma di un ambizioso progetto di reindustrializzazione dal basso con una fabbrica pubblica socialmente integrata. Nel corso dei due anni di lotta, i gruppi collettivi e di solidarietà ad essi collegati sono riusciti a sviluppare diversi piani di riconversione industriale molto avanzati, un primo basato sul loro settore di partenza, l’automotive, un secondo, quello a cui chiedono di aderire è basato su un’idea di consorzio industriale le cui due strategie predominanti si riferiscono alla produzione di pannelli fotovoltaici in pasta organica di nanocarbonio e di bici cargo.

La cooperativa Gff (Gkn for future) ha emesso un primo pacchetto “solidale” (la campagna “100 per 10.000”) di un milione di azioni rivolto a cittadine e cittadini, associazioni, movimenti, lavoratrici e lavoratori, delegate e delegati sindacali, solidali, che diventeranno così parte dell’assemblea della cooperativa, esercitando un controllo sociale sul processo di reindustrializzazione.

Il nemico da battere è lo stesso di altre vertenze e di ogni vita umana di subalternə: la miscela tossica della connivenza tra padronato e ceti politici che amministrano il neoliberismo.

La proprietà ha intentato 2 procedure di licenziamento, una da parte di Melrose nel ‘21, il fondo speculativo che aveva rilevato l’azienda, l’altra da parte di QF, l’azienda di Francesco Borgonovo, peraltro advisor del fondo stesso, industriale di area cattolica, molto sopravvalutato dalla stampa che gli ha cucito un’immagine di “salvatore di aziende” ma che agli operai ex Gkn non ha mostrato un lato più umano di Melrose visto che non consegna le buste paga dal dicembre 2022, non ha presentato alcun reale piano industriale proprio come Melrose, 6 direttori si sono avvicendati in 4 anni e 3 liquidatori in 2 anni e mezzo, questi eroi del capitalismo selvaggio hanno bruciato 80 posti di lavoro negli appalti e altri 240 posti di sul territorio «accumulando milioni di euro di perdite – sottolinea il Collettivo di Fabbrica – per la propria totale miopia». Anche la strategia di Borgonovo non è così diversa da quella di Melrose: «Buy, improve, sell», compra, migliora, vendi, dove migliora sta per taglia i costi, riorganizzale, investi negli ambiti di produzione più profittevoli per arrivare a rivendere con il massimo profitto. Oppure smantellare per fare spazio alla speculazione edilizia come parrebbe voler fare Qf.

Anche i numeri delle istituzioni non sono esaltanti: due anni di cassa integrazione, probabilmente circa 7 milioni di euro, regalati dallo Stato all’azienda senza mai ottenere alcun reale rilancio industriale.

Dal luglio 2021, 30 incontri o tavoli istituzionali non hanno ottenuto alcun risultato.

«Abbiamo vinto sei condotte antisindacali in cinque anni – ha ricordato Salvetti nell’intervento -ora diranno che allora c’è una via legale per la lotta. Ma noi queste condotte sindacali le abbiamo vinte in base allo statuto dei lavoratori del 1970. L’unica cosa che ci tiene in piedi è stata partorita dal bienno del ’68-’69, altroché».

Lo scorso 22 dicembre, il Tribunale del Lavoro di Firenze ha accolto il ricorso presentato dalla Fiom-Cgil contro la procedura di licenziamento collettivo avviata dalla proprietà dello stabilimento, la Qf spa in liquidazione. La procedura, senza la sentenza del giudice, sarebbe stata efficace dal 1 gennaio 2024, con 185 dipendenti a casa e la parola fine sul tentativo di salvataggio della fabbrica.    La Fiom aveva presentato ricorso ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori per condotta antisindacale: il sindacato aveva già vinto un ricorso analogo presentato nel 2021 contro la vecchia proprietà della fabbrica, che nel luglio di quell’anno aveva annunciato la dismissione dello stabilimento e il licenziamento di oltre 400 lavoratori. La decisione del giudice, secondo la Fiom, conferma dunque “il comportamento antisindacale tenuto dalla controparte dall’inizio dell’intera vertenza”. E’ una boccata d’ossigeno, una sorta di tempo supplementare per “continuare a difendere il futuro di una fabbrica che sempre più persone, realtà sociali e movimenti vogliono pubblica e socialmente integrata”, ricordano i lavoratori.

Ma ognuno deve fare la sua parte. A partire dai soggetti politici, sindacali e sociali che si vogliono battere per la convergenza delle lotte. Ha detto ancora Salvetti: «In questa nostra vertenza abbiamo avuto un rapporto particolare con le organizzazioni sindacali. Le organizzazioni sindacali ci hanno sostenuto ma spesso guardato anche con diffidenza a che cosa succedeva in questa fabbrica. Noi diciamo alle organizzazioni sindacali, Cgil, Fiom, Usb, Si Cobas, che questa non è una vertenza contro le organizzazioni sindacali, ma questa è una vertenza che parla alle organizzazioni sindacali della necessità di recuperare un sindacato democratico, partecipativo, conflittuale, rivendicativo, insorgente.

E allora siccome dopo questa vittoria torneranno a lavorarci con la cronachetta, con le finte promesse, con le finte reindustrializzazioni, noi ve lo diciamo e stringiamo un patto, in questo 31 dicembre a mezzanotte: se riprendono a logorarci e ad attaccarci, sarà un nuovo… Tenetevi liberi a marzo, noi torniamo in piazza».

 

 

 

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Checchino Antonini quasi sociologo, giornalista e scrittore, classe 1962, da vent’anni segue e racconta i movimenti sociali e la “malapolizia”. Ha scritto su Liberazione, Micromega Erre e Megafono quotidiano, InsideArt, Globalist, PostIt Roma, Retisolidali, Left, Avvenimenti, il manifesto. Ha pubblicato, con Alessio Spataro, “Zona del silenzio”, graphic novel sul caso Aldrovandi. Con le edizioni Alegre ha scritto “Scuola Diaz vergogna di Stato” assieme a Dario Rossi e “Baro” Barilli. Il suo primo libro è Zona Gialla, le prospettive dei social forum (Fratelli Frilli, 2002)
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