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I trasporti nucleari sono sicuri? C’è chi dice no

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Restano dubbi sulle modalità di riconsegna dell’uranio arricchito agli Usa. Sogin: le procedure sono blindate. Ma il M5s presenta un’interrogazione.

di Massimo Lauria

I trasporti nucleari sono sicuri? C’è chi dice no

Sciolto ogni segreto sul carico di materiale radioattivo della nave dei misteri – partita dal porto di La Spezia e diretta negli Usa con scalo in Inghilterra il 3 marzo scorso – rimangono dubbi sulle condizioni di sicurezza dei trasporti nucleari. Le rassicurazioni delle autorità prefettizie e della Sogin, la società di Stato responsabile della bonifica delle scorie atomiche, non bastano al Movimento 5 Stelle, che ha deciso di presentare un’interrogazione parlamentare sul discusso trasporto dei giorni scorsi.

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L’uranio e il plutonio americani custoditi nelle centrali italiane e rimpatriati a bordo del cargo inglese Pacific Egret, hanno destato molta preoccupazione nei cittadini di La Spezia, allarmati per il transito in città del carico radioattivo. Il trasporto è stato curato da una società britannica specializzata – la Pacific Nuclear Transport Ltd (Pntl) -, nota come una delle più affidabili per questo genere di operazioni. Ma associazioni ambientaliste, partiti politici e gente comune si sono ritrovati insieme in piazza per rivendicare il diritto alla trasparenza nella comunicazione di quel carico. Il riserbo è stato reso necessario per ragioni di sicurezza, si giustificano invece dalla Prefettura.

Ha comunque prevalso la sindrome da attacco alla diligenza in chiave terroristica, perciò la popolazione è stata tenuta allo scuro di tutto, o quasi. Difficile davvero immaginare una scena da action movie, con un commando para militare che mette le mani su un carico di sostanze radioattive. Perciò è lecito pensare che il consueto aumma aumma all’italiana – con tanto di voci che si rincorrevano, mezze ammissioni e dichiarazioni fuorvianti – sia servito per evitare che la mobilitazione popolare potesse rallentare la marcia del carico radioattivo, rischiando una brutta figura con i cugini americani.

La Casa Bianca, infatti, non ha lesinato complimenti a mezzo stampa e pacche sulle spalle per la grande professionalità con cui il governo ha fatto i compiti. Ma ora che il carico radioattivo è tornato negli Stati Uniti, in Italia sono appena cominciate le polemiche sul perché e il percome l’uranio venisse conservato nelle nostre centrali, perché torna a casa proprio adesso o «quale autorità abbia certificato l’idoneità dei contenitori di trasporto e se risulta al Governo che l’Ispra (l’autorità di controllo, ndr) abbia effettuato delle verifiche al riguardo», scrivono i senatori pentastellati.

Il movimento di Beppe Grillo si chiede anche «quali siano state le modalità tecniche e anche quelle giuridiche della consegna del materiale agli statunitensi» e se gli americani abbiano preso in consegna il carico solo «al momento dell’arrivo sulla nave oppure l’assunzione di responsabilità sia avvenuta prima ancora sul territorio italiano». Insomma, sulla vicenda della nave dei misteri qualcuno ha più di un dubbio e «terminata la fase in cui era necessario il riserbo dovuto alla natura strategica del materiale», scrivono ancora, adesso è il momento di chiarire.

I circa 20 chilogrammi di uranio altamente arricchito e il plutonio custoditi nelle centrali italiane Eurex di Saluggia, Ipu e Opec di Casaccia e nell’impianto Itrec di Trisaia, fanno parte dell’ultima trance di trasporti oltreoceano. Stando alle autorità statunitensi e alla Sogin, dei circa 100 chilogrammi del materiale originario, in Italia ora non resta più niente, così come previsto dal programma internazionale Gtri (Global Threat Reduction Initiative).

Gli accordi del trattato che riguardano anche riduzione del pericolo di proliferazione nucleare, prevedono che gli Stati Uniti si riapproprino dell’uranio mandato in giro, per scopi di ricerca non ben definiti, per renderlo innocuo ed «evitare che cada nelle mani dei terroristi». Ma se da una parte il governo di Obama applaude l’Italia per la grande professionalità e gli elevati standard di sicurezza dei trasporti atomici, dall’altra sembra non fidarsi delle capacità di vigilanza del nostro apparato di sicurezza, e si è affrettato per riprendersi tutto il carico.

Una volta tornato in patria l’uranio verrà nuovamente impoverito e utilizzato per scopi civili, si legge in una nota della Casa Bianca emanata contemporaneamente a Palazzo Chigi durante il Nuclear security summit del 25 marzo 2014 all’Aja. Che cosa poi ne faranno davvero non è dato sapere, tanto che la stessa Sogin, interrogata sull’argomento, ha rimandato ai comunicati ufficiali. Il 24 marzo scorso il Quotidiano della Basilicata ha scritto che con 10 chilogrammi di quello stesso uranio prelevato dall’impianto italiano di Trisaia si può costruire una bomba atomica.

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